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 2012  giugno 16 Sabato calendario

E IL CAVALIERE «ANTIEURO» ASPETTA LA GRECIA

Tutti attendono il vertice europeo di Bruxelles a fine mese, ma già domani il voto di Atene potrebbe far precipitare la situazione a Roma, tanto da pregiudicare la stabilità del governo e aprire la strada verso l’ignoto, che a quel punto non escluderebbe l’opzione delle elezioni anticipate.
A rendere più incerta e delicata questa fase ci sta pensando Berlusconi, pronto a intestarsi un’operazione «shock and awe» che destabilizzerebbe il suo partito e (forse) l’intero quadro politico. È bastato un suo ragionamento a mettere in allerta non solo il Pdl ma l’intera «strana maggioranza». «Se la Merkel fosse stata meno intransigente — secondo il Cavaliere — l’Europa avrebbe dovuto magari sopportare un po’ di inflazione in più, ma non sarebbe caduta in recessione. A questo punto mi chiedo se per l’Italia non sia meglio tornare alla lira».
Ecco come si appresta a riposizionarsi l’ex premier, con una battaglia «culturale» per un ritorno alla moneta nazionale che sa tanto di campagna elettorale. E non è detto che per avviare l’offensiva debba attendere l’esito dell’appuntamento del 28 giugno. La prima mossa potrebbe farla già la prossima settimana, se le elezioni in Grecia consegnassero la vittoria ai partiti del fronte anti-euro. Perché in quel caso l’inevitabile uscita di Atene dalla divisa unica, rappresenterebbe a suoi occhi «un precedente», farebbe capire che il divorzio è possibile, che la strada è percorribile.
C’è un motivo quindi se ieri i vertici del Pdl sono insorti contro la linea del Giornale, se Alfano ha chiamato Feltri sfidandolo a candidarsi alle primarie del partito: è stato un modo per parlare a nuora affinché suocera intendesse. Ed era rivolta alla suocera, cioè a Berlusconi, anche la nota congiunta firmata dal vicepresidente della Camera Lupi e dal capogruppo all’Europarlamento Mauro: «Abbandonare l’euro sarebbe un suicidio. Non è tornando alla lira che si salva l’Italia». Un punto — secondo i due esponenti del Pdl — su cui il partito deve avere una «posizione netta» e «non negoziabile».
È un modo per resistere alle possibili manovre del Cavaliere, che intanto incoraggia chicchessia a candidarsi alle primarie, con il chiaro intento di scombinare i piani all’attuale gruppo dirigente e continuare a essere «l’allenatore» che fa la formazione. Ed è singolare la convergenza di vedute tra Lupi e Mauro con il segretario del Pd, che bolla come «irresponsabile» la tesi di chi vorrebbe l’Italia fuori dalla moneta unica. È un argine alzato prima della piena che rischia di cambiare il volto e la storia dell’Europa, un’ipotesi che lo stesso premier non ha potuto escludere quando ha incontrato Alfano, Bersani e Casini.
Dopo quel vertice a palazzo Chigi, l’ABC della politica non ripone grande ottimismo sul vertice di Bruxelles. Non a caso il capo dei democrat ha invitato i rappresentanti della sua segreteria a «non sovradimensionare le aspettative» su quella riunione, perché «gli eventuali segnali positivi» varrebbero «poco in termini di operatività nel breve periodo». In più, la variabile greca continuerebbe ugualmente a pendere come una spada di Damocle sull’area-euro, anche se Atene decidesse di restarci: «Verrebbe chiesta di sicuro una ristrutturazione del debito, e se l’Ue tornasse a prendere di nuovo tempo...».
In caso di fallimento del vertice di Bruxelles, peraltro, anche per l’Udc sarebbe complicato reggere il peso del governo, se è vero che dai sondaggi ha dovuto riscontrare la perdita di un punto percentuale in una sola settimana. Certo, il decreto sviluppo varato ieri è un segno per sperare in un’inversione di tendenza, «ma non è che vada bene — spiegano i dirigenti centristi — va solo un po’ meglio». E comunque il provvedimento ha posto un problema alle forze della «strana maggioranza». Perché un conto erano la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro, pertinenti a un gabinetto tecnico. Altra cosa è decidere con gli incentivi e gli sgravi quali categorie favorire: un’opzione tutta politica. Di qui la diffidenza del Pdl e del Pd, con Bersani che invita Monti a «consultarci».
Ma è la scommessa europea a tenere in ambasce il Palazzo italiano, con annesse le manovre domestiche che medita Berlusconi. E stavolta, se desse voce alle sue «idee pazze», compresa la battaglia «culturale» sul ritorno alla lira, si farebbe scudo di personaggi eminenti, come il professor Savona, di cui il Cavaliere ha sottolineato molte parti dell’intervista rilasciata a Vittorio Zincone: quella in cui l’ex ministro sostiene che — in assenza di riforme radicali delle istituzioni europee — sarebbe preferibile per l’Italia lasciare la moneta unica, e lì dove critica l’approccio frettoloso all’euro avuto a quei tempi da Prodi e Ciampi...
Ce n’è abbastanza per l’innesco. E c’è un solo modo per evitare la deflagrazione: che Alfano e Bersani vincano la scommessa di trovare un’intesa sulla legge elettorale nelle prossime settimane. Se ci riuscissero, sarebbe pronto il paracadute per qualsiasi evenienza. Anche per il voto anticipato. Perciò i due segretari stanno gestendo direttamente quel dossier, mentre il Cavaliere studia i dettagli dell’operazione «shock and awe». Sebbene la sua «pazza idea» non sarebbe così originale, visto che c’è arrivato prima Beppe Grillo.
Francesco Verderami