Ludovica Amoroso, L’Espresso 21/6/2012, 21 giugno 2012
C’è una miniera nello spazio Platino, uranio e altri metalli preziosi. Gli asteroidi ne sono ricchi
C’è una miniera nello spazio
Platino, uranio e altri metalli preziosi. Gli asteroidi ne sono ricchi. Ora è nata una società per andare a estrarli e portarli sulla Terra–
Le risorse della Terra impallidiscono in confronto alla ricchezza del sistema solare: non è strano quindi che scienziati, ingegneri aerospaziali e imprenditori miliardari stiano studiando come arricchire il nostro pianeta (e se stessi) con materiali provenienti dallo spazio.
Così a Seattle, negli Usa, è nata una società chiamata Planetary Resources Inc. Obiettivo: "Creare una nuova industria, la prima nel settore minerario al di fuori dei confini della Terra". In poche parole, estrazione e commercializzazione delle risorse naturali presenti nelle rocce spaziali che contengono ad esempio tanto uranio e platino in quantità finora mai estratte, più altri minerali rari da bastare per altre migliaia di anni.
La prima sfida (senza precedenti) ha il nome di Near-Earth Asteroids, ovvero l’estrazione di metalli preziosi dagli asteroidi più vicini alla Terra: se ne contano circa 9 mila, tra quelli grandi più di 150 metri.
Fondatori di questa iniziativa sono due specialisti, rinomati nella corsa all’esplorazione: Eric Anderson, ingegnere aerospaziale, ex responsabile delle missioni su Marte della Nasa, e Peter Diamandis, presidente della X Prize Foundation (società che alimenta lo sviluppo di tecnologie avanzate), nonché direttore della Singularity University. Insieme hanno già dato vita in passato a "Space Adventures", il progetto che ha lanciato per la prima volta sette turisti privati sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Più ambiziosa e spettacolare di qualunque iniziativa condotta fino ad ora, la Planetary Resources è intenzionata ad andare lontano. Spiega Anderson: "Disponiamo già di strutture robotiche in fondo al mare, a migliaia di metri sott’acqua: non ci lasceremo certo spaventare dallo Spazio". Che anzi secondo lui aiuterà l’economia globale a risorgere: "Man mano che l’accesso alle risorse spaziali aumenterà, non solo i costi di microelettronica e immagazzinamento di energia diminuiranno, ma si potranno trovare nuove e importanti applicazioni per questi abbondanti elementi".
La società è intenzionata a vendere a clienti privati o governativi una serie di piccole navicelle spaziali del peso di 20 chili ognuna, dotate di telescopi, convenienti e costruibili in serie, in modo tale da ottenere fondi nel breve periodo. Servono insomma investitori disposti a sopportare il rischio di un ritorno economico a lungo, lunghissimo termine, e in grado di scommettere una quantità immensa di denaro. Follia? Mica tanto. Ecco alcuni nomi di miliardari che stanno già finanziando il progetto: il Ceo di Google Larry Page, l’ex di Microsoft Charles Simonyi, Ross Perot Jr., l’ex-astronauta della Nasa Tom Jones, e l’immancabile James Cameron, che già con "Avatar" aveva immaginato lo sfruttamento delle risorse di un pianeta immaginario.
Il team di imprenditori si è riunito con un intento dichiarato: "Contribuire a garantire la prosperità umana accrescendo di migliaia di miliardi di dollari il Pil mondiale", grazie ai materiali extraterrestri. "Questa innovativa start-up creerà un’industria fondata su nuova definizione di risorsa naturale", si legge sul sito della nuova società: "Lo sforzo sarà quello di sfruttare l’alta concentrazione di metalli degli asteroidi grazie a sciami di sonde robotiche e di fornire un approvvigionamento sostenibile alla popolazione terrestre in continua crescita".
L’annuncio al mondo è avvenuto il 24 aprile scorso, quando la Planetary Resources ha anche dichiarato che è "pronta ad avviare le missioni di prospezione" e lo farà entro 18-24 mesi, lanciando dai cinque ai nove telescopi spaziali, ad iniziare da un veicolo chiamato Leo, in costruzione presso la sede principale della società a Seattle.
Ci vorranno invece cinque anni per una missione più dettagliata, che avrà lo scopo di rintracciare gli asteroidi potenzialmente sfruttabili e su questi le vene più ricche di risorse. Costo ipotizzato: dai 25 ai 30 milioni di dollari.
Ma sarà davvero possibile? Si discute da anni sull’eventualità di trasformare gli oggetti spaziali nelle miniere del terzo millennio, ma il costo elevatissimo delle missioni ha sempre costretto gli investitori a rinunciare. Secondo uno studio commissionato dalla Nasa e pubblicato dal Keck Institute for Space Studies all’inizio di aprile, servirebbero infatti 2,6 miliardi di dollari e circa dieci anni per catturare un asteroide di 500 tonnellate, portarlo in orbita intorno alla Luna, esplorarlo ed estrarne le materie prime.
Oggi la sfida di Planetary Resources sembra essere abbattere tempi e costi rispetto alle simili operazioni governative annunciate da Barack Obama, in preparazione delle quali la Nasa è già all’opera con il progetto dal nome Osiris-Rex, per una missione che partirà nel 2016 ma di cui non avremo risultati prima del 2023.
poi una questione di vitale importanza: l’acqua, "l’elemento più importante che si possa trovare", ha sottolineato Eric Anderson. Si stima che un quinto del contenuto di un asteroide sia formato da questa risorsa che "oltre a permettere la vita, ha un altissimo valore per gli astronauti: può essere separata in ossigeno e idrogeno, assicurando così un ambiente respirabile e allo stesso tempo un propellente per i nostri razzi", grazie all’elettrolisi.
Resta, tuttavia, un dubbio: a chi appartengono le risorse spaziali? Gli Stati Uniti nel 1967 furono tra i promulgatori dell’Outer Spacy Treaty, un trattato che disciplina il diritto internazionale nello spazio e proibisce agli Stati firmatari di rivendicare risorse poste su un qualsiasi corpo celeste poiché considerate "patrimonio dell’umanità". Gli avvocati della Planetary Resources però stanno già studiando un escamotage con una concessione da parte dei governi di diritti di proprietà a privati e aziende. Insomma, la spartizione dello spazio sembra pronta a partire. n
Il primo sarà Leo
Il sito della Planetary Resources (www. planetaryresources.com) ha già predisposto una pagina con la descrizione delle navicelle spaziali che verranno lanciate, le stesse che la società metterà in vendita: tutte sviluppate da Chris Lewicki, presidente della società ed ex direttore della missione Nasa su Marte. Il primo satellite ad essere lanciato si chiamerà Leo (serie Arkyd 100), e capace di studiare gli asteroidi vicini alla Terra. In un secondo momento (entro cinque anni) sciami di Arkyd 200, dal nome Interceptor, verranno utilizzati per osservare più da vicino l’effettivo numero degli asteroidi idonei e acquisirne rapidamente i dati. Poi sarà la volta dello spazio profondo: "Rendezvous Prospector" (Arkyd Series 300) partirà in flotte di sei o otto navicelle, per raggiungere lo Spazio più lontano. Due le possibili tecniche di sfruttamento: spingere i corpi celesti verso la Terra e intrappolarli nella sua orbita, per poi "trapanare"; oppure estrarre i minerali in loco e magari raffinarli già lungo il tragitto di ritorno.