Mattias Mainiero, Libero 15/6/2012, 15 giugno 2012
FELTRI: «IO CANDIDATO PER IL PDL, PERCHÉ NO?»
Regola numero uno di qualsiasi intervista: si fa la domanda e si scrive la risposta. I particolari che non sono oggetto della chiacchierata restano fuori. Ovvio. Vittorio Feltri mi scuserà: sono un pessimo intervistatore. Ho fatto la domanda, ho ricevuto la risposta e ora trascrivo le sensazioni, più di una semplice sensazione: il fondatore di Libero è pronto a scendere in politica. La notizia è questa, anche se lui smentisce non una ma dieci volte. E questa è l’intervista non tanto intervista, smentita e conferma della notizia. Un guazzabuglio? Giudicate voi. Direttore, hai letto «Lettera 43»? (Lettera 43 è un quotidiano online che ieri mattina ha scritto: Vittorio Feltri sarà «al fianco di Silvio Berlusconi dopo i sondaggi a lui favorevoli commissionati dallo stesso Cavaliere»). Vero? «Divertente. Sono l’unico candidato al mondo a sua insaputa». Significa che smentisci? «Significa che nessuno mi ha chiesto niente». Però in redazione mi dicono che hai smentito. «Ho detto che al posto della candidatura avrei preferito un appartamento. Mi riferivo al signore che sappiamo». Cioè, hai smentito. «Era una battuta del c… per togliermi dall’imbarazzo. La verità è che di questa storia non ne so nulla». Una storia campata in aria? «Ti spiego quello che so. Questa mattina mi ha telefonato…». Berlusconi… «No, una mia amica. Mi ha detto: hai visto Lettera 43, parlano di una tua discesa in campo. E qui sono cominciati i guai». Immagino: telefonate, interviste... «No. L’iPad. Ce l’ho da due o tre mesi. Dovevo leggere l’articolo e non ci riuscivo. Io non sono un tecnologico». Poi hai letto. «Sì. Ho letto anche che due mie sponsor sarebbero due signore». Melania Rizzoli e Michela Vittoria Brambilla. «Appunto. Melania è una persona stupenda, deliziosa, moglie di un mio amico. Ma la nostra non è certo una liaison politica». E la Brambilla? «Un’altra amica. Le ho anche regalato un asino». Un asino? «A lei piacciono gli animali». Torniamo alla candidatura. «Quale candidatura: con nessuna delle due ho parlato di possibili candidature. Però loro avrebbero sponsorizzato la candidatura. Ripeto: divertente». Beh, c’è chi regala gli asini e chi regala le candidature… «Tutto è possibile. L’asino, però, era vero. Il resto mi sfugge. Non ne so niente e la storia mi fa un po’ sorridere». Altre telefonate? Berlusconi? «Con Berlusconi non parlo da molto tempo». Deputati, giornalisti… «Sono quasi le 15 e la prima telefonata che ricevo è la tua». Bene, vuol dire che sarà un’intervista in esclusiva. Nient’altro? «Mi ha telefonato mio figlio». Mattia? «Non ho altri figli maschi. Anche a lui ho detto che non ne sapevo nulla». E lui? «Mi ha detto: ma se te lo chiedessero, accetteresti o rifiuteresti?». È andato direttamente al sodo. Bella domanda. Sottoscrivo. E la risposta? «Semplice: per accettare o rifiutare una candidatura c’è bisogno di ricevere l’offerta di candidatura». Allora facciamo una cosa: immaginiamo che l’offerta ci sia stata. «Immagina che una donna ti dica: guarda, stasera vieni a cena con me. Beh, tu lo decidi in quel momento se andare o no, altrimenti vai via di pura fantasia. Bisogna trovarsi candidato per decidere». Ma se decidessi di sì non sarebbe un tradimento dei lettori? «Ragionare in questi termini mi sembra un po’ ridicolo. Scusami, e se uno è avvocato, che fa, tradisce i clienti?». Diciamo che è un po’ come la storia dei magistrati in politica, i rapporti che si creano, l’essere al di sopra delle parti. Storia vecchia. «Sì, questo è un problema, si può perdere credibilità. Se però uno è coerente con se stesso, il problema si crea, ma in termini relativi». Un altro problema è che tu non andresti d’accordo con gli uomini del Pdl. Lo scrive «Lettera 43». «L’ho letto. Starei sul c.. ad Alfano e agli ex di An. Tutti gli ex, non alcuni in particolare. Però io non me ne sono mai accorto». Hai scritto articoli critici. «Facciamo i giornalisti. Quando scrivi un pezzo pensi al pezzo, vai giù diritto, cerchi di essere chiaro. Abbiamo fatto una vita così, noi non siamo quelli dei legami. Scriviamo, poi la sera andiamo a casa e pensiamo ai fatti nostri. Per te non è così?». Anche articoli considerati molto critici. «Lo sai, no? Scrivi, ma non è che personalmente ce l’hai con qualcuno, anche quando dici che nel Pdl c’è troppa gente con la tendenza ad inchinarsi». E i sondaggi di cui si parla, quelli che sarebbero nelle mani di Berlusconi? La notizia, forse, è falsa. Ma ha una sua logica: Feltri, un volto noto, un giornalista stimato, gli elettori che apprezzano eccetera eccetera. Potrebbe essere la soluzione per il Pdl. «I sondaggi li guardo sempre, ma uno su di me non l’ho mai visto. Se ci fosse stato me ne sarei accorto, non ti pare? E poi è una fortuna. Chissà cosa sarebbe uscito fuori». Dunque, niente sondaggi, niente candidatura e niente di niente. Lo sappiamo: ogni tanto escono fuori notizie false. «Per me, però, è difficile: non vorrei darei l’impressione che ci tengo o che disprezzo ». Ma se il Pdl non ha bisogno di Feltri, di cosa ha bisogno? «Degli elettori, come tutti gli altri partiti ». Come si fa a conquistare l’elettore? «Rifondandosi, dando l’impressione di svoltare, smettendola di pensare al passato». Il passato è anche Berlusconi? «E mica Berlusconi è morto. Berlusconi c’è, c’è il Pdl. E non si può prescindere dall’esistente. Prendiamone atto». E qual è il passato? «La Costituzione, che non è solo un’enunciazione di principi. Indica le regole. Con queste regole, ormai, chiunque va al governo è destinato a non governare. L’abbiamo visto, con Berlusconi, con Prodi. Sono anni e anni che funziona così. Bisogna cambiare regole». Allora, direttore, buona partita. «Partita? Nessuno mi ha candidato». La partita Italia-Croazia. «Bella battuta». Domanda, questa volta a voi: Vittorio Feltri scenderà in politica? Avete letto il testo della chiacchierata. Ora potete anche rispondere da soli. P.S. Il pessimo intervistatore conosce Feltri da un po’ di anni. Una volta, molto tempo fa, disse: mi fa piacere che quando ti commissiono un pezzo non ci sia molto da discutere. La pensiamo allo stesso modo, siamo giornalisti, parliamo la stessa lingua. L’illusione è che non lo disse solo perché il pezzo da scrivere era orrendo. Comunque, lui, la lingua, la parla benissimo, ne conosce tutte le sfumature, il detto e non detto, la parola che ammalia, conquista e si fa strada nelle menti. E il pessimo intervistatore ora è pronto anche a scommettere. Nella speranza di vincere, ma questo è assolutamente scorretto, questo è persino peggio delle interviste non interviste. Questo proprio non si può scrivere. Fate finta di non averlo mai letto.