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 2012  giugno 17 Domenica calendario

CALA A 7 MILIARDI LA DOTE DI IMMOBILI CEDIBILI DALLO STATO

Su 62 miliardi di beni statali ne potranno essere collocati sul mercato circa sette. È uno degli effetti collaterali del decreto legge su dismissioni e spending review che esclude gli immobili in uso alle Pa centrali dal conferimento al "fondo di fondi" targato Economia e Demanio. Mentre un’analoga limitazione non riguarderà le autonomie che, peraltro, posseggono la maggior parte di asset pubblici grazie a quasi 300 miliardi di immobili in portafoglio.
Nell’implementare la procedura per le cessioni immobiliari prevista dall’articolo 33 del Dl 98/2011 il provvedimento adottato venerdì dal Governo affida a una società di gestione del risparmio (Sgr) – che sarà partecipata al 40% dal Mef e al 60% dall’Agenzia guidata da Stefano Scalera – la gestione del veicolo con cui si proverà a valorizzare i cespiti trasferiti da Stato, Regioni, Province e Comuni. Al suo interno, spiega la norma, potranno essere costituiti «uno più fondi comuni d’investimento immobiliare, a cui trasferire immobili di proprietà dello Stato ovvero di società interamente partecipate dallo stesso, non utilizzati per finalità istituzionali».
Un paletto che, stando alle stime diffuse qualche mese fa da via XX settembre, riduce da 62 a 7 miliardi il valore di mercato del patrimonio immediatamente aggredibile con il piano di dismissioni e che viene motivato con l’esigenza di rispettare i vincoli di finanza pubblica. E ciò perché vendere un edificio attualmente utilizzato dalle Pa centrali, spiega la relazione al decreto, avrebbe generato nuovi costi «ascrivibili a locazioni passive». Da qui l’esigenza di concentrarsi su quelli liberi. A cominciare dalle circa 13mila voci con un valore inventariale di circa 3 miliardi, che sarebbero dovuti transitare dal centro alla periferia nell’ambito del federalismo demaniale voluto dall’Esecutivo precedente ma che finora sono rimasti nel portafoglio statale.
La nascita del "fondo dei fondi" – a cui si aggiungeranno gli altri due veicoli (uno immobiliare e l’altro mobiliare) da 1 miliardo ciascuno avviati dalla Cdp – rimetterà in moto quel processo visto che gran parte dei 350 cespiti di partenza (pari a 1,5 miliardi di euro) arriveranno proprio da lì. Alla Sgr di Mef e Demanio potranno poi affluire le carceri in disuso, le caserme dismesse, i beni culturali (previo parere che il dicastero competente dovrà emettere entro 60 giorni) e i beni non più utilizzati dal ministero della Difesa.
Per quest’ultima categoria le nuove disposizioni prevedono anche un vincolo di destinazione sui futuri proventi: alla Difesa saranno infatti «attribuite quote in misura pari al 30 per cento del valore degli immobili conferiti per la realizzazione di un programma di riorganizzazione delle forze armate, con prioritaria destinazione alla razionalizzazione del settore infrastrutturale»; il resto andrà all’Economia per la riduzione del debito pubblico complessivo.
All’abbattimento del debito centrale andrà anche il 100% degli introiti ottenuti sui cespiti nazionali. Una percentuale che scenderà al 25% per i beni che sarebbero dovuti andare a Regioni, Province e Comuni per effetto del federalismo demaniale mentre il restante 75% spetterà al livello di governo assegnatario. Salvo compensazioni con le altre autonomie interessate che potranno essere introdotte con il Dm attuativo affidato al Mef.
Regole ancora diverse varranno infine per il prodotto dei conferimenti operati dagli enti locali. Il 75% tornerà all’amministrazione proprietaria sotto forma di quote del fondo e il 25% che rimane arriverà cash, compatibilmente con «la pianificazione economico-finanziaria» del "fondo di fondi".