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 2012  giugno 15 Venerdì calendario

“Internet vale il 2% del Pil” - Quanti posti di lavoro, in particolare giovanile, si potrebbero creare con una maggiore e migliore diffusione di Internet? È la domanda a cui ha provato a rispondere Italia Futura che, in collaborazione con Google, ha incrociato dati ed esperienze per quantificare in quale modo Internet riesca a modificare ed influire sull’economia

“Internet vale il 2% del Pil” - Quanti posti di lavoro, in particolare giovanile, si potrebbero creare con una maggiore e migliore diffusione di Internet? È la domanda a cui ha provato a rispondere Italia Futura che, in collaborazione con Google, ha incrociato dati ed esperienze per quantificare in quale modo Internet riesca a modificare ed influire sull’economia. E la risposta c’è: i posti di lavoro che Internet può attivare sono centinaia di migliaia e sono quantificabili grazie ad una semplice equazione. Dal rapporto emerge infatti che in un ipotetico paese medio l’aumento della diffusione del 10% di Internet comporta un aumento dell’occupazione complessiva di 0,44 punti percentuali e un aumento dell’occupazione giovanile di 1,47 punti percentuali. In Italia, spiega il rapporto Crescita digitale, presentato ieri dal presidente di Italia Futura Luca Montezemolo, si stima che Internet abbia già creato 700 mila nuovi posti di lavoro e che l’internet economy abbia contribuito al 2% del Pil nel 2010. Numeri assolutamente rilevanti, ma che non nascondono il ritardo nella diffusione di Internet che sconta l’Italia. Per Italia Futura, tuttavia, «questo limite potrebbe diventare una grande opportunità di crescita se si inverte rapidamente la rotta». Il momento «è difficilissimo e serve unità d’intenti» ha spiegato Montezemolo accennando alla crisi. «Ora più che mai bisogna fare squadra, il crinale della crisi dell’euro e la recessione in Italia rendono necessario per ognuno di noi dare un contributo a tenere unito il Paese e a fare gli interessi generali mettendo da parte gli interessi di bottega. Tutti insieme pensiamo al bene comune e soprattutto ad avere unità d’intenti».