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 2012  giugno 15 Venerdì calendario

SI FA SERA


Nel pieno della beatlesmania, 1965. Non più solamente dischi e concerti, ma anche un film: Help!. E fin qui i giovani. Per il mondo dei matusa, a febbraio Mariano Rumor è eletto segretario nazionale della Democrazia Cristiana, mentre Aldo Moro è presidente del Consiglio, in carica dall’estate dell’anno prima. Se rileggiamo oggi la lista dei ministri è un altro mondo, con qualche eccezione. Attilio Piccioni alla Cassa per il Mezzogiorno, Luigi Preti alla riforma della Pubblica Amministrazione, Giuseppe Saragat al ministero degli Affari Esteri, Oronzo Reale al ministero di Grazia e Giustizia e così via fino a Emilio Colombo al Tesoro e Giulio Andreotti alla Difesa: ecco le eccezioni di lungo corso. D’estate si parla della vittoria di Felice Gimondi al Tour de France e dell’inaugurazione del traforo stradale del Monte Bianco: storica la fotografia dei due presidenti della Repubblica francese e italiana. Camminano affiancati Charles de Gaulle e Giuseppe Saragat, eletto proprio in quel 1965: dietro di loro, la Lancia Flaminia presidenziale e i corazzieri sulle Moto Guzzi, nonché undici chilometri di galleria per unire Italia e Francia.

Cocco, cocco bello. È un’estate calda, di vacanza, con le giornate segnate da suoni particolari: le canzoni del “Disco per l’estate”, il venditore di cocco e la sua litania, nella quale si individuava a malapena la parola cocco e il prezzo (5 lire una fetta, 10 lire tre fette). Immancabile la barca di legno a motore per fare un giro al largo: anche lei si faceva annunciare da dischi diffusi da un altoparlante gracchiante, seguiti dalla voce di un signore che invitava tutti i bambini, sempre pronti a correre verso la barca. Poi le radio a transistor, per ascoltare musica e programmi sotto gli ombrelloni. I programmi si commentavano dando segno di avere dimestichezza con il protagonista: se era un attore, lo si era visto a teatro, se era un personaggio, se ne conoscevano particolari delle vita privata. Ecco le chiacchiere da ombrellone. E di sera, al locale notturno, spazio a quelle storie strane, costruite su corteggiamenti lunghissimi: le ragazze a fingere disinteresse per fare in modo di ottenere l’interesse dei ragazzi. I ragazzi a fingersi playboy, sempre pronti a cadere alla prima lacrima. Sulle terrazze, le feste da ballo con il mangiadischi: oggi un oggetto di modernariato, ieri accolto come una rivoluzione in grado di permettere l’ascolto del 45 giri ovunque, persino in spiaggia, al tramonto. In quel 1965, a ferragosto, davanti al falò si stonava insieme Notte di ferragosto con le pile tubolari in via di esaurimento. Ma si stonava anche Si fa sera, sempre di Gianni Morandi e l’una si specchiava nell’atmosfera dell’altra. Per una (Notte di ferragosto), era calda la spiaggia e caldo il mar a contrapporsi ad un cuore freddo, abbandonato. Per l’altra (Si fa sera), siamo solo noi due / a due passi dal mare / quando è finita / una lunga giornata… Ed era subito sera. Si fa sera, sigla di coda di una bella trasmissione televisiva: Mare contro mare, in cui gareggiavano le genti del Tirreno contro quelle dell’Adriatico. Si fa sera chiudeva tutto: lenta, romantica, interpretata (ballando) da Helen Sedlak e Paolo Gozlino, ballerini insuperabili in arrivo direttamente da Biblioteca di Studio Uno. Ballavano al tramonto, su una spiaggia deserta, di fronte all’isola di Gallinara e tutti vivevano la più bella delle nostalgie: la nostalgia del presente. Perché ci si identificava nella storia di questi due innamorati, separati per tutta la giornata, ma pronti ad abbracciarsi al tramonto, in riva al mare sulla calda sabbia… noi due, noi soli e il mare. Bella, bellissima con l’arrangiamento di Ennio Morricone, con le voci incredibili dei Cantori Moderni di Alessandroni (a proposito: mai più sentiti arrangiamenti del genere), con le parole di Antonio Amurri e la musica di Bruno De Martino (un’altra eccezione, come quelle nel governo: Morandi, per quella sera, aveva tradito la coppia Migliacci Zambrini con cui si era affermato ovunque). Anche qui, un altro mondo inutile da descrivere. Basti una circostanza: in quel 1965 le sigle di coda scorrevano fino all’ultimo secondo, lente, romantiche: per chiudere le serate con quella nostalgia del presente, oggi passata e remota.