V. Uv., Il Sole 24 Ore 18/6/2012, 18 giugno 2012
SEDICI MILIONI DI ABITAZIONI IN ZONA SISMICA
Sono più di 16 milioni le case italiane costruite prima del 1971, anno in cui sono entrate in vigore nel nostro Paese le prime norme antisismiche.
Di queste, più di 760mila si trovano nella zona 4, ovvero nella fascia a più alto rischio di forti terremoti, e ben 5,3 milioni sorgono nella zona 3, quella in cui secondo la mappa dell’Ingv (l’Istituto di geofisica e vulcanologia) possono verificarsi terremoti abbastanza forti.
Sono solo 1,4 milioni, invece, quelle nella zona 1, dove più basso è il rischio di scosse. Ma come insegna l’Emilia nessuna zona è di fatto realmente al riparo: proprio in questa fascia, infatti, si trovano molti dei Comuni appena colpiti dal terremoto di maggio.
A incrociare i dati sulla pericolosità sismica italiana con quelli sulla vetustà delle abitazioni è l’Aitec, l’associazione italiana tecnico economica del cemento, che rappresenta l’industria di questo materiale a livello nazionale.
Le informazioni sono contenute nel rapporto sulle «Costruzioni e crescita sostenibile» che sarà presentato giovedì 21 giugno in occasione dell’assemblea Aitec, ma che il Sole 24 Ore è in grado di anticipare.
L’elaborazione aiuta a capire dove occorre intervenire per riqualificare il patrimonio abitativo con maggiore urgenza, perché aggiunge a questi numeri anche quelli sullo stato di conservazione degli immobili. Ebbene «confrontando i dati del censimento (del 2001, però, ndr) con la mappa di pericolosità sismica distribuita da Ingv – sottolinea lo studio – emerge la necessità di adeguare più di due milioni di abitazioni, costruite prima del l’entrata in vigore delle normative di sicurezza e situate in Comuni ad alta rischiosità».
Naturalmente le conclusioni a cui arriva lo studio sono a favore del cemento armato, definito «materiale d’eccellenza» nel campo della progettazione antisismica.
Con vantaggi prospettati anche sul piano economico: «Il maggior costo del cemento armato, che è in grado di garantire la massima resistenza ai terremoti si traduce – spiega il direttore dell’ufficio studi Aitec, Nicola Zampella – «in un aumento del 3-4% del costo totale dell’opera».
L’industria del cemento rifiuta l’etichetta della «cementificazione selvaggia». L’Aitec quindi ricorda come il materiale sia fondamentale non solo per la nuova costruzione ma anche per la rigenerazione urbana, ovvero per la demolizione e ricostruzione di edifici degradati e per l’efficienza energetica. Anche il mercato del nuovo lascia alcuni spazi. Secondo i dati del censimento 2011 le famiglie italiane negli ultimi dieci anni sarebbero cresciute di 2,7 milioni, mentre le abitazioni costruite di 1,5 milioni. Quindi, conclude lo studio «il mercato italiano non è saturo».