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 2012  giugno 17 Domenica calendario

DALLO STALLO ALLA ROTTURA, PER OGNI SCENARIO PIANI D’EMERGENZA

Le voci incontrollate che fanno il bello e il cattivo tempo sui mercati finanziari segnalano le principali banche d’affari nel mondo già all’opera per elaborare fantomatici «piani B» per rispondere a scenari dall’esito catastrofico crescente: dall’uscita della Grecia dall’euro fino all’implosione completa dell’Unione monetaria e al ritorno alle valute di un tempo. Non c’è dubbio che le elezioni di oggi siano di vitale importanza per Atene, così come per l’Europa stessa, ma è altrettanto evidente che il risultato delle urne non sarà immediatamente decisivo. Lunedì mattina, insomma, non ci si sveglierà senza euro né essendosi gettati alle spalle tutti i problemi, ma si aprirà una nuova fase inevitabilmente costellata di tensioni sui mercati finanziari.
Difficile infatti, in base ai sondaggi e alle indicazioni più o meno ufficiali che trapelano dal Paese ellenico, che un partito riesca a ottenere un risultato tale da governare. Come già avvenuto a maggio, si apriranno quindi febbrili consultazioni (che potrebbero protrarsi anche per un paio di settimane) per formare una coalizione. Chiunque uscirà con la maggioranza relativa e governerà la Grecia, siano i conservatori di Nea Dimokratia o la sinistra radicale di Syriza, dovrà per forza riaprire le negoziazioni con la Troika formata da Ue, Bce e Fmi se vuole evitare di tornare alla dracma e ottenere nuove tranche di aiuti.
Le trattative potrebbero protrarsi dunque per alcune settimane o addirittura qualche mese. A maggior ragione se a vincere le elezioni e guidare la coalizione fosse Syriza che, pur avendo il suo leader Alexis Tsipras manifestato la volontà e l’impegno a restare nell’Eurozona, ha impostato la campagna elettorale contro l’accordo con la Troika. Inevitabile quindi che in questo periodo il mercato possa essere soggetto a turbolenze sulla scorta dei rumor che di volta in volta si diffonderanno fra gli operatori. Ed è anche per questo che, in via ufficiosa, la Bce e le altre banche centrali sono pronte a garantire attraverso misure straordinarie liquidità al sistema finanziario (anche a partire da domani stesso) in modo da scongiurare la temuta fuga dai depositi delle banche europee.
La permanenza di Atene nell’Eurozona, a sua volta, non è comunque condizione necessariamente sufficiente per placare la bufera che ha investito i titoli di debito pubblico e le Borse degli Stati «periferici». In parte perché la situazione della Grecia, un Paese ormai ridotto allo stremo delle forze da 5 anni di recessione e con un debito che viaggia sopra al 150% del Pil, resta più che mai critica. Ma soprattutto perché i problemi dell’Europa vanno ben oltre la questione ellenica. Proprio per questo, nei giorni successivi si dovrà tenere bene sott’occhio gli altri temi e appuntamenti all’ordine del giorno: il salvataggio delle banche spagnole (e in particolare le modalità attraverso le quali sarà raggiunto, vedi grafico a fianco), l’Eurogruppo della fine della settimana prossima e soprattutto il Consiglio europeo in programma il 28-29 giugno.
Viceversa, il fallimento delle trattative con Bce-Ue-Fmi o anche la sola incapacità di formare un nuovo Governo ad Atene (evento improbabile, ma da non escludere del tutto) con il conseguente ricorso a una nuova tornata elettorale a luglio, aprirebbe la strada ai peggiori scenari immaginabili, compresa l’uscita della Grecia dall’euro. In questo caso, l’effetto domino e la disgregazione dell’euro potrebbe essere scongiurato soltanto da una pronta ed energica reazione della Bce e dei Governi europei.
La prima potrebbe dare fondo all’arsenale residuo di misure straordinarie di politica monetaria (taglio dei tassi di interesse sotto l’1%, acquisto illimitato di bond dei Paesi in difficoltà, nuove iniezioni di liquidità al sistema bancario). Gli Stati dovrebbero invece cercare di porre le basi per il rilancio dell’attuale schema di Unione europea che rischia di fare acqua da tutte le parti, magari prendendo già nel corso del vertice di fine mese un impegno reale a creare l’unione bancaria (autorità di controllo unica e garanzia sui depositi a livello continentale) e quella fiscale (Eurobond o altre forme quali il «recovery fund»).
Il compito è oggettivamente arduo, ma la posta in palio è stavolta particolarmente elevata: in mancanza di un significativo segnale di discontinuità, difficilmente gli investitori daranno nuovo credito all’Eurozona. E anche in caso di esito positivo delle elezioni greche, il sollievo dei mercati potrebbe avere durata assai breve.