Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 14/6/2012, 14 giugno 2012
MERKEL CI AFFONDERÀ
La preoccupazione del presidente Mario Monti è tutta in un lapsus: “Lo spread con il marco”, dice parlando alla Camera, dopo aver riassunto un articolo del Financial Times abbastanza positivo nei suoi confronti. Perché la tenuta dell’euro ormai non è più scontata, ma soprattutto è sempre più chiaro che dipende tutto dalla Germania. O meglio, dipendeva. “C’è il fondato timore che Angela Merkel non cambi affatto idea”, sostiene un preoccupato Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc che ha partecipato con Angelino Alfano (Pdl) e Pier Luigi Bersani (Pd) al vertice d’emergenza, a Palazzo Chigi, martedì sera.
UNA RIUNIONE che è servita a ricompattare i partiti della maggioranza, con Casini che ha anche proposto una mozione da votare la settimana prossima per dare più forza al governo in Europa. Ma c’erano due elefanti nella stanza, per dirla all’inglese, che tutti vedevano ma non volevano nominare: un fallimento totale del vertice europeo di fine giugno, quello che dovrebbe certificare la svolta verso la crescita, e la necessità di fare una manovra correttiva, l’ennesima, per correggere conti pubblici scombinati dallo spread e dal terremoto (la spending review sta già diventando una manovrina da 14 miliardi in due anni). Casini lo ha ribadito a Monti, “il Paese non può sopportare altri sacrifici”. Che arriveranno comunque, a cominciare dall’aumento dell’Iva in autunno. Nel pomeriggio Monti evoca anche le privatizzazioni, finora mai sfiorate dai tecnici: “Abbiamo predisposto dei veicoli, fondi immobiliari e mobiliari, attraverso i quali convogliare in vista di cessioni attività mobiliari e immobiliari del settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale”. Si riferisce a un piano delineato ai Comuni in una riunione lunedì sera, che prevede il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti (la prima operazione potrebbe essere l’acquisto da parte di Cdp del 21 per cento di Acea messo in vendita dal Comune di Roma).
Ma è dall’Europa che passa il destino dell’Italia nella crisi. L’amministrazione Usa, ieri sera, ha detto che al G20 della prossima settimana non ci si attendono progressi e sono preoccupati per la crisi bancaria, il presidente Barack Obama sollecita “più chiarezza ai leader europei sulle misure anticrisi prima del Consiglio Ue di fine giugno”. Ma alla Camera Monti lascia intendere che difficilmente succederà qualcosa di concreto al Consiglio europeo del 28 giugno: “Eurobond, project bond e redemption fund non saranno operativi quest’anno ma devono rimanere sul tavolo”. E se la Merkel resterà inamovibile, bisogna pensare una nuova strategia.
IL PD, CON BERSANI,
l’ha già annunciata: se dal vertice di Bruxelles di fine giugno non usciranno misure complessive a difesa dei Paesi più deboli, l’Italia dovrà rinegoziare la propria posizione individualmente, facendo pesare gli sforzi fiscali dell’ultimo anno. Alfano è più bellicoso e nel suo discorso avverte: “Sappia la Merkel che se continua con questa linea, il Parlamento italiano potrebbe avere reazioni negative”. Ovvero bocciare il fiscal compact che, essendo un trattato internazionale (e non un pezzo della normativa comunitaria), deve essere ratificato dalle Camere. E pensare che per qualche giorno Monti e la Merkel avevano pensato di approvarlo in contemporanea, proposta poi saggiamente accanto-nata.
Poche ore dopo che la Camera ha esternato il malumore anti-tedesco, il premier arriva a Berlino per ricevere un premio per la “leadership responsabile” alla Esmt, una business school. A consegnare il premio è Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze che incarna l’anima più inflessibile e rigorista del governo Merkel. Il più contrario alla messa in comune del debito, perché, sostiene, “i bassi tassi di interesse che abbiamo avuto in tutti i Paesi europei, dopo l’introduzione della moneta comune e fino alla crisi dei subprime statunitensi, hanno contribuito a far sì che alcuni Paesi europei abbiano rimosso la necessità di assicurare la competitività attraverso costanti riforme strutturali”. E quindi è giusto che oggi paghino il conto della loro pigrizia.
OGGI MONTI vedrà a Roma il presidente francese François Hollande, la settimana prossima a Roma assieme a loro ci sarà anche la Merkel. Ma le ritualità diplomatiche da crisi non sono mai sembrate così lente rispetto ai mercati. Gli spread restano alti (ieri a 470 per l’Italia), le Borse non recuperano le perdite di questi giorni e, soprattutto, le aste del debito pubblico italiano tornano a peggiorare: il Tesoro vende 6,5 miliardi a un tasso che schizza al 3,97 per cento dal 2,34 precedente.
Alla Camera, Monti ricorda che all’inizio del suo mandato aveva ricevuto “paterni e qualche volta materni consigli” di chiedere aiuto al fondo salva Stati europeo o al Fondo monetario (cioè ci sono state pressioni dalla Merkel e da Christine Lagarde, direttore del Fmi), ma l’Italia ha preferito fare da sola. Circola, in queste ore, il timore che anche adesso l’Italia potrebbe trovarsi a rivolgersi al Fmi molto presto. Magari dopo le elezioni in Grecia, se Atene dovesse uscire dall’euro.