Ettore Livini, la Repubblicai 15/6/2012, 15 giugno 2012
L’EURO
ALTRO che gli europei di calcio. La partita più importante del vecchio continente è quella che si gioca in questi giorni tra Madrid, Atene, Roma, Bruxelles e Berlino. In palio — tra elezioni greche, l’ennesimo Consiglio europeo “dentro o fuori” e i mercati sull’ottovolante
— il salvataggio dell’euro. Una sfida da 1X2, più incerta allo stato del torneo in Ucraina e Polonia. Aperta a tre soluzioni destinate in ogni caso a cambiare la vita di tutti noi.
IL LIETO FINE
È il sogno di tutti. Ma anche,
dicono in molti, lo scenario più difficile da realizzare. Prevede il successo del fronte pro-euro al voto ellenico (possibile ma non probabile) e la resa della speculazione, convinta che il tappabuchi da 100 miliardi per le banche iberiche è sufficiente a tamponare i guai della Spagna e prevenire il contagio sull’Italia. La vera svolta dovrebbe arrivare però dal Consiglio europeo del 28 giugno. Per i lieto fine servono un inversione a “U” di Angela Merkel e della Ue. Tradotto in soldoni, l’unione bancaria, l’ok ai project bond, più soldi al salva-stati e road map credibile verso gli Eurobond. Siamo al libro dei desideri. Ma se tra due settimane — dopo 18 inutili eurosummit — tutti i tasselli andassero a posto per miracolo, la crisi finirebbe con un conto finale di 495 miliardi. I soldi pagati per puntellare i conti di Grecia, Irlanda e Portogallo più quelli per le banche di Madrid.
IL PAREGGIO (FUORI CASA)
È la linea Maginot su cui si attestano gli euro-razionali. Convinti che l’Europa saprà darsi nuove regole solo in tempi lunghi. E che al momento (pur sperando in un salvataggio della Grecia) valga la pena prepararsi all’addio di Atene
all’euro concentrandosi sulla creazione di un cordone sanitario attorno a Spagna e Italia, due paesi troppo grandi per essere salvati. Il percorso, naturalmente, non è indolore. Prevede l’eventuale dolorosa uscita della Grecia dalla moneta unica (per i cittadini ellenici significa più disoccupazione, — 20% del Pil, — 50% dei salari, crisi sociale e inflazione alle stelle). La speranza a quel punto è di arginare il contagio, difendendo dal prevedibile assalto della speculazione Italia e Spagna grazie all’arsenale un po’ spuntato del fondo salvastati. Incrociando le dita perché tutto vada bene. Conto finale: i 495 miliardi già spesi più altrettanti per coprire il crac ellenico e puntellare le difese di Madrid e Roma. Totale: mille miliardi.
IL DRACMAGEDDON
E’ l’horror che nessuno vorrebbe vedere. Copione: la vittoria della sinistra radicale e l’intransigenza della Germania buttano la Grecia fuori dall’euro. Il contagio manda alle stelle i rendimenti in Spagna e Italia. I falchi del rigore legano le mani a Bce e Bruxelles e lo tsunami, per la gioia degli speculatori che da tre anni scommettono a suon di derivati sul-
la liquefazione dell’euro, travolge tutta l’architettura della moneta unica. Risultato: ognuno va per la sua strada, risorgono dalle loro tombe valutarie lira, peseta, dracma e marco. Oppure nasce un’euro del nord (il neuro, nomen omen, per ricchi) e l’euro-due
per i paesi più fragili. La Merkel, a naso, se ne pentirebbe. Conto finale: inquantificabile. Si va dai mille miliardi in su. Per non parlare di costi sociali in Italia, Spagna e Piigs vari. Forse vale ancora la pena provare a dare una chance in più alla Grecia.