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 2012  giugno 15 Venerdì calendario

Follia cacciare chi ha salvato l’Inps - Se in una città fra le più in­dustriose del Nordest un noto editorialista della Repubblica , un professo­re universitario prudente e prepa­rato, incontra per strada il diretto­re del quotidiano locale e gli dice che Elsa Fornero è il peggior mini­stro del Lavoro nella storia d’Ita­lia, la più incompetente nella sua smisurata presunzione, «un’au­tentica calamità per questo no­stro Paese», forse è il caso che il premier Mario Monti cominci a considerare l’ipotesi d’essersi sba­gliato

Follia cacciare chi ha salvato l’Inps - Se in una città fra le più in­dustriose del Nordest un noto editorialista della Repubblica , un professo­re universitario prudente e prepa­rato, incontra per strada il diretto­re del quotidiano locale e gli dice che Elsa Fornero è il peggior mini­stro del Lavoro nella storia d’Ita­lia, la più incompetente nella sua smisurata presunzione, «un’au­tentica calamità per questo no­stro Paese», forse è il caso che il premier Mario Monti cominci a considerare l’ipotesi d’essersi sba­gliato. A parte piangere in pubbli­co ( non la biasimo: capita anche a me) e farsi riprendere dai telegior­nali in circostanze ufficiali col ma­rito, l’economista Mario Deaglio, che le trotterella al fianco scodin­zolante (non sta bene: legittima il sospetto che ne sia la ventrilo­qua), finora la tagliatrice di teste sabauda s’è segnalata solo per i pa­sticci che ha combinato, peraltro annunciati con un tono professo­rale e declamatorio che la rende insopportabile. Per salvarsi dall’ultimo, quello dei 390.000«esodati»che con la ri­formaFornerosull’etàpensionabi­le si ritrovano senza lavoro, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali in attesa di un vitalizio che arriverà fra due o tre anni, il mini­stro­pretende a gran voce la decapi­tazione di Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps.In altre paro­le vorrebbe privare l’istituto della persona che l’ha fatto funzionare al meglio. Un’aquila, questa don­na. Per stare alla folgorante conclu­si­one dell’ex ministro Renato Bru­netta, «è come se la Fornero chie­desse le dimissioni della bilancia perché il suo peso non le piace». Far dimettere il responsabile del più importante ente previden­ziale d’Europa (24,5 milioni di iscritti e 35.000 dipendenti) ha più a che vedere con l’allergologia che con l’economia.Non so se ave­te presente chi erano i presidenti dell’Inps nel passato. C’è stato Massimo Paci, che arrivò al punto di sfiduciare il governo al quale do­veva rispondere. C’è stato Gianni Billia, costretto a rassicurare gli italiani dai microfoni di Radio 3: «Non porteremo i libri in tribuna­le ». Ci andò vicino. Del resto era l’Inps di Affittopoli,delle case con­cesse a prezzi di saldo a politici e sindacalisti. Mastrapasqua lo eb­be in consegna nel 2008, primo presidente nominato all’unanimi­tà da Camera e Senato col consen­so di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindu­stria, Confcommercio, Confarti­gianato, Confagricoltura. Come l’ha gestito finora? Qualcosa cre­do d’aver visto il giorno in cui il pre­sidente mi diede appuntamento nel palazzo dell’Eur alle 8, che nel fuso orario di Roma corrispondo­no alle 5 del mattino di Milano. Questo manager di 52 anni, co­stretto a vivere sotto scorta, era già arrivato in ufficio alle 7.15, come ogni giorno, in tempo per convo­care un quarto d’ora dopo i diretto­ri dei vari dipartimenti. A quella data, dicembre 2010, aveva mes­so in cascina, dopo anni di passivi da brivido, un attivo di 22 miliardi di euro, oggi saliti a 23 con un patri­monio netto di quasi 41 miliardi depositati presso la Tesoreria del­lo Stato. Il tutto a fronte di uscite annue pari a 195,8 miliardi, che salgono a 260,8 se si conteggiano le pensioni di Inpdap ed Enpals. Pochi sanno che l’Inps eroga qual­cosa come 300 servizi diversi, tan­to che il suo bilancio (entrate più uscite) di 574 miliardi (750 se si comprendono anche Inpdap ed Enpals) è il secondo dopo quello dello Stato, con un’incidenza sul Pil pari al 18 per cento per il solo Inps e del 24 per cento includen­do le altre due sigle previdenziali. «Si può chiudere un municipio, ma non una sede dell’Inps», mi disse Mastrapasqua in quell’occa­sione. «Se salta il nostro istituto, va a fuoco l’Italia.A Terzigno,pro­vincia di Napoli, 52 abitanti su 100 sono assistiti da noi». A me sembra che Mastrapa­squa ami più di qualsiasi altro pre­sidente del passato quello che un tempo veniva definito «carrozzo­ne ». Questione di imprinting: da bambino già faceva pazientemen­te la coda agli sportelli dell’Inps. I suoi genitori, Loreto e Rosanna, consulenti del lavoro, se lo porta­vano appresso negli uffici non po­tendo permettersi una baby sit­ter. Laureato in economia e com­mercio con una tesi sui fondi pen­sione, il presidente della Previden­za sociale è nato come commer­cialista esperto nel risanamento di aziende decotte, specialmente romane. Ha riportato in auge il pa­stificio Pantanella. Ha salvato la clinica Annunziatella. Se nel 1998 l’allora presidente della Comuni­tà ebraica della capitale, Sandro Di Castro, e il rabbino capo Elio To­aff decisero che bisognava fare uno strappo alle tradizioni di cui sono gelosi custodi e affidarsi a lui - un goi, un estraneo - per salvare l’unico ospedale israelitico d’Eu­ropa, avranno avuto i loro buoni motivi. E infatti le tre cliniche fra l’Isola Tiberina e la Magliana, che stavano chiudendo strangolate dai debiti, con un anno di terapia Mastrapasqua sono rifiorite e og­gi quelli con la stella di David ven­gono considerati fra i migliori isti­tuti di cura convenzionati. Mastrapasqua è il presidente che ha strappato alle Regioni e ai Comuni il potere di concessione delle pensioni d’invalidità, la­sciando alle Asl solo la visita medi­ca. Ha ordinato di passare ai tele­giornali le immagini dei finti cie­chi filmati dalle Fiamme gialle mentre leggono il giornale. Ha de­nunciato alla Corte dei conti, alle Procure e agli Ordini di apparte­nenza i m­edici colpevoli d’aver at­testato patologie e infermità inesi­stenti, chiamandoli a risponder­ne in solido. In tal modo ha fatto di­minui­re del 20 per cento le doman­de di nuove pensioni e consentito la revoca di un altro 20 per cento di assegni indebitamente riscossi. Mastrapasqua è il presidente che come capo dell’audit ha nomi­nato un giovane generale della Guardia di finanza, Flavio Mari­ca, andando a cercarselo a Bari, la regione dove si registra la maggior parte degli 1,2 milioni di cause contro l’Inps, circa il 20 per cento dei processi celebrati in Italia, un’abnormità che comporta un ulteriore esborso di 300 milioni l’anno per spese legali. Mastrapasqua è il presidente che per primo ha avuto il coraggio di denunciare come nella sola Fog­gia sia pendente circa il 15 per cen­to dell’intero contenzioso nazio­nale dell’Inps e come tutti i 46.000 falsi braccianti iscritti nelle liste avessero fatto causa all’istituto. Di più:s’è recato di persona nel ca­poluogo pugliese a indagare e ha scoperto che l’ente previdenziale era costretto a difendersi da ricor­si presentati anche quattro o cin­que volte da vari avvocati, o addi­rittura sempre dallo stesso legale, nell’interesse di un unico assistito e sempre per la medesima presta­zione pensionistica. Risultato: su 122.000 cause, 25.000 sono state spontaneamente ritirate dalla mattina alla sera. Spesso gli avvo­cati le avevano avviate a nome di persone morte o inesistenti. Se c’è un tecnico che avrebbe di­ritto a stare nel governo dei tecni­ci, questi è Mastrapasqua. Per sua fortuna, e per nostra disgrazia, do­vremo tenerci la Fornero.