Antonio Carlucci, L’Espresso 21/6/2012, 21 giugno 2012
Hollywood parla cinese Il Dalian Wanda Group ha sborsato 2,6 miliardi di dollari. Per i 346 cinema della Amc– Edifici residenziali, palazzi per uffici, grandi magazzini, supermercati, alberghi, villaggi vacanze
Hollywood parla cinese Il Dalian Wanda Group ha sborsato 2,6 miliardi di dollari. Per i 346 cinema della Amc– Edifici residenziali, palazzi per uffici, grandi magazzini, supermercati, alberghi, villaggi vacanze. A tutto questo si è aggiunto, alla fine di maggio, un tesoro del cinema americano, il gruppo Amc Entertaiment Holding con le sue 346 sale multiplex, che significa oltre 5 mila schermi tra Usa e Canada. Adesso Amc appartiene a una società cinese, il Dalian Wanda Group, che per acquisire il suo controllo ha speso 2,6 miliardi di dollari e ha già annunciato di avere pronti altri 500 milioni per modernizzarlo. Wang Jianlin, amministratore delegato e presidente del gruppo, ha così eseguito alla perfezione la direttiva che il governo cinese e il Partito comunista hanno dato alle aziende nazionali: "going global", diventate globali, ovvero apritevi al mondo e acquisite marchi, tecnologie, imprese strategiche per proiettare Pechino fuori dai confini e investire la montagna di denaro accumulato negli ultimi dieci anni di aumento del Pil a doppia cifra. Il Dalian Wanda Group di cash ne deve avere tanto e dispone di credito praticamente illimitato dalle banche di Stato della Cina grazie alle sue proprietà: 49 Wanda Plazas, ovvero centri commerciali, 28 alberghi a cinque stelle, 730 sale cinematografiche, 40 supermercati, 45 centri per il karaoke. Valore comunicato, 31 miliardi di dollari, con 17 miliardi di entrate nel 2001 e 2,6 miliardi di imposte. Questo impero immobiliare e finanziario si deve tutto alla capacità di Wang, 57 anni, che di se stesso racconta solo la decisione di creare il gruppo a Dalian nel 1988, di essere il numero due del diciassettesimo congresso del Partito comunista e di sedere nei principali organismi nazionali del commercio e dell’industria. Altre biografie non autorizzate raccontano che Wang era un sergente nell’Esercito di Liberazione del Popolo, che poi lavorò come impiegato nel distretto di Xigang della città di Dalian, il terzo porto cinese e il più importante della Manciuria. Poi, un giorno, chiese e ottenne un prestito di 8 mila dollari, creò il Dalian Wanda Group e cominciò la sua scalata. Ma siamo in Cina, dove il mercato e l’iniziativa privata sono tutelate e commissariate dal Partito comunista, ed è assai probabile che Wang abbia potuto correre veloce verso la ricchezza perché tutelato dalle autorità. Non deve essere secondario il fatto che il suo percorso sia partito proprio da Dalian, la città dove è stato sindaco dal 1992 al 2000 Bo Xilai, figlio della nomenclatura comunista, che nella città di mare portò a termine grandi progetti di modernizzazione che gli hanno poi consentito di salire tutti i gradini del potere. Fino al crollo e all’epurazione di qualche mese fa per una vicenda ancora da chiarire. Wang ha sempre riconosciuto di avere avuto un rapporto con Bo Xilai, negando però un’amicizia personale. E quanto alla sua società non ha mai risposto alle affermazioni del gruppo Bloomberg secondo cui il Dalian Wang Group altro non è che una sussidiaria della China National United Oil Corporation, la società statale che si occupa del commercio dei derivati del petrolio. Privato o pubblico che sia, il Dalian Wanda Group ha messo a segno il terzo più importante affare dei cinesi negli Usa dopo l’acquisto da parte di società made in Pechino di quote di minoranza di JpMorgan (5 miliardi di dollari) e Blackstone (3 miliardi). Se le autorità americane approveranno il passaggio in mani cinesi di un pezzo importante dell’industria cinematografica Usa, la bandiera rossa della Cina sventolerà su Amc. Molti si chiedono se alla base di questa mossa ci sia la teoria del soft power, ovvero l’ingresso in quei circuiti economici e culturali che servono anche a creare consenso. Si vedrà presto se qualche film scomodo sarà oggetto di contestazione al momento della distribuzione. Per adesso c’è un episodio che non rassicura: da due anni è bloccato il remake di Red Dawn: nella nuova versione non sono più i russi a invadere l’America, ma i cinesi. Dopo la pubblicazione di alcuni passi della sceneggiatura sui giornali di Pechino e le successive proteste il film è tornato in post produzione. E gli invasori cinesi sono diventati nord coreani. Così sono tutti più contenti.