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 2012  giugno 16 Sabato calendario

E in cucina spopolano i piatti della crisi - L’acqua costa un “german euro” scherza l’uomo del chiosco

E in cucina spopolano i piatti della crisi - L’acqua costa un “german euro” scherza l’uomo del chiosco. Neanche tanto. È sulla bocca di tutti l’articolo del Financial Times Deutschlandche esorta a non votare Tsipras. “Ovvio che faremo il contrario», ridacchia Yannis, anzi: «ovvio che i tedeschi l’hanno fatto apposta perché sanno che la prendiamo come una provocazione e ci vogliono buttare fuori dall’euro». Ha un banchetto di frutta e verdura al mercato e indica le albicocche: «per colpa della Merkel ho dovuto abbassare i prezzi del 20%». Eppure, un chilo costa 2,99 euro, poco meno che in Italia. La lamentela più ricorrente: molti greci dicono di avere «stipendi bulgari e prezzi italiani». E Georgios, al banco del pesce, vende quasi solo alici. «Prima vendevo 20-30 chili di pesce al giorno spiega -, adesso sette. E il pesce spada resta lì». A 23 euro il chilo è inaccessibile per gli stipendi da 700 euro. A qualcuno le cose non vanno invece malissimo. Sempre per la crisi. Tzanis è sdraiato su una delle sedie del suo grazioso caffè dall’aria viennese. Accanto, due ragazze dall’aria annoiata. È mezzogiorno e il bar “L’arret du temp” è strapieno. Tzanis fa una piccola pausa teatrale: «Qui le cose vanno benissimo. Ai greci hanno tolto tutto ma non il caffè. L’unica domanda che cresce è quella di caffè». E il caffè costa più che in Italia «perché noi ci stiamo le ore, qui ai bar, mentre voi lo prendete in piedi, al bancone». Non fa una piega. Ad Atene c’è anche chi si è occupato scientificamente dell’alimentazione ai tempi della crisi e ha sfornato un libro di successo. È Eleni Nikolaidou, insegnante e ricercatrice, ha 22 libri alle spalle, perlopiù accademici. Il 23simo è diventato un caso. Ha scartabellato 6.000 articoli dei tempi dell’occupazione nazista della Grecia, del periodo che va dal 1941 al ’44. «Rimasi scioccata. Sa, i giornali sono lo specchio della vita e ne scovai uno che dava consigli su come conservare le briciole di pane». Da allora la scrittrice ha seguito un filo rosso: cosa cucinare ai tempi della crisi, come sopravvivere con niente. «Mai mi sarei aspettata di vendere quindicimila copie con un libro scientifico». Il libro si chiama Le ricette della fame e, sostiene Nikolaidou, «si è trasformato da solo in un ricettario per la crisi. Ci sono consigli su come imparare a non buttare via niente e a riutilizzare tutto, per esempio facendo grandi zuppe. Oppure, c’è una ricetta per rendere il sapore delle melanzane molto simile alla carne, una ricetta tipica per quando la carne non c’è, come nei periodi di guerra, o quando nessuno la può comprare, come adesso. E i tre ingredienti chiave erano la rezina, cioè un nostro vino tipico, l’uvetta e la verdura». Le Ricette della fame suggeriscono, tra l’altro, di masticare tanto e lentamente, per alleviare i morsi della fame. Nikolaidou non è diventata ricca col libro. Dalle elezioni di domani si attende «un segnale di speranza e non di paura, che consenta a mio figlio di avere una prospettiva di lavoro e di vita. Ha 24 anni, ha finito l’università, se non gli danno speranza se ne andrà all’estero. E io non voglio».