Giulia Zonca, La Stampa 16/6/2012, 16 giugno 2012
Prima di mettersi d’accordo bisognerà che Spagna e Croazia trovino un terreno comune, come minimo
Prima di mettersi d’accordo bisognerà che Spagna e Croazia trovino un terreno comune, come minimo. Va bene la lingua, sono problemi che si superano e al limite Rakitic, che gioca nel Siviglia, può fare da portavoce ma non c’è un solo punto di contatto in queste due nazionali che al momento sembrano indifferenti alle nostre psicosi. Come dice Trapattoni: «Nel calcio vale tutto», ma per stare ai fatti veri o anche ai ricordi tristi, il famoso accordo nordico tra Svezia e Danimarca si annusava anche lontano dal campo. Stessa identità, un senso di appartenenza che rendeva l’inciucio naturale, accenni, intese e calciatori a braccetto. Immagini che qui è difficile ipotizzare. Dopo aver spianato l’Irlanda, gli spagnoli si sono presi un pomeriggio libero e il «pacto» non è esattamente il tema del giorno. Garanzie e sorrisini, i campioni del mondo si trattengono dal dire che non ci temono affatto e che eliminarci dal torneo (dove tra l’altro potrebbero incrociarci di nuovo solo in finale) non è è esattamente una loro priorità. Tante alzate di spalle e una sola battuta di Piqué: «Noi giochiamo per vincere e se poi esce un pari non provate a dire che l’abbiamo fatto apposta». Servito il dubbio torna anche a lui a occuparsi del torneo che più impegna i giocatori della Roja: scalextric. Sarebbe una pista per macchinine e i nazionali ci passano le ore, sono partiti da sfide casuali e ora hanno il tabellone con i punti, il circuito occupa mezza stanza e ci sono pure le micro tribune. Da una parte l’autopista in plastica e dall’altra un pullman con il sottofondo di «Lijepa li si», canto nazionalistico croato scelto come colonna sonora del viaggio anticipato. La squadra di Bilic è rientrata a Warka (80 km da Varsavia) la scorsa notte «per avere duegiorni interi di lavoro sulla Spagna». Il ct è teso, è passato da mr Europeo, con il cappellino di lana che fa tendenza e l’occhio penetrante, a imputato: «Ma che devo fare, giustificarmi per un pareggio con l’Italia? Come fate a non vedere che il nostro gioco si sta evolvendo?». Crocifisso della critica, ha scacciato l’ipotesi-intesa con una smorfia seccata: «Ma non scherziamo, non è certo il mio approccio alla partita». Altri hanno rispedito i sospetti al mittente, come Corluka, il playboy della squadra. Foto stabile sui tabloid in compagnia di modelle e starlette (non per niente gioca in Inghilterra) e una certa tendenza a paparazzarsi da solo su facebook. Ha fatto luccicare l’occhio azzurro e ha ammiccato: «Combine? Questa parola suona familiare agli italiani, sarà meglio che guardino a casa loro». Il veleno si diffonde facile, qualcuno attribuisce al capitano Srna accuse ancora più dirette a Buffon («Forse lui è abituato a scommettere, noi no»), anche se sono voci di terza mano condite da postille tipo «scherzava» o «lo avevano male informato su quel che ha detto il portiere italiano». Resta il fatto che i croati sono seccati, fanno la voce grossa. Spagna e Croazia non si conciliano, dovrebbero trovare un’improvvisa comunione di intenti lunedì negli spogliatoi di Danzica, che va bene è la città del sindacato e ha unito posizioni piuttosto distanti ma avevano l’anticomunismo a smussare gli opposti. Qui servirebbe l’anti italianità o la paura di restare fuori e una delle due squadre sente inni patriottici, l’altra gioca con le macchinine. Non sembrano spaventati. Men che meno amici. Se vogliamo pensare male lo stesso si può fare, purtroppo il biscotto non è impossibile, è persino facile, ma tradurlo in un concreto scambio di cortesie sembra ancora uno scenario irreale.