Rosalba Reggio, Il Sole 24 Ore 18/6/2012, 18 giugno 2012
LA RISTORAZIONE SERVE UN BUSINESS DA 47 MILIARDI
La ristorazione italiana è in difficoltà, ma le opportunità di crescita restano elevate. È in sintesi estrema quello che emerge dal "Restaurant European Outlook 2012", pubblicato da AlixPartners, che, sulla base dei dati sulla fatturazione degli esercizi, evidenzia un processo di stabilizzazione a livello europeo (+0,9%) nel 2011, dopo quattro anni consecutivi di flessione.
Guardando al dato italiano dell’ultimo quinquennio (-1%), si può verificare che il mercato è fermo dal 2007. Analizzando però i risultati del 2011 si evidenzia una certa vivacità: la ristorazione è cresciuta infatti dello 0,9 per cento. Il valore totale è superiore agli altri Paesi dell’Europa Occidentale (si veda la tabella), ma le dinamiche sono differenti. «Innanzitutto per le dimensioni del business – spiega Francesco Leone, managing director di AlixPartners – che in Italia è superiore ai 47 miliardi, mentre negli altri Paesi è inferiore di almeno il 20% (è il caso di Francia e Regno Unito), fino a punte superiori al 50% (come in Germania). La grande differenza si vede poi nel mix di attività: in Italia, infatti, il peso è concentrato soprattutto sulla ristorazione tradizionale "full service" piuttosto che sul fast food puro. Questo perché si sta affermando la filosofia del "fast casual": un incontro tra il ristorante tradizionale e il fast food, dove si consuma un pasto veloce, a un prezzo abbordabile ma a un buon livello di qualità».
L’analisi mette in luce il diverso sviluppo delle varie tipologie di ristorazione: se gran parte del fatturato è rappresentato dai ristoranti indipendenti, sono però i fatturati delle catene a registrare le migliori performance di crescita. Le catene di ristoranti segnano infatti, dal 2006, fatturati in miglioramento di circa il 13%, mentre le catene di fast food crescono addirittura del 30 per cento. Piace anche il fast food indipendente, che cresce del 3%, mentre i ristoranti indipendenti registrano una flessione del 2 per cento.
«Il fenomeno della crescita delle catene di ristorazione in Italia – recita l’Outlook di AlixPartners – è anche molto legato allo sviluppo dei centri commerciali; i cosiddetti food court (le aree dedicate al food) rappresentano circa il 90% della ristorazione commerciale italiana. E poiché si tende ad abbinare la varietà dell’esperienza d’acquisto con quella ristorativa, si punta sul mix formule/insegne, si tende a differenziare i menù, con l’inserimento di locali focalizzati sulle specialità regionali, sui piatti etnici». Sarà questa dunque l’offerta del futuro?
«Non credo – spiega Luigi Consiglio, presidente di Gea ed esperto del settore food –. Si tratta di modi diversi di fare ristorazione, che sono spinti da driver altrettanto diversi. L’industrializzazione della ristorazione, infatti, ha il vantaggio della sicurezza e dello standard di qualità. Una catena è soggetta a controlli e c’è chi risponde sulla qualità dei prodotti venduti; il marchio, inoltre, garantisce uno standard di qualità che è uguale ovunque nel mondo. Il driver del locale indipendente, invece, è la flessibilità. Chi gestisce il proprio ristorante, infatti, non ha vincoli di orario di lavoro e può compensare più facilmente con aggiustamenti "personali" una fiscalità nazionale troppo alta rispetto all’alto grado di rischio di questa attività. Sulla crescita delle catene non c’è da stupirsi: in un contesto di crisi generale, infatti, solo i grandi marchi hanno la forza di investire».
Nonostante le difficoltà, le imprese italiane di ristorazione negli ultimi tre anni hanno registrato un saldo positivo: le cessazioni – seppur numerose – sono state infatti inferiori alle nuove aperture. Da marzo 2009 allo stesso mese del 2012, in base ai dati di Infocamere-Unioncamere, si è registrato un incremento dei locali del 12,5 per cento. Un trend che si evidenzia anche nella crescita dei locali italiani all’estero.
«Sui circa 100mila ristoranti nel mondo con un simbolo italiano – spiega Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – spesso si nascondono attività che del valore del made in Italy non hanno nulla». Per tutelare questo patrimonio Unioncamere ha promosso il progetto "Ospitalità italiana, ristoranti italiani nel mondo": una certificazione rilasciata ai ristoranti italiani attraverso le 75 Camere di commercio nel mondo, che raccolgono le richieste di certificazione, verificano l’esistenza dei requisiti e mandano a Roma la domanda. «Un’opportunità straordinaria per valorizzare le nostre eccellenze nel mondo attraverso la ristorazione di qualità. Perché a tavola si promuove non solo la cucina, ma anche tutto il made in Italy e il magnifico territorio di cui è espressione».