Il Sole 24 Ore 15/6/2012, 15 giugno 2012
CRACK DA 400 MILIONI PER LE HOLDING LIGRESTI
Bancarotta. Con due sentenze durissime nella forma e nella sostanza, il tribunale fallimentare di Milano ha sancito lo stato di insolvenza di Imco e Sinergia, le holding della famiglia Ligresti annegate in 400 milioni di debiti. L’inchiesta del sostituto procuratore Luigi Orsi, che ha iscritto Salvatore Ligresti nel registro degli indagati, subisce così un’improvvisa accelerazione con l’inserimento del reato di bancarotta tra le ipotesi accusatorie. La procura di Milano possiede adesso le chiavi d’accesso per indagare a tutto campo anche sulle società che, come Fonsai e Milano Assicurazioni, hanno realizzato negli ultimi anni numerose operazioni immobiliari con Imco e Sinergia. Operazioni che la procura definisce "opache".
Per il presidente del tribunale fallimentare Filippo Lamanna e per i giudici delegati Roberto Fontana e Filippo D’Aquino l’accordo con le banche creditrici di Imco e Sinergia «non è stato per nulla raggiunto, ma è ancora sottoposto a una serie di condizioni future e incerte». E questo dimostra «l’insuccesso dei tentativi» effettuati per ristrutturare il debito delle due società. I giudici lamentano di aver dato «ben 41 giorni» di tempo ai rappresentanti delle holding per mettere a punto il piano di salvataggio, ma che nell’udienza del 13 giugno «è stata depositata la dichiarazione di adesione di una sola banca, la Cassa di risparmio di Parma e Piacenza», che vanta un credito di piccola entità e che non faceva parte delle otto banche disponibili ad appoggiare il progetto. Nessuno di questi otto istituti di credito, a cominciare da Unicredit, ha formalmente aderito al piano di salvataggio. È il motivo per cui, nella sentenza, i giudici scrivono che le società non hanno considerato «nemmeno l’opportunità o la possibilità di conferire un minimo di serietà» alla richiesta di rinvio «accompagnandola, ad esempio, con una proposta (semplificata) di accordo». La proroga di due settimane chiesta mercoledì è stata negata anche per i «rischi di inquinamento dei valori di mercato delle partecipazioni e di aggiotaggio relativo alle società collegate, alcune delle quali quotate in borsa».
C’è poi il capitolo del fondo Hines, il perno sul quale ruotava il piano bocciato dal tribunale fallimentare. I giudici ricordano che Hines ha comunicato che allo stato attuale «gli investitori istituzionali che hanno manifestato interesse a partecipare all’investimento nel Comparto II, alla luce della necessità di condurre approfondimenti...hanno rappresentato la necessità di disporre di maggior tempo per proseguire le proprie analisi e se del caso confermare la propria volontà d’investimento». Dei 50 milioni che il fondo Hines avrebbe dovuto raccogliere ne sono stati racimolati soltanto 20, e dunque non è stata «raggiunta neanche la quota del 50% dei potenziali sottoscrittori delle quote necessarie a consentire il funzionamento del fondo».
La sentenza sulle holding dei Ligresti si inserisce in una linea della fermezza che il tribunale fallimentare di Milano sta perseguendo da tempo e che ha consentito, ad esempio, di recuperare nel caso del San Raffaele 150 milioni in più da destinare ai creditori. Toccherà adesso ai curatori fallimentari (Ignazio Arcuri, Silvano Cremonesi e Cesare Franzi per Sinergia e Carlo Bianco, Piero Canevelli e Marco Moro Visconti per Imco) esaminare la documentazione delle due holding e cercare di liquidare i creditori nonostante la «situazione di gravissimo squilibrio» finanziario sottolineata dai giudici.
Il fallimento di Imco e Sinergia ha effetti immediati e automatici sull’inchiesta penale avviata dal pm Orsi. Da ieri le indagini della procura e della Guardia di Finanza si dipanano in tutte le direzioni. Partendo da Imco e Sinergia si irradiano verso tutti i soggetti, dalle banche alle "parti correlate", che hanno avuto relazioni d’affari con le due holding. Si dovrà accertare se le operazioni realizzate, e quelle ancora in essere, abbiano danneggiato le società fallite. E per quanto riguarda gli istituti di credito bisognerà appurare se le banche che hanno sostenuto Imco e Sinergia fossero a conoscenza dello stato di dissesto delle società: se così fosse potrebbe essere loro contestato il reato di erogazione abusiva del credito. Eventuali revocatorie, inoltre, possono colpire gli accordi conclusi negli ultimi 12 mesi. È uno scenario, al momento, del tutto teorico ma sul quale procura e Guardia di Finanza sono al lavoro. Angelo Mincuzzi, Fabio Pavesi • QUEL FIUME DI DENARO DILAPIDATO NEGLI ANNI - Imco e Sinergia sono insolventi già dal 2010 ma dai bilanci non si vede. Aveva evidentemente visto più che bene il pm di Milamo Luigi Orsi quando affondò il primo colpo sulle due holding di famiglia. Già, perchè a scorrere i bilanci del 2010 tutto sembrava andare per il meglio. Addirittura Imco chiudeva l’anno con utili per 62 milioni. Peccato che pressochè tutti i titoli della controllata Premafin fossero in pegno alle banche a fronteggiare una montagna di debiti per 335 milioni tra Imco e Sinergia. Che il dissesto fosse evidentemente nascosto tra le pieghe dei conti lo si è visto non più tardi dei giorni scorsi quando, nella memoria difensiva per la richiesta di rinvio dell’udienza di fallimento, i vertici di Imco e Sinergia hanno ammesso che nel 2011 la Imco segnava perdite per ben 227 milioni e un capitale netto completamente bruciato dato che era negativo per 81 milioni. Stessa sorte per Sinergia con perdite per 168 milioni e un buco di capitale di 59 milioni. Perdite «devastanti» le ha definite il collegio dei giudici fallimentari nella sentenza che chiude il capitolo dei forzieri della famiglia Ligresti. Forzieri è un eufemismo, dato che quelle holding erano tenute in piedi, più che dalle attività, dai debiti contratti con le banche. E del resto la cassa rimasta in casa Imco era alla fine di soli 2,6 milioni. Un nulla di fronte alle esigenze quotidiane. E del resto che non ci fossero più soldi lo dice il fatto che già nell’estate del 2011 era stato raggiunto un accordo con le banche che prevedeva il ripianamento dell’eccessivo fardello del debito con la vendita delle attività immobiliari. Eppure i soldi in Imco e Sinergia erano sempre affluiti negli ultimi anni. Venivano per lo più da quel gioco di scambio con le quotate dell’ex impero dei Ligresti. FonSai e Milano Assicurazioni vendevano terreni a Imco e Sinergia per acquistare poi gli immobili che venivano costruiti dai Ligresti. Tutto in famiglia quindi. Dalla sola Milano sono arrivati acconti per 140 milioni per due immobili che non sono ancora stati ultimati. E solo negli anni dal 2008 al 2010 il saldo netto a favore delle società di famiglia da parte di FonSai è stato di 235 milioni. Un fiume di denaro. Ma in cassa di Imco e Sinergia non c’era più niente. Dove sono finiti? È la domanda che ora si pone la procura. An. Mi.