Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 31/05/2012, 31 maggio 2012
CAVOUR AGRICOLTORE E UN PALAZZO SVELATO
«Ill.mo Signore, dopo la sua partenza ho comprato un toro; non so se questo contratto avrà la sua approvazione; ma aveva fretta di allontanare quel toro bianco che mi metteva paura». La lettera fu inviata da Camillo Benso di Cavour al suo fattore Giacinto Corio il 6 ottobre 1847. Esattamente tre anni dopo, il conte sarebbe diventato ministro di Agricoltura, Commercio e Marina del Regno di Sardegna, iniziando il suo percorso nella vita politica istituzionale. Ma di che cosa si era occupato il futuro primo ministro del Regno d’ Italia nei precedenti quarant’ anni? Una ventina li aveva spesi nei campi delle tenute di famiglia: prima nei poderi di Grinzane e poi nella tenuta di Leri, milleduecento ettari coltivati a grano, riso, foraggi, vigne di barolo. Quella di Cavour agricoltore è un’ attività pressoché ignorata dai libri di scuola. Ora una mostra promossa dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e dall’ Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, intitolata «Le meraviglie del Palazzo» e allestita fino al 30 settembre presso il palazzo dell’ Agricoltura in via XX Settembre 20, racconta l’ interesse del futuro statista per concimi e fertilizzati, trebbiatrici e incroci di razze animali, discorsi e proposte parlamentari su nuove forme di associazionismo agricolo e su innovativi sistemi di drenaggio delle acque. E al tempo stesso permette ai visitatori di entrare per la prima volta nei saloni del ministero costruito nel 1908 (nella foto la Biblioteca), dove sono conservati manufatti, vetrate policrome di Duilio Cambellotti e Cesare Picchiarini, dipinti di Giuseppe Cellini, statue, affreschi, arredi, libri antichi, tutti dedicati al rapporto dell’ uomo con la terra. Nel percorso espositivo, coordinato da Comunicare Organizzando, si incontrano anche un centinaio di documenti sulla passione agraria di Cavour: lettere originali e diari autografi, leggi e decreti, foto, vignette satiriche, mappe catastali, progetti di canali. Camillo era arrivato all’ agricoltura per caso. Essendo cadetto e quindi escluso dall’ eredità, che andava tutta al primogenito Gustavo, bisognava inventargli una carriera che gli permettesse di guadagnarsi da vivere. I genitori tentarono di farlo paggio a corte, ma alla prima uscita sulla carrozza reale il ragazzino fece una scenata dicendo che si vergognava di farsi vedere in giro con la «divisa da gambero». La carriera militare andò in fumo perché la polizia di Carlo Felice lo scoprì a Genova mentre gridava «Viva la Repubblica!». Perse una forte somma in Borsa, correva dietro le mogli degli altri. A 31 anni il padre lo fece nominare sindaco di Grinzane e lo spedì in campagna. Rinunciò volontariamente alla gestione delle proprietà il 12 ottobre 1850, giorno successivo alla sua nomina come ministro.
Lauretta Colonnelli