Luca Miele, Avvenire 15/06/2012, 15 giugno 2012
CINA CHOC: DONNA COSTRETTA AD ABORTIRE AL SETTIMO MESE
Costretta ad abortire. Al settimo mese di gravidanza. E questa volta la protesta – dopo la pubblicazione di una foto della donna, Feng Jiamei, 27 anni, mentre dorme accanto al feto abortito e ancora coperto di sangue – è esplosa su Internet, davanti a un orrore che rischia di essere sistematico in Cina. E che indica una sensibilità ormai cambiata nel Paese dinanzi alle storture della legge del figlio unico. «Queste sono le cose che facevano i nazisti», ha scritto un internauta. La colpa di Feng e di suo marito Deng Jiyuan? Avere già una figlia, di cinque anni. La stessa Feng ha raccontato in un’intervista rilasciata al quotidiano di Guangzhou Southern Metropolis Daily che funzionari della contea di Zhenping, nella provincia settentrionale dello Shaanxi, hanno cominciato a perseguitarla in maggio. La loro richiesta: o abortire o pagare una multa di 40mila yuan (quasi cinquemila euro). Feng e Deng, che hanno un permesso di residenza (“hukou” in cinese) urbano non hanno diritto ad avere un secondo figlio. Nella mattina del 2 giugno «numerosi» funzionari del governo locale l’hanno prelevata con la forza dalla sua abitazione, costringendola a ricoverarsi in ospedale. «Avevano il volto coperto, per non farsi riconoscere», ha raccontato la donna. Una volta in ospedale Feng è stata costretta a firmare un documento col quale consentiva all’aborto e nel pomeriggio del 3 giugno il feto è stato ucciso con un’iniezione. Il giorno dopo la donna ha partorito il feto morto. La possibilità di avere un secondo figlio è riservata alle coppie che hanno un “hukou” che li individua come residenti di una zona rurale. Anche queste coppie, però hanno diritto al secondo figlio solo se il primo è una femmina. L’alternativa è quella di pagare le multe che vengono imposte dalle autorità locali, che in alcuni casi sono astronomiche: in un recente caso, a Pechino, ad una coppia sono stati chiesi 240mila yuan (quasi 30mila euro). La già vasta impopolarità della legge è stata rafforzata da un’inchiesta pubblicata nel 2008 dalla Commissione nazionale per la pianificazione dalla quale è risultato chiaro che i ricchi, che possono pagare le multe, hanno spesso due o addirittura tre figli. Dinanzi alle violente proteste che stanno dilagando sul Web, il governo di Zhenping ha tentato una risibile difesa, diffondendo un comunicato nel quale si sosteneva che l’aborto fosse avvenuto in modo consensuale.
Secondo quanto riferito dal Global Times, il comunicato spiegava che Feng Feng Jiamei è originaria della Mongolia interna e che nello Shaanxi non ha ancora un “hukou”. «Vista la situazione e il fatto che la coppia ha già una bambina non può averne un’altra. L’ufficio aveva contattato i coniugi a marzo per avvisarli che avevano bisogno di una serie di documenti, compreso l’hukou, per far richiesta per avere un secondo figlio. Alla fine, dopo aver parlato con le autorità preposte al controllo delle nascite Feng ha acconsentito a interrompere la gravidanza», scriveva martedì il governo di Zhenping. «È avvenuto tutto contro il volere di mia moglie: le autorità non ci hanno detto nulla dell’hukou fino a qualche giorno prima dell’aborto», è stata la ferma replica di Deng Jiyuan.