Claudio Lindner,L’Espresso 21/6/2012, 21 giugno 2012
Germania Italia 4 -3– da monaco di baviera L’euro può aspettare. Prima viene il calcio, leggi gli Europei
Germania Italia 4 -3– da monaco di baviera L’euro può aspettare. Prima viene il calcio, leggi gli Europei. Una febbre vera in Germania. Un giornale di Monaco pubblica l’elenco dei locali dove poter guardare le partite. Sono 29, soprattutto birrerie e altro, con schermi più o meno giganti, per 33 mila posti totali. Più le migliaia dell’Olympiastadion. L’"Abendzeitung" avverte: posti pressoché esauriti quando gioca la nazionale tedesca. I tifosi sono convinti, dicono i sondaggi, che la Germania vincerà il torneo, un riscatto dall’umiliazione subita proprio dai bavaresi nella finale di Champions persa dal Bayern in casa contro il Chelsea. All’indomani dell’esordio vincente contro il Portogallo, le polemiche sulla deludente prestazione del centravanti Mario Gomez (che pure ha segnato) avevano più spazio sui giornali dei 100 miliardi stanziati dall’Europa per le banche spagnole. La Cancelliera Merkel ha capito l’andazzo e si è presentata al ritiro dei calciatori, saluti, sorrisi e foto opportunity. Trattasi di voti, non si sa mai. A giudicare in realtà dai sondaggi la sua popolarità non pare soffrire in casa, tra gli elettori, quanto in trasferta. I "nein" continui, le giravolte, le frenate su cosa fare rapidamente per salvare l’euro hanno creato inquietudine tra i partner europei, a partire da Mario Monti e dal neopresidente francese Hollande, ma anche e soprattutto tra americani e le altre maggiori economie. Lo stesso Obama ha più volte alzato la voce sollecitando misure per la crescita in Europa. Il superfinanziere George Soros ha tuonato contro il governo tedesco. L’economista Nouriel Roubini e lo storico Niall Ferguson, in un lungo articolo apparso sul "Financial Times" , hanno paventato il rischio che la Germania trascini l’Europa nel baratro come già fece negli anni Trenta. Ma anche l’ex cancelliere Gerhard Schroeder e l’ex ministro verde Joschka Fischer hanno duramente attaccato Frau Angela: se va avanti così distruggerà l’Europa. E lei? Tranquilla. Apre verso una futuribile unione politica europea, ma nulla dice sugli interventi immediati in campo finanziario, mentre anche l’Italia entra pesantemente nel mirino dei mercati dopo Grecia, Portogallo e Spagna. L’allarme è suonato forte martedì dopo che il ministro delle Finanze austriaco, Maria Fekter, ha ventilato la possibilità di aiuti europei all’Italia, dopo la Spagna. Immediata la protesta di Monti e la reazione del governo e degli alleati che lo sostengono. Sono settimane decisive, tutto si deve risolvere entro giugno. Ormai non è più solo il voto greco del 17 (vedi articolo a pagina 80) a preoccupare. È un gioco infernale quello della speculazione e il vertice europeo di fine mese non potrà che imprimere la svolta. Pena un catastrofico KO. Ma tutto dipende dalla Cancelliera. IL VIRUS EUROSCETTICISMO. In Germania, la moneta unica non è mai stata tanto impopolare ed è dai sondaggi relativi che il governo di Berlino si abbevera nella ostinazione, per esempio, anti-Eurobond. "La fiducia nell’euro è calata molto dopo la crisi del 2008", spiega Renate Koecher, direttore dell’istituto di ricerche demoscopiche Allensbach."A marzo il 67 per cento degli intervistati aveva poca o nessuna fiducia nella moneta unica. Soprattutto gli anziani, il 53 per cento tra gli ultrasessantenni, vorrebbero tornare al marco. Un dato che non può del resto sorprendere, da tempo non ci sono buone notizie sull’Europa, c’è molta instabilità e ad andare bene è solo l’economia tedesca. La buona congiuntura è proprio quella che ha impedito forti tensioni politiche e disordini". La "Welt am Sonntag", autorevole quotidiano di Berlino ha pubblicato un’inchiesta che ha fatto discutere. La domanda era: "Si può tornare al marco?". Fregnacce, ha replicato l’establishment. "Fantasie", risponde all’ "Espresso" Horst Seehofer, leader della Csu, i cristiano sociali bavaresi alleati della Merkel, "noi crediamo nell’euro". Ma la paura cresce. Soprattutto tra la gente comune. Lo storico Paul Nolte così legge la voglia di ritorno al marco: "È la moneta simbolo della rinascita nazionale dopo la catastrofe morale del nazismo e la sconfitta in guerra". In testa alla classifica della saggistica domina da qualche settimana il libro-provocazione "L’Europa non ha bisogno dell’euro", scritto da Thilo Sarrazin, ex ministro delle Finanze ed ex membro della Bundesbank. Un tomo di 417 pagine, un’analisi da tecnico delle vicende europee, ricca di tabelle e grafici. Sarrazin passa da un talkshow all’altro, è diventato una star. Il tallone d’Achille, ripete sempre, è rappresentato da "politici e istituzioni Ue, che dal 25 marzo 2010 non fanno che infrangere la clausola principale del trattato di Maastricht e cioè quel principio del "No bail-out", secondo il quale ogni paese dell’Eurozona è responsabile dei propri debiti sovrani. Col primo pacchetto per la Grecia è stato tradito". RISPETTARE LE REGOLE. Per i tedeschi aver trasgredito le norme del Trattato è una grave questione di principio (pur avendo loro stessi già chiesto deroghe): è il cuore del problema, talvolta un’ossessione. Comunque un argomento forte contro l’Italia & C. Università di Monaco, lunedì 11, sette di sera. Duecento circa tra studenti e professori. Parlano due primedonne, l’ex presidente della Corte Costituzionale Hans-Juergen Papier e l’economista Wolfgang Wiegard, già presidente del Comitato di saggi indipendenti che consiglia il governo. L’attenzione maggiore e le domande vanno soprattutto al giurista, che entra nel merito degli articoli scritti a Maastricht. Definizioni tecniche, cavilli ritenuti fondamentali. Con applausi da studenti e ospiti. Scroscianti quando dalla platea viene chiesto: "Ma come si fa a essere ottimisti sul fatto che il futuro Fiscal Compact funzioni e venga rispettato visto quello che è finora successo con i debiti dei paesi nel Sud Europa?". Il Fiscal compact è quell’insieme di nuove regole sui conti pubblici che anche il Parlamento tedesco dovrebbe approvare prima dell’estate. Per la Merkel è dirimente. Negli ultimi giorni ha evocato a più riprese una (futuribile) unione politica più stretta, ma sugli interventi a breve per difendere la moneta dagli assalti della speculazione la cancelliera fa melina. Guai a parlare di eurobond, il nemico numero uno. Un’eresia per i tedeschi. "Oltre l’80 per cento dei cittadini sono contrari", sottolinea l’analista Koecher. Ma socialdemocratici e Verdi li difendono e allora? "Anche loro erano più convinti un anno fa". In Germania è molto diffusa l’idea, ben sintetizzata dal capoeconomista del gruppo Allianz, Michael Heise, che gli eurobond non siano altro che una "socializzazione dei debiti del vicino, ma senza sapere e aver influenza su cosa fa il vicino". BASTIONE POTERI FORTI. A difendere le posizioni sull’euro e a contrastare ogni deriva sono, oltre ai principali partiti, le banche e i grandi gruppi. Fanno affari d’oro, approfittando sì delle riforme varate dal governo Schroeder soprattutto nel mondo del lavoro (l’apprendistato può essere un modello anche per l’Italia), ma anche traendo vantaggio dall’euro sui mercati internazionali. Audi e Bmw hanno avuto in maggio risultati storici di vendita. Il made in Germany va forte ovunque, le fabbriche marciano a pieno ritmo anche perchè sono ripartiti i consumi interni. Tant’è che il prodotto interno lordo è cresciuto dell’1,7 per cento contro un calo dello 0,8 in Italia e la disoccupazione cala (vedi il grafico sopra) mentre da noi aumenta. Porsche, Mercedes e Bmw hanno garantito forti aumenti salariali, nei sei impianti della Volkswagen i dipendenti avranno il 4,3 per cento in più in busta paga. Nella chimica gli aumenti salgono al 4,5 per cento, nel pubblico impiego siamo addirittura oltre il 6 per cento. "Il ritorno al marco sarebbe un disastro anche per la Germania", è convinto Heise, che parla per il colosso Allianz. "Fortunatamente si tratta di discussioni accademiche, la politica deve sostenere l’euro". La Germania sta traendo almeno due grandi vantaggi dalla moneta unica. Ha un mercato ricco nell’eurozona, dove finisce circa il 39 per cento dell’export (anche se la quota è in calo a favore dell’Asia) e in questo momento attrae capitali in fuga dai paesi periferici che vengono reinvestiti dalle banche nel settore immobiliare tedesco. I tassi in Germania sono ai minimi, ma portare qui i propri quattrini viene considerata oggi l’unica salvezza. UN PAESE PER GIOVANI. Del benessere economico fruiscono anche le nuove generazioni. Nelle università, da Berlino a Monaco a Francoforte, le proteste degli indignados non sono arrivate. Anzi, c’è qualche imbarazzo, tra gli studenti, nel dire che è tutto tranquillo. "Ho visto le loro proteste solo in tv", confessa Constanze Wibke, studentessa del quarto anno di economia all’Università di Berlino, " ma qui è un altro mondo: gli affitti sono bassi, esistono sostegni pubblici e borse di studio. Non ho angoscia per il futuro". Alien? No, rinforza Dieter Vogel, rettore dell’Università di Biberach, vicino a Stoccarda: "Il sistema universitario funziona perchè prepara i giovani al lavoro. Da noi, per esempio, la farmaceutica Boehringer sponsorizza la facoltà di bioingegneria e con il sistema cosiddetto duale alla fine degli studi i laureati hanno la certezza del posto in un’impresa". Negli impianti del colosso Bosch, a Stoccarda, per ogni giovane che conclude il tirocinio c’è la garanzia dell’assunzione, sottolinea Hartmut Meine del sindacato dei metalmeccanici. Altro esempio, la Volkswagen. Nei nuovi contratti è prevista la clausola di offrire per i prossimi due anni l’apprendistato a 1.600 giovani. Una pratica diffusa anche nella piccola e media industria. Alla Vollmer, un’azienda meccanica con 650 dipendenti, il ceo Stefan Brand offre un tirocinio a 30 giovani. È il frutto anche della concertazione, o meglio cogestione, che ha portato ricchi frutti all’industria tedesca. "Qui in Baviera", dice Heise, "molte aziende cercano e non trovano tecnici, ingegneri, installatori o anche giovani da avviare nel settore commerciale". E le statistiche gli danno ragione. Nel Land una volta famoso solo per la birra e l’Oktoberfest, ma in realtà sede di colossi dell’industria e di una Silicon Valley teutonica in piena espansione la disoccupazione giovanile (fino a 25 anni) è attorno al 3 per cento ed è addirittura più bassa di quella media generale. Non può quindi stupire il risultato del sondaggio del PewResearchCenter pubblicato in queste pagine e dal quale risulta che le nuove generazioni tedesche pensano in grande maggioranza di poter avere una vita migliore rispetto ai propri genitori. Una condizione e un’aspettativa molto differenti dagli altri paesi. Tant’è che il flusso di giovani europei, laureati e non, che scelgono Berlino e altre città per trovare lavoro sembra essere aumentato nell’ultimo anno anche se non esistono statistiche precise. Sensazioni. Passaparola. Esperienze raccontate. Chi già da qualche anno ha scelto la Germania, anche perchè le chances in Italia erano ridotte al lumicino, è l’economista Ester Faia, docente all’Università Goethe di Francoforte e oggi tra le più ascoltate. "Sono arrivata qui nel 2008", racconta, "grazie alla riforma dell’università, migliorata attraverso l’apertura agli stranieri e con un’attenzione particolare ai giovani e alle donne. Non ci sono più i concorsi nazionali e così sono rientrati, reclutati direttamente dagli Istituti, molti docenti che erano andati a insegnare negli Stati Uniti. Guardano ai ricercatori migliori, c’è un flusso continuo tra università, banche e imprese". GERMANIA-ITALIA 4-3. Ecco cosa i tedeschi hanno paura di perdere con la "socializzazione dei debiti altrui". Attenzione, la Germania non è tutta un paradiso. Nelle regioni dell’Est, quelle annesse con la riunificazione, esistono aree di povertà e disoccupazione e il partito nazista raccoglie consensi arrivando ad avere consiglieri comunali. L’oro qui non si è mai visto. L’euro viene considerato da molti una fregatura. Mentre nel Sudeuropa monta l’antipatia verso la Merkel e, di riflesso, verso i tedeschi ricchi, precisi, ossessivi, un po’ arroganti. "Mi spiace che ci sia questa immagine" risponde il cristianosociale Seehofer. Capisco la reazione della gente ai problemi e non la giudico certo negativamente. La popolazione è vittima. Ma noi non possiamo soprassedere agli errori dei governi". Di più non dice l’alleato della Merkel. È vero che la Germania è economicamente molto forte, i numeri sono lì a dimostrarlo (vedi i grafici sull’industria e il confronto tra i due paesi) e che dall’euro è riuscita a trarre molti più vantaggi rispetto all’Italia. Basta considerare per questo i dati sulla bilancia commerciale. Ma non va neppure sottovalutato il cambiamento avviato in Italia. Qualche tabù caduto, riforme fatte o in divenire, se non verranno ostacolate dalle lobby forti in Parlamento. Soprattutto Mario Monti ha permesso di riconquistare credibilità e si pone come un interlocutore alla pari sia della Merkel sia del francese Hollande. Nessuno meglio di lui può difendere in questo momento l’Italia dagli attacchi della speculazione. E in una Unione europea che rischia lo sfascio, tocca a lui incalzare la Cancelliera e farle evitare un clamoroso autogoal. Per restare alla metafora calcistica, si inverte il risultato del mitico match del 1970. Questa volta Germania 4 Italia 3. Ancora una volta ai supplementari. Senza rigori, è il caso di dire oggi. Ha collaborato Stefano Vastano