Varie, 16 giugno 2012
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 18 GIUGNO 2012
La fuga di capitali dai paesi del Sud Europa si legge nei 650 miliardi che le banche di questi paesi devono alla Bce. [1] In Grecia, in Spagna, a Cipro, i cittadini e le imprese chiudono i loro conti in banca e portano i soldi in Germania, in Lussemburgo, in Olanda o anche in Francia. Federico Fubini: «I fondi privati dall’estero verso l’talia sono crollati nell’ultimo anno di 200 miliardi: circa il 14% del Pil. Fuori dall’Italia, non ci sono più compratori privati di Bot o Btp. Li ha dovuti sostituire la Bce, comprando direttamente titoli di Stato oppure prestando alle banche italiane perché lo facessero. Il risultato è che nel sistema dei pagamenti interno alle banche centrali europee federate nella Bce, chiamato “Target 2”, l’Italia o la Spagna sono sempre più in debito e la Germania sempre più in credito». [2]
Dalle elezioni del 6 maggio alla fine del mese scorso sono stati ritirati dai conti correnti greci 2,5 miliardi di euro per un saldo passivo dall’inizio della crisi pari a 77 miliardi, più di un quinto dei depositi totali. [3] Fra marzo 2011 e marzo 2012 la Grecia ha perso il 16% dei depositi bancari, per un totale che dal 2009 raggiunge il 30%: più di quanto accadde in Argentina con il default (dicembre 2001, bancarotta e svalutazione del cambio pesos/dollaro). [2] In vista del voto di ieri, la corsa a ritirare i soldi dalle banche elleniche non ha fatto che accelerare. Vittorio Da Rold: «I bancomat sono roventi e gli istituti hanno registrato un aumento significativo dei ritiri dei depositi a causa dei timori crescenti che Atene possa uscire dall’Eurozona dopo il voto». [4]
I capitali appartenenti a risparmiatori greci custoditi in Svizzera valgono secondo il ministero delle Finanze di Atene 38 miliardi di euro. Claudio Del Frate: «Il governo di Papandreou e poi quello del successore Papademos avevano intavolato con Berna la trattativa per tassare quel malloppo off shore. Cosa che ha provocato una immediata migrazione verso altri lidi. È il sospetto manifestato il 9 aprile dal ministro delle finanze Philippos Sainidis rispondendo a un’interrogazione parlamentare: “Non si spiegherebbe altrimenti - aveva detto - come mai l’ammontare dell’euroritenuta (la debolissima tassa attualmente applicata sui conti degli stranieri in Svizzera, ndr) da noi incassata sia scesa ad appena 6 milioni di euro mentre l’anno precedente era il doppio”». [5]
Nei primi tre mesi dell’anno sono stati ritirati dalle banche spagnole e portati all’estero 97 miliardi di euro, circa un decimo del Pil. [6] Marco Galluzzo: «Secondo uno degli ultimi report di Citigroup rivolto ai propri clienti, la banca americana prevedeva pochi giorni fa che sia dall’Italia che dalla Spagna, a meno di politiche incisive in ambito politico europeo, partiranno altri 200 miliardi di euro, in termini di disinvestimenti dai titoli di Stato e delle imprese (maggiormente Italia) o dai depositi bancari (molto più nel caso della Spagna)». I disinvestimenti esteri avvenuti dal nostro Paese negli ultimi due anni e mezzo ammontano secondo la Bce a oltre 300 miliardi di euro. [7] Nel 2011 la Grande Fuga dei capitali all’estero (quella accertata dalla Guardia di Finanza) ha raggiunto gli 11 miliardi. [8]
Il 26 per cento degli 11 miliardi è fuggito attraverso società con sede legale all’estero e attività produttive stabili ma occulte nel nostro Paese. Carlo Bonini: «Il 18 per cento con l’antico strumento elusivo della cosiddetta “estero-vestizione” di società e persone fisiche, lo specchietto per le allodole necessario a fissare fraudolentemente oltre confine la residenza fiscale di chi le tasse dovrebbe pagarle in Italia. Il 17 per cento, con quel gioco di vasi comunicanti detto “transfer pricing”, la cessione di quote di reddito tra consociate con la cessione di beni o prestazione di servizi, per concentrare gli utili soggetti a tassazione sulla società del gruppo che gode di un regime fiscale estero di favore. Il 39 per cento, con “altre manovre evasive”. Ma c’è di più. Dal pozzo nero della nostra memoria degli anni ’70 e ’80 riaffiorano gli spalloni». [8]
I dati dei sequestri di valuta ai valichi normalmente utilizzati dagli spalloni hanno ripreso a crescere all’inizio della scorsa estate. [8] Marco Alfieri: «È bastata la paura dei prelievi forzosi e di una super tassa sulle rendite finanziarie paventati da un governo Berlusconi sotto attacco dello spread e dei mercati internazionali che in pochi giorni nella banche di Chiasso non si trovassero più cassette di sicurezza. Nelle stesse ore agli sportelli di Locarno e Mendrisio s’intercettavano artigiani comaschi e varesotti con lo zainetto pieno di contante da depositare, “perché non si sa mai”». Secondo Bankitalia nel 2011 «sono stati prelevati da conti correnti 340 miliardi poi spariti dalla circolazione». E siccome i consumi languono, «è facile prevedere che parte di quel denaro abbia preso la strada di approdi sicuri, come la Svizzera». [9]
Nella partita fra guardie e ladri dove si gioca il futuro dell’Italia, i cattivi hanno molti soldi e molte vie di fuga. Gianfrancesco Turano: «La scappatoia più vicina, come da tradizione, è la Svizzera. A giugno del 2011 la stima dei depositi bancari nei vari cantoni era di 4.253 miliardi di franchi, oltre il doppio del Pil italiano, con una crescita del 10 per cento rispetto al 2010. Oltre metà di questa ricchezza, per un valore di 2.254 miliardi di franchi, è straniera. La stima del tesoro salva-Italia depositato nei cantoni elvetici oscilla fra i 150 e i 400 miliardi di euro. Se si applicasse un prelievo del 25 per cento come quello stabilito dagli accordi bilaterali Svizzera-Germania e Svizzera-Regno Unito, il fisco italiano recupererebbe una cifra tra 37,5 e 100 miliardi di euro. Ci sono state guerre per molto meno». [10]
Il segreto bancario svizzero è da tempo sotto assedio. Turano: «La nuova mecca del binomio evasione-riciclaggio è Singapore dove ogni banca svizzera che si rispetti ha aperto una branch. Il caso Enelpower, un processo per 27 milioni di euro di tangenti avviato da Francesco Greco nel 2003 e arrivato alla sentenza di primo grado nel settembre 2011, ha mostrato che gli istituti di credito elvetici provvedevano a trasferire il denaro dei corrotti per via telematica verso il paradiso asiatico. Lì l’azione di recupero dei fondi si è rivelata impossibile anche per la magistratura. Ma ormai tutti i circuiti di alto livello funzionano con le compensazioni tra banche che sfuggono alle maglie del monitoraggio fiscale dei movimenti valutari e consentono di applicare commissioni robuste». [10]
Con la Svizzera sulla lista nera del fisco (gli italiani con patrimoni o attività industriali oltre la dogana di Ponte Chiasso devono giustificarne l’esistenza e la legittimità), molti optano per i trucchi garantiti dai Paesi in regola, dove spetta al fisco italiano provare l’evasione. Per questo hanno un grande successo (non solo tra gli italiani) i trust di diritto britannico: nel caso uno degli amministratori fiduciari sia straniero, diventano apolidi rendendo tutto quello che c’è dentro esente da tasse. Turano: «La nuova frontiera - e l’Inps non mancherà di apprezzarlo - sono i pensionati con trattamenti da centinaia di migliaia di euro annui che fingono di andare a vivere a Cipro sulla falsariga dello schema londinese del “resident but not domiciled” che già ha inguaiato la star del MotoGp Valentino Rossi». [10]
La fuga degli investitori riguarda tutta l’area euro, non solo la cosiddetta “periferia” composta da Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia. Fubini: «Il fenomeno della rinazionalizzazione dei capitali colpisce la Germania quanto l’Italia, la Francia come la Spagna; se Spagna e Italia ne soffrono più di Germania o Francia, è semplicemente perché le economie dell’Europa del Sud hanno molto più bisogno di capitali esteri per finanziare i propri debiti e così continuare a funzionare. È come se l’invisibile ragnatela del denaro che tiene unita l’area monetaria, l’infrastruttura dell’euro, si stesse sfaldando e ritraendo mese dopo mese. Chi ha bisogno del denaro altrui per vivere, perché ha troppi debiti, avverte questo fenomeno come una carenza di liquidità che rallenta i pagamenti, soffoca le imprese, distrugge i posti di lavoro». [2]
In Italia i deflussi di depositi si erano fermati dopo l’estate, da febbraio ad aprile c’è stato un netto recupero, adesso si aspettano dati affidabili su maggio e giugno. Fubini: «Le due correnti, rimpatrio dei fondi e fuga dei capitali, viaggiano allo stesso tempo e sono alimentate da un timore comune: che l’euro un giorno potrebbe non esserci più; ma sono proprio queste due correnti che ne mettono in pericolo la sopravvivenza, e l’incertezza che ne deriva a sua volta alimenta i flussi perversi di capitale. La spirale si può spezzare, occorre un accordo al massimo livello politico come lo fu Maastricht nel ’91. Ma i dati della Banca centrale europea e quelli della Banca dei regolamenti internazionali mostrano che l’avvitamento è in corso ed è partito quando in Occidente l’accumulo di debito è arrivato a livelli insopportabili». [2]
Il primo Paese dell’Eurozona a saltare potrebbe essere Cipro. Del Frate: «Grazie a una politica fiscale molto spinta ha visto crescere i depositi presso le sue banche del 60% in 5 anni». [5] Luigi Dell’Olio: «In termini assoluti, il debito cipriota ammonta a meno di 13 miliardi di dollari, quindi da solo non è in grado di mettere a repentaglio l’unione monetaria, e questo potrebbe spiegare il perché il Paese non sia ancora stato coinvolto in un piano di aiuti internazionali». Si stanno replicando gli stessi errori già visti nel caso greco? Claudia Segre, segretario generale di AssiomForex: «Senza interventi rapidi, i problemi crescono e si rischia un effetto valanga in grado di coinvolgere anche gli altri mercati periferici dell’area». [11]
Note: [1] Tito Boeri, la Repubblica 24/5; [2] Federico Fubini, Corriere della Sera 14/6; [3] Ettore Livini, la Repubblica 29/5; [4] Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 14/6; [5] Claudio Del Frate, Corriere della Sera 18/5; [6] Corriere della Sera 1/6; [7] Marco Galluzzo, Corriere della Sera 31/5; [8] Carlo Bonini, la Repubblica 28/12/2011; [9] Marco Alfieri, La Stampa 17/2; [10] Gianfrancesco Turano, L’Espresso 21/12/2011; [11] Luigi Dell’Olio, Affari & Finanza - La Repubblica, 11/6.