Sergio Rizzo, Corriere della Sera 16/06/2012, 16 giugno 2012
SE I SOLDI PER I TERREMOTATI RISCHIANO DI RESTARE AI PARTITI —
SE I SOLDI PER I TERREMOTATI RISCHIANO DI RESTARE AI PARTITI — La data! Ecco che cosa si erano scordati... La data! Se n’è accorto mercoledì Antonio Malaschini. In fondo alla legge che taglia a metà i rimborsi elettorali non c’è scritta una cosa fondamentale. E cioè che il provvedimento entra in vigore il giorno stesso della sua approvazione definitiva.
Una dimenticanza mica da ridere, secondo l’ex segretario generale del Senato che adesso lavora per il governo di Mario Monti come sottosegretario alla Presidenza con delega per i rapporti con il Parlamento. Perché questo dettaglio potrebbe addirittura pregiudicare, sostiene Malaschini, il dirottamento dei 90 milioni della rata di luglio del finanziamento pubblico dei partiti verso le popolazioni abruzzesi ed emiliane colpite dal terremoto, come stabilisce il testo varato dalla Camera e ora in discussione al Senato.
Per capire la questione, bisogna leggere l’ultimo articolo, il numero 16: dice che quei famosi 90 milioni non si possono dare ai terremotati prima di aver fatto un altro provvedimento. Ci vuole un decreto del ministero dell’Economia. Necessario innanzitutto per «accertare» il risparmio. Quindi per riversare i denari in un apposito capitolo di spesa destinato alla Protezione civile. La quale, a sua volta, provvederà a consegnarli alle amministrazioni locali competenti. Tutta questa astrusa operazione dovrebbe essere portata e termine entro 15 giorni.
Ma non è finita qui. Perché a quelle due settimane se ne aggiungerebbero altre due. Mancando la dichiarazione d’urgenza che metterebbe subito in moto il provvedimento, bisognerebbe infatti attendere il periodo classico di vacatio legis previsto per tutte le leggi normali, che entrano appunto in vigore dopo 15 giorni. Dunque, anche se la nuova legge sul finanziamento pubblico venisse approvata a rotta di collo lunedì prossimo, e se il Tesoro impiegasse meno di due settimane per «accertare» il risparmio e dare i quattrini alla Protezione civile, si arriverebbe comunque a luglio, superando così il tempo massimo. I soldi, a quel punto, sarebbero già nei forzieri dei partiti.
Come venirne fuori? Si potrebbe modificare a razzo il testo e rimandarlo subito a Montecitorio per una terza lettura fulminea. Certo, ma si perderebbero ancora troppi giorni. Allora ecco la soluzione architettata dal senatore pidiellino Andrea Pastore, notaio di Pescara: un bel decreto del governo. Nel quale ci sia scritto che quella legge è urgente ed entra in vigore subitissimo.
Siamo certi che i comuni mortali faticheranno non poco a comprendere. Capiranno con enorme difficoltà perché, pur essendo scritto in una legge, quei 90 milioni non dovrebbero andare più ai terremotati ma restare nelle tasche delle formazioni politiche per il semplice fatto che manca una data. E perché, per evitarlo, debba essere necessario addirittura un decreto del governo, come se in caso contrario una forza soprannaturale attirasse i quattrini alla fatidica scadenza di luglio nelle casse dei partiti. I loro tesorieri non potrebbero soltanto rinunciare a riscuoterli? Più semplice di così...
Se poi i denari arrivassero in Abruzzo e in Emilia-Romagna due settimane dopo, garantiamo che nessuno protesterebbe per il ritardo. Ci sono zone terremotate in Italia che hanno aspettato anni per vedere i soldi.
Diciamo la verità. Tutto questo pasticcio è davvero poco sensato. Qualcuno potrà perfino sospettare che la dimenticanza non sia stata casuale. Il taglio del 50% dei rimborsi elettorali, inutile rimarcarlo, non è stato digerito bene da tutti. Il dimezzamento della rata di luglio, poi, è andato letteralmente di traverso a quanti quei soldi li avevano magari già impegnati. Per scongiurare la sforbiciata, a destra come a sinistra, c’era stato chi era arrivato a paventare l’impossibilità di far fronte alle spese della prossima campagna elettorale.
E forse non è un caso, a voler proprio pensare male, che si sia perso tutto questo tempo. La legge sui rimborsi era talmente urgente che all’inizio volevano approvarla direttamente in Commissione. La corsia preferenziale però è saltata per iniziativa dei leghisti. Poi si è deciso di aspettare il voto delle elezioni amministrative. La legge urgentissima, che i più ottimisti vedevano già approvata per il 20 aprile, è uscita quindi da Montecitorio soltanto il 24 maggio. Per arrivare urgentemente in Senato. Dove, con altrettanta somma urgenza, si sta ora discutendo in commissione Affari costituzionali, in mezzo a decine di altre cose.
In questo modo sono trascorsi altri 24 giorni e siamo arrivati a metà giugno. Per scoprire che alla Camera quella legge si erano perfino dimenticati di dichiararla urgente.
Che sbadati...
Sergio Rizzo