Mario Sensini, Corriere della Sera 15/06/2012, 15 giugno 2012
DIMISSIONI DI BENI PUBBLICI UNA PARTITA DA 500 MILIARDI —
Potrebbe decollare già oggi dal Consiglio dei ministri la dismissione di una prima piccola porzione degli immobili e degli attivi dello Stato, un patrimonio che secondo il Tesoro vale tra i 4 e i 500 miliardi di euro. Il governo dovrebbe esaminare e approvare un decreto legge necessario per modificare le regole del federalismo demaniale e favorire, così, la creazione di un fondo immobiliare per la valorizzazione e la dismissione degli immobili devoluti dal Demanio alle Regioni e agli enti locali. Accanto a questo fondo, nei progetti più immediati del governo ce ne sono almeno altri due, uno per collocare sul mercato le aziende municipalizzate che i Comuni dovranno cedere entro la fine del prossimo anno, un altro ancora per dismettere immobili degli enti locali.
Sullo sfondo restano operazioni di razionalizzazione anche più ambiziose centrate sulla Cassa depositi e prestiti, destinata a diventare uno degli strumenti principali su cui il governo intende far leva per dismettere il patrimonio e ridurre il debito pubblico. Potenzialmente, immobili, partecipazioni, infrastrutture, risorse naturali e beni culturali pubblici avrebbero un valore di 1.800 miliardi di euro, dei quali 675 fruttiferi. Il patrimonio effettivamente disponibile, tuttavia, sarebbe pari a 400-500 miliardi, tanto quanto valgono, all’incirca, gli immobili dello Stato, ai quali si sommano 13 mila partecipazioni societarie. Solo quelle di rilievo nazionale hanno un valore stimato di 44 miliardi di euro.
Oggi stesso il governo dovrebbe avviare la discussione sui primi progetti concreti da realizzare: tenendo conto delle difficili condizioni del mercato, e i pochi acquirenti, in questa fase si punta a individuare gli strumenti e valorizzare i beni. Si parlerà probabilmente del conferimento di Sace e Fintecna, che valgono 9 miliardi di euro, alla Cassa Depositi , e si farà il punto sui fondi per le dismissioni degli enti locali. Quello per la valorizzazione dei beni del federalismo demaniale sarebbe intestato all’Agenzia del Demanio e dovrebbe avere una dotazione finanziaria variabile tra gli 800 milioni e il miliardo e mezzo. Un altro fondo servirebbe a Comuni, Regioni e Province per dismettere i beni immobili dei quali sono già oggi proprietari e che, altrimenti, sarebbe difficile monetizzare direttamente. Il terzo fondo in rampa di lancio, anche questo targato Cassa depositi e con un capitale di circa un miliardo, servirà invece ad acquistare dai Comuni le società che svolgono servizi pubblici locali e che, per legge, devono in gran parte essere cedute entro la fine dell’anno prossimo.
I sindaci, che hanno suggerito al governo la costituzione dei tre fondi, sono soddisfatti. «L’attivazione di questo processo sarebbe molto utile per le casse municipali» dice il presidente dell’Anci, Graziano Delrio. «Regioni, province e comuni hanno un patrimonio importante che troppo spesso non riescono a salvaguardare e preservare senza svendere», aggiunge il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, mentre la Cgil si dice preoccupata per il progetto di dismissione delle aziende pubbliche locali.
Lentamente, e soprattutto compatibilmente con i mercati, il processo di privatizzazioni ricomincia dunque a mettersi in moto. La dismissione dei beni pubblici, sottolineava proprio ieri il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, è del resto una delle poche leve a disposizione del governo per reperire risorse da destinare alla crescita. E l’operazione di dismissione del patrimonio degli enti locali, soffocati dal Patto di stabilità interno e a corto di soldi, secondo il Pd, è il passo giusto con il quale iniziare. «Se è quello che penso, ed è la proposta dell’Anci, è una cosa positiva. Va ben organizzata, non è una mole epocale» ha sottolineato il segretario Pier Luigi Bersani.
Mario Sensini