Roberto Giardina, ItaliaOggi 15/6/2012, 15 giugno 2012
POSSO REGALARE UN ALBERO A BERLINO
Claudio Abbado non è riuscito a donare 90 mila alberi alla città di Milano. Io, forse, riuscirò a offrire un albero, o una parte, a Berlino.
Tutto è cominciato con un cartello di divieto di sosta temporanea davanti al mio portone. Per «Baumarbeiten», letteralmente lavori sugli alberi.
Potano in questa stagione?, si è subito indignata mia moglie, che se ne intende più di me. Non si dovrebbero tagliare le fronde in tarda primavera. Infatti non hanno potato. Alle 7 di mattina sono venuti rapidi come un commando e hanno segato tutto l’albero. Kaputt, sparito.
Era malato, eppure a me sembrava sanissimo. Ora che fare? Berlino o, meglio, il mio municipio di Charlottenburg non pianterà un altro albero. È senza un centesimo come il resto della metropoli, gravata da 65 miliardi di debiti. Poi di alberi ce ne sono già abbastanza. Per l’esattezza 440 mila, quasi uno ogni nove abitanti, alberi cittadini, senza contare i boschi del Brandeburgo che circondano la zona urbana. Altre spese sono più urgenti.
Però l’albero era bello anche se, lo confesso, per sapere cosa fosse ho dovuto chiedere sempre a mia moglie. Un acero. C’è una soluzione, mi ha rivelato una vicina che all’albero tiene quanto noi. Pagarlo di tasca nostra. Non è a buon mercato. Bisogna mettere insieme mille euro, e i tedeschi sono, diciamo, parsimoniosi. Il mio dirimpettaio si è rivelato subito un obiettore di coscienza: è allergico al polline, anche degli aceri. Fuori uno. Restiamo in pochi, anche coinvolgendo i due negozianti del palazzo, uno che recupera elementi antichi, porte, maniglie, finestre, dalle costruzioni storiche per rivenderli a chi ristruttura, e il greco che offre vini e formaggi della sua Ellade. In vetrina fa sopravvivere, non so come, un piccolo olivo, ma temo che non sia disposto a regalare qualcosa ai tedeschi che mettono nei guai la sua patria.
Perché spendere per adottare un albero, invece di aiutare un bambino da qualche parte del mondo? Però, si può fare l’uno e l’altro. La notizia è che i cittadini possono realmente collaborare al mantenimento del bene pubblico. Noi paghiamo, se pagheremo, ma il municipio si impegna con regolare contratto a curare l’acero almeno per tre anni, con assiduità, finché la sopravvivenza non sarà assicurata. E posso dedurre la spesa dalle tasse.
Qui la pratica è veloce. Una rapida ricerca mi ha rivelato che per ogni quartiere c’è un numero da chiamare, e un responsabile, per piantare un albero, purché si adatti all’ambiente. A parte i problemi climatici, probabilmente non potrei scegliere un olivo come il mio amico greco, o una palma importata da Palermo. Però posso sponsorizzare una pianta o un albero raro all’orto botanico, e per dieci anni, sempre in cambio di 1.000 euro, un albero della giungla amazzonica porterà il mio nome. Oppure una panca in un parco, sempre per la stessa cifra, e per dieci anni. Con la garanzia che tutto verrà tenuto in perfetto ordine per il tempo pattuito. Posso anche adottare un pesce all’acquario e un cercopiteco allo zoo. Berlino nel 2002 fu devastata da un tornado, che non saranno come quelli del Texas, però sono improvvisi e micidiali. Il vento fece strage di 7 mila alberi, tutti ripiantati con una sottoscrizione dei cittadini.
A Prenzlauerberg, nella Oderberger Strasse, lunga 600 metri, fioriscono i rododendri. Il municipio di Pankow voleva abbatterli, gli abitanti si sono opposti, infine è stato firmato un contratto di 13 pagine: 55 nuovi alberi sono stati forniti dalla città, ma il costo per piantarli e curarli è a carico dei cittadini. È questo il punto, a parte la detrazione dalle tasse. Se regalassi una panchina alla mia Trastevere, a Roma, non durerebbe più di una notte di movida.