Malcom Pagani e Carlo Tecce, il Fatto Qutodiano 15/6/2012, 15 giugno 2012
PRENDERSI UN PEZZO DELLA RAI L’ULTIMA TENTAZIONE DELL’INGEGNERE
Nei corridoi di Repubblica la chiamano “interpretazione verticale della filiera contenutistica”. Un rebus di facile risoluzione. Dopo la web tv e il digitale terrestre, la televisione generalista. Quella vera. Carlo De Benedetti crede alla trinità e sa far di conto. Osservando con relativa serenità l’approssimarsi dell’ultima puntata del Lodo Mondadori, progetta il futuro. La sentenza della Cassazione con relativa messa a bilancio dei 564 milioni di euro che al momento Berlusconi dovrebbe riconoscergli è alle porte e tramontata la passione per La7, De Benedetti starebbe pensando alla Rai. Un campo su cui, sconsigliato dalle partite sindacali e dalle fibrillazioni interne, avrebbe voluto giocare anche il gruppo Rcs. La tv di Stato in odor di privatizzazione e assediata dai paradossi è pronta a dimagrire. Dodicimila dipendenti, la raccolta pubblicitaria in depressione , un debito consolidato che a fine anno può sfiorare i 400 milioni (5 anni fa, era zero), ascolti mosci e offerta eccessiva. Quattordici canali tematici. Troppi. Soltanto la tedesca Zdf può permetterseli, contando, però, su 8,6 miliardi di canone, mentre viale Mazzini è incagliata a 1,7 miliardi. L’unica soluzione, e Mario Monti non è d’accordo, sarebbe quella di aumentare la tassa più odiata dagli italiani.
POI C’È la stravaganza di aver investito 500 milioni di euro per il lancio delle nuove tecnologie e la rimanente elemosina per riempire di senso canali costretti al sistematico saccheggio delle teche. Un quadro desolante, al cui interno, si dipinge l’acquerello a tinte fosche della composizione del Cda. Per un candidato competente e caro all’ingegnere che si autoesclude, l’editorialista Giovanni Valentini, un treno con 7 carrozze da riempire. Sotto le pensiline, affollamento. Valentini declina l’invito “ringraziando tutti”. Poi spiega: “Scrivere a Zavoli mi pareva presuntuoso, ma entrare in Cda non mi sembra opportuno. Non ci sono condizioni operative per rilanciare una Rai dove il cancro si cura con l’Aspirina. La Gasparri è ancora legge e Bersani, che qualche giorno fa era d’accordo, ha cambiato idea. Predicando bene e razzolando male. La sua proposta di apertura alla società civile, spiace dirlo, suona come unasortadilottizzazione.Sarebbe stato più credibile se avesse adottato lo stesso criterio per le Authority, ma in quel caso preferì accordarsi con Casini”. Così ballano altri nomi. Quelli in quota Pdl. Antonio Pilati (ex Antitrust), Rubens Esposito (ex ufficio legale di Viale Mazzini), Giancarlo Galan (autocandidato, non manca mai), Giampaolo Rossi, il presidente di Rai Cinema, Franco Scaglia.
LA LEGA desiste, l’Udc vuole un posto. Il Pd ha incaricato quattro associazioni della società civile di esprimere due nomi per vo-tarli in Cda. Dopo il sincero no di Valentini, i sindacati (Usigrai-Fnsi) sarebbero intenzionati a suggerire la scrittrice Lorella Zanardo. “Libertà e giustizia”, invece, potrebbe presentare una donna. Corrono Sandra Bonsanti e la sua fraterna amica Concita De Gregorio. In una parola, Repubblica. Che ora, non solo metaforicamente, potrebbe entrare in Rai. In Viale Mazzini meditano comunque rivoluzioni per rimodulare quella che chiamano “offerta per i telespettatori”, secondo un antico schema, in oasi recintate: un canale di intrattenimento (Rai1), uno col pubblico più fedele (Rai3), uno per le notizie (Rainews) e un paio per le serie televisive e i bambini (Rai4 e Rai Ragazzi). Il ramo secco è Rai2, quello più costoso e in concorrenza interna (con Rai4). De Benedetti riflette proprio sull’ipotesi più ardita, Rai2, ma è interessato anche ai canali tematici. Ufficialmente, interpellato dal Fatto, attraverso i suoi collaboratori nega con decisione: “Non esiste nessuna ipotesi di investimento televisivo da parte del Gruppo Espresso che continua la sua attività con le reti del gruppo”. In realtà De Benedetti sarebbe ingolosito dalla sinergia fra giornali, rete (presto il lancio di Huffington Italia) che, qualunque (previsto) riassesto della Legge Gasparri, trascinerà con sé nella prossima legislatura. De Benedetti è già proprietario di Rete A. Non potrebbe aggiungere frequenze. Ma ora che Monti ha spedito i tecnici in Rai per annaffiare le zone aride, tutto potrebbe cambiare. La cessione ripristinerebbe i parametri del servizio pubblico riallineandolo a quello europeo (30-35% di share) e liberando contestualmente nell’etere sette-otto punti. Ascolti. Soldi. Pubblicità. Ancore di salvezza. Persino per il Cavaliere e La7.
I rapporti dell’area Repubblica con il governo Monti sono comunque in via di evangelizzazione. Il premier sarà l’ospite d’onore della tre giorni di Bologna e scambia lettere garbate con il fondatore, Eugenio Scalfari.
COSÌ MENTRE sulla storia del quotidiano stasera in Emilia si proietterà un film Rai di Minoli (altra coincidenza), dove si decide davvero, Monti ha già fatto le sue mosse. Imponendo Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi come tutori di una Rai che va trasformata: promettono ordine, distanza dai partiti, lotta agli evasori del canone. Il ritornello che da anni fuoriesce da Palazzo Chigi. Al settimo piano di Viale Mazzini si aspettano rientri per 500 milioni di euro, e la vendita parziale di Raiway, la società del gruppo che detiene torri e tralicci, non può bastare. In attesa del miracolo, serve pragmatismo. Quello che fin dai tempi della Sme a Carlo De Benedetti non è mai mancato. Così l’opzione Rai prende forma. Non c’è stata privatizzazione italiana che non sia stata completata a prezzi da saldo . E lo sconto da praticare alla Cir, in questo caso, renderebbe del tutto velleitaria la tentazione di ieri. Entrare a La7 acquistandone il 40% per circa 300 milioni, spendere per l’emittente che a diventare Terzo Polo, proprio non riesce. La7 gode di ottima stampa e ha buoni (a tratti eccellenti) risultati del Tg di Mentana.
Ma rimane ferma a un 3% di media che è poco per contare e quasi niente per competere. All’investimento iniziale, per gareggiare, esistere, dare ragione all’impresa e vincere le resistenze del figlio Rodolfo, l’ingegnere avrebbe dovuto aggiungere quasi il doppio. La piattaforma Rai metterebbe in circolo motivazioni differenti. Il partito di Rep. La sua (anelata) dimensione pedagogica. Ieri i sondaggisti lo stimavano a un incredibile 7%. Allargare il consenso è la frontiera moderna. Tentare dal piccolo schermo, l’antica regola di un avversario che l’ingegnere conosce bene.