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 2012  giugno 15 Venerdì calendario

Lo “zar” plenipotenziario ombra del governatore - Carlo Lucchina, lo zar della sanità lombarda indagato per turbativa d’asta, in ogni posto dove ha lavorato si è sempre fatto apprezzare per «competenza e discrezione»

Lo “zar” plenipotenziario ombra del governatore - Carlo Lucchina, lo zar della sanità lombarda indagato per turbativa d’asta, in ogni posto dove ha lavorato si è sempre fatto apprezzare per «competenza e discrezione». Lo riconoscono gli avversari e il ministro Balduzzi che il 6 giugno lo aveva indicato alla presidenza del Comitato prezzi e rimborso dell’Aifa (da cui si è dimesso). Virtù ideali per il potente di turno: un manager efficiente ma non ingombrante, decisivo su ogni dossier. Sessantatré anni, varesino di San Fermo, sposato, Lucchina nasce tecnico di area democristiana. Un ragioniere vecchia maniera: uomo di conti e bilanci. Entra giovanissimo all’ente Provincia fino a diventarne dirigente dell’ufficio Finanza e poi direttore generale nel biennio 98-99 (presidente è il leghista Massimo Ferrario). A quel punto arriva il salto nella sanità: il Pirellone lo nomina dg dell’Azienda Ospedaliera di Varese finché nel 2003, quando Renato Botti trasloca al San Raffaele, Formigoni lo chiama alla guida della direzione generale della Sanità lombarda. «In origine Carlo non è un ciellino ortodosso, il suo formigonismo è posteriore e cresce per frequentazioni e ambizioni di potere», racconta chi lo conosce. Al Pirellone Lucchina introduce i tetti di spesa alla riforma sanitaria, portandola al pareggio di bilancio. Questo lo rende un manager potentissimo, il braccio armato del governatore in un settore dove politica e affari s’intrecciano che vale 17 miliardi, il 75% del bilancio regionale. È lui che gestisce i rapporti con Asl, fondazioni pubbliche e private, imprenditori della sanità, aziende ospedaliere e manager, ciellini e non. È sempre sua l’ultima parola su bandi di gara e finanziamenti. Tutto passa dalla sua stanza, aperta anche all’opposizione. A Formigoni piace quel suo lavorare distante dalle luci della ribalta. Talmente uomo ombra che «le liste di attesa e il monitoraggio epidemiologico non sono più pubblici», denunciano alcuni medici. Per molti Lucchina è il vero assessore alla Sanità. Il leghista Bresciani è una foglia di fico e tra i due non corre buon sangue come non correva con il predecessore Alessandro Cè. I giornali si accorgono di lui nel 2008 quando risponde picche a Beppino Englaro e alla sua battaglia per far morire la figlia Eluana. E per un paio di vicende giudiziarie: un appalto andato ad una ditta di Gela in odore di mafia, quando ancora dirigeva l’ospedale di Varese (accusa da cui viene assolto); e l’inchiesta sul «teleospedale» in Lombardia. Per il resto lo si incontra al Meeting di Rimini a parlare di «federalismo nella sanità» o dei «modelli organizzativi degli ospedali lombardi», magari insieme all’ex manager della Fondazione Maugeri ora in carcere, Costantino Passerino. Ma soprattutto Lucchina e i suoi uffici hanno potere sul miliardo annuo di flussi extra budget: erogazioni e bonus/eccellenza per l’attività scientifica, didattica e ospedaliera che il Pirellone gira ad ospedali e fondazioni. È qui che si annida la discrezionalità e prosperano gli intermediari, come visto per Maugeri e San Raffaele. La stessa indagine di ieri scava su 3 progetti per la sperimentazione di apparecchiature scientifiche, ossia prestazioni extra tariffa finanziate dallo stesso capitolo di bilancio (Spese di finanziamento per progetti specifici di ricerca di Asl, strutture ospedaliere pubbliche e private ed enti di diritto pubblico) da cui attinge la ormai famosa Legge Daccò e su cui il Pirellone ha stanziato per il 2012 36 milioni; nel 2011 95 e nel 2010 116. In realtà il blitz non riguarda il filone Daccò/Simone ma è chiaro che gli inquirenti vorranno chiedere conto a Lucchina dei suoi rapporti con il faccendiere ciellino che pagava le vacanze a Formigoni e sbloccava i fondi regionali per gli ospedali «clienti». «Con chi aveva rapporti Daccò in Regione, per l’operazione di via Camaldoli (filone Maugeri, ndr)?», chiedono in aprile i Pm ad Antonio Simone. Risposta: «Con il dg per la sanità, Lucchina. Si incontravano in Regione, me lo ha detto Daccò». In altri passaggi si fa il nome di Luca Merlino, il vice Lucchina. L’impressione dunque è che la Procura voglia capire se questi incontri erano per conto di Formigoni. E questa volta la proverbiale discrezionalità dello «zar», potrebbe non bastare.