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 2012  giugno 16 Sabato calendario

IL RUOLO DELL’ISTITUTO E LE NUOVE FORME DI CAPITALE

Eppur si muove. Le resistenze sono state vaste e radicate, ma alla fine il governo ha varato la cessione di Sace, Simest e Fintecna alla Cassa depositi e prestiti al prezzo di 10 miliardi e la costituzione di due fondi d’investimento promossi dalla stessa Cassa per valorizzare gli immobili pubblici e le partecipazioni azionarie degli enti locali, e di un terzo fondo, promosso dall’Agenzia de demanio, per riqualificare il patrimonio pubblico ricompreso nel federalismo fiscale (materia, in verità, alquanto criptica). Saranno, queste misure, il primo passo di una lunga marcia? Sì, se il governo si convince che per contrastare la recessione, accanto alle liberalizzazioni, serve la spinta motrice dello Stato, oltre la risaputa contrapposizione tra privatizzatori e nazionalizzatori.
Per quanto formalmente siano destinati all’ammortamento del debito pubblico, questi 10 miliardi verranno in realtà usati per rimborsare debiti commerciali della pubblica amministrazione non più soggetti a discussioni. A poco vale discettare se sia una misura per la crescita o per la semplice tenuta delle imprese. Certo, per ridurre di 6-7 punti percentuali l’incidenza del debito pubblico sul Prodotto interno lordo, che è quanto si può realisticamente fare, ci vuole altro. Ma la strada è stata indicata. Ora è essenziale la volontà politica.
Lo Stato ha una certa quantità di beni — partecipazioni in società quotate e non e concessioni — che potrebbe girare alla Cassa, con immediato beneficio dei suoi conti perché il debito della Cassa non rientra nel perimetro del debito pubblico. Potrebbe, ma a patto di salvaguardare gli equilibri patrimoniali della Cassa medesima. Oggi la Cassa vale almeno 15 miliardi. Le fondazioni bancarie dovrebbero convertire le loro azioni privilegiate in ordinarie pagando un conguaglio teorico di 4 miliardi. Non glielo si può chiedere, perché si sono svenate a sostegno delle banche, e meno male che l’hanno fatto. Le fondazioni potranno contribuire più avanti. Ma fin d’ora niente sulla carta vieterebbe alla Cassa di varare un aumento di capitale da 5-6 miliardi riservato a selezionati investitori istituzionali italiani e internazionali. La ricapitalizzazione potrebbe essere anche molto più consistente, senza per questo diluire lo Stato sotto il 51%, se il patrimonio netto della Cassa venisse preventivamente irrobustito conferendo società come Poste Italiane, Anas e altre. Una Super Cassa potrebbe comprare altri beni dallo Stato per ridurre il debito pubblico e potenziare la propria raccolta per finanziare l’economia reale alleggerendo gli impegni del Tesoro. Come fa la tedesca KfW che ogni anno dà 70-80 miliardi di prestiti che equivalgono, secondo gli amministratori, a 60-70 mila nuovi posti di lavoro in Germania. Lo stock dei prestiti di KfW, erogati direttamente o indirettamente attraverso le banche alla piccola e media industria, supera i 350 miliardi.
La Cassa può fare politica industriale senza sprechi, anzi. Il fondo per le imprese degli enti locali funziona in tanto in quanto, magari d’intesa con altri soggetti come F2i, non solo consente di mettere in mani adatte le ex municipalizzate, ripianando parte del debito pubblico locale, ma anche promuove l’aggregazione di queste imprese. E tuttavia la Cassa non può essere l’unica forza motrice. Servono nuove forme di debito e di capitale di rischio. Lo Stato non dà più i contributi a fondo perduto necessari alle infrastrutture nuove. Inevitabile. Ma ieri il governo ha varato i project bond e ampliato la defiscalizzazione degli investimenti e dei redditi aggiuntivi che ne derivano. E questo è un modo per rendere di nuovo sostenibili i grandi piani di sviluppo che la Cassa e i suoi fondi possono promuovere.
La Ragioneria dello Stato ha resistito. Temeva la perdita di parte del gettito fiscale futuro, ancorché senza queste provvidenze non ci sarebbe gettito aggiuntivo alcuno. Ora va rivista la durata delle concessioni, il cui allungamento può costituire altro capitale virtuale per finanziare investimenti e crescita. Se l’Autorità dei Trasporti aiuta e non si mette di traverso.
Massimo Mucchetti