Matteo Cruccu, Paolo Ottolina, Marta Serafini Corriere della Sera 16/6/2012, 16 giugno 2012
Se non si hanno capitali per finanziare un’idea si può andare in banca. Oppure si può cercare un sostenitore privato
Se non si hanno capitali per finanziare un’idea si può andare in banca. Oppure si può cercare un sostenitore privato. O un aiuto pubblico. Ma se nessuna di queste strade è percorribile, come sempre più spesso capita per i giovani, si può provare con il «crowdfunding». Una forma di finanziamento «dal basso» («crowd» vuol dire folla) che sfrutta il web. Ci sono appositi siti, come l’americano Kickstarter.com, sui cui i progettisti pubblicano un’idea e chiedono agli utenti di pagare una quota che li aiuti a raggiungere l’obiettivo stabilito. Al termine del periodo, le proposte di sostegno si trasformano in versamenti veri e propri. Chi paga lo fa per sostegno ideologico, per fiducia verso il progettista ma anche perché ottiene vantaggi concreti, come una prelazione sull’acquisto o sconti. Dalla tecnologia, al giornalismo alla musica, ecco come funziona in Italia. L’idea giusta per comandare i robottini Seimila euro per giocare coi Lego. Detta così sembra una pazzia, eppure Daniele Benedettelli ce l’ha fatta, raccogliendo la somma col crowdfunding attraverso la piattaforma italiana Eppela. Anche se «giocare coi Lego» è un’espressione ingenerosa. Perché i mattoncini sono quelli della versione più adulta, Mindstorms: «Il modo più semplice per insegnare la robotica a scuola» riassume Daniele. E con quei 6 mila euro il nostro non doveva esattamente «giocare» quanto avviare la produzione di un oggetto complesso. Un modulo in grado di comandare a distanza, via web, i robot creati con Mindstorms. Daniele ha 28 anni, è laureato con lode a Siena in Ingegneria informatica con indirizzo Robotica e automazione. Ha incontrato i set Lego 10 anni fa: «Ci passavo il mio tempo invece di studiare per la maturità» scherza. Nel 2006 la svolta, quando la famiglia dei «mattoncini evoluti» fa un passo avanti diventando Minstorms NXT e guadagnano una serie di sensori e interfacce programmabili. Nasce una comunità attivissima. Benedettelli viene scelto da Lego con altri 99 nel mondo per testare in anteprima i prodotti e fare divulgazione (ha 2 libri sull’argomento all’attivo e un altro in programma per l’anno prossimo). Nel frattempo, dopo «un’esperienza mortificante» in un’azienda, aveva trovato il supporto degli italiani di OpenPicus. «Con loro abbiamo scelto il crowdfunding per dare un segnale e capire se il modello di business funzionava». Ha funzionato, grazie anche alla credibilità di cui Benedettelli godeva nella comunità Mindstorms. Ma non è stato facile. «Dopo la scadenza del progetto mi sono ritrovato con 600 euro in meno rispetto alle promesse. Poi ho recuperato». Tra un mese la produzione del Nxt2Wifi (questo il nome dell’idea finanziata) sarà completa e i primi esemplari spediti ai sottoscrittori. Quel desiderio di seguire le elezioni americane Un contributo gli è arrivato da una pensionata della Florida che gli ha donato 25 dollari. Un altro dal sindaco di un piccolo paese veneto. Andrea Marinelli, 29 anni, giornalista freelance è negli Usa per seguire le primarie. Viaggia a sue spese. Di giorno va ai comizi dei candidati e la sera trova ospitalità sul divano di chi capita. Sul suo blog (http://andreamarinelli.wordpress.com/) si è definito il «paisà» che racconta l’America divano dopo divano. I lettori italiani lo seguono, lo incoraggiano. Ma, anche se arrivano le proposte di corrispondenze dai più importanti giornali italiani, i soldi non bastano mai. «Ero su un volo per Atlanta quando mi sono reso conto di avere solo 100 dollari in tasca», racconta. Questo giovane giornalista però non si perde d’animo: «Volevo continuare a fare il mio lavoro». Un amico gli dà lo spunto. «Perché non provi a fare crowdfunding?» «All’inizio ero dubbioso, poi in pochi giorni ho raccolto i 2.000 dollari che mi servivano per continuare il viaggio». Tutto facile? «Credo che questa forma di finanziamento funzioni solo se si dimostra di voler portare a termine un progetto valido e che il pubblico percepisca come utile. Nel mio caso i soldi sono arrivati dai lettori del blog che già mi spronavano ad andare avanti». E se il denaro ricevuto non permette certo ad Andrea di dormire nei grandi alberghi insieme ai suoi colleghi delle grandi testate, un vantaggio c’è: «Sono indipendente e dovendomi arrangiare riesco a conoscere le persone e le situazioni più diverse». Con risvolti, a volte, anche divertenti: «Una sera mi sono trovato a dormire a casa di un ragazzo che aveva appena litigato con la fidanzata, con lei che l’aveva cacciato sul divano. Un’altra, invece, ero con un collega costretto a usare il ripiano del bagno come scrivania». Aneddoti e storie, dunque, che vanno al di là del lavoro giornalistico. E che Andrea sta raccogliendo in un libro. L’editore? «Se non lo trovo con i mezzi tradizionali, userò di nuovo il crowfunding». Come dire che a volte anche i progetti più ambiziosi sono raggiungibili. Senza scendere a troppi compromessi. Dischi e produzioni una strada da esplorare E in musica? In America il crowdfunding è già una realtà consolidata in ambito musicale. L’artista, già di media — se non gran — fama, dopo aver consolidato il rapporto fiduciario con legioni di fan su Twitter, Facebook e altri social meno noti, si fa finanziare il disco direttamente sul già citato Kickstarter o PledgeMusic. È il caso, ad esempio, di Amanda Palmer, già metà dei Dresden Dolls, una tra le band più interessanti uscita dal calderone underground Usa negli ultimi anni: la signora ha mandato a quel paese le discografiche e si è prodotta il nuovo album, via crowdfunding, oltre un milione di dollari raccolti dai seguaci. E in Italia? Se anche da noi il web è ormai il mezzo principe per promuovere la musica, la scena del crowdfunding è però ancora immatura: esiste sì qualche sito come ProduzionidalBasso e Boomstarter, ma siamo su numeri molto bassi: «Il crowdfunding per ora ha avuto più senso per altre arti, come il cinema e la documentaristica». È ancora presto per il romano Niccolò. Ovvero il cantante e produttore dei Cani: nome di una band in verità formata da lui solo, forse la realtà sonora più importante uscita dalla rete italica negli ultimi due anni. «Sono partito con un video virale su YouTube, senza alcuna nota biografica, senza volto: parlava solo la mia musica. È piaciuto: ho trovato subito un’etichetta». La strategia del mistero ha funzionato e funziona: ci sono pochissime immagini di Niccolò. Che si ostina a non voler rivelare il suo cognome: «Io sono venuto fuori all’epoca di Myspace. Dove c’era un’overdose di fotografie e immotivate bio». Se Myspace nel frattempo è collassato, il crowdfunding non ha dunque ancora attecchito da noi: «Ma in musica non ci vogliono molti soldi per far partire un progetto: le tecnologie consentono di tagliare i costi di produzione. Quello che ci vuole all’inizio sono le idee, niente altro». Matteo Cruccu Paolo Ottolina Marta Serafini