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 2012  giugno 15 Venerdì calendario

DAL NOSTRO INVIATO

PARMA — I debiti? L’inceneritore? Bazzecole. Qui il problema è trovare il tasto giusto per non mandare in tilt il tabellone elettronico già al primo consiglio comunale. Sembra di essere a scuola guida. Si va avanti a strattoni: molla la frizione, no, con più calma, attento al freno, attentooo.... «Abbiate pazienza, stiamo imparando, siamo dei remigini». Per carità, il «nuovo», quando è davvero nuovo come questo, qualche controindicazione ce l’ha.
«Salve, a tutti...»: Federico Pizzarotti, primo sindaco dell’era Cinque stelle a governare un capoluogo di provincia (e che capoluogo: Parma la snob, Parma è una grandeur storicamente vagheggiata, anche se ora un po’ spiegazzata), si presenta così, informale come a una riunione di condominio: «Salve a tutti...». Ha giacca e cravatta. È un po’ pallido, ma deve essere la carnagione. È emozionato. «Sento il peso» sospira quando gli infilano la fascia tricolore. Però è sorridente. E molto educato. Va a salutare di persona, uno ad uno, tutti i consiglieri di minoranza. Operazione peraltro piuttosto veloce, visto che in questa aula consiliare dove fino all’altro ieri dettavano legge il civico Elvio Ubaldi e il molto meno civico e più berlusconiano Pietro Vignali, la cosiddetta opposizione si riduce in realtà a uno sparuto drappello di 12 consiglieri, di cui 6 del Pd e uno (dicasi uno) del Pdl.
Benvenuti nell’era Pizzarotti. Dove non c’è nulla di scontato, a partire dal protocollo. La giunta c’è e non c’è. O meglio, ce n’è un pezzo: 4 assessori (bilancio, attività produttive, ambiente e sport) e c’è anche una vicesindaco, Nicoletta Paci, con delega alla scuola. Ne mancano ancora tre di assessori, ma, a dispetto di chi gli sta addosso, Pizzarotti, per nulla rock, sceglie i lenti: «Il tempo impiegato è stato quello necessario — spiega —. La scelta degli altri componenti della giunta verrà fatta quando troveremo le competenze e i valori che cerchiamo».
Monolitica la truppa consiliare: 20 grillini, maggioranza inattaccabile, molti professionisti, quasi tutti laureati, età tra i 21 anni e 50 anni, molto motivati. L’assedio delle telecamere è da festival di Cannes. I giornalisti, che non sono la categoria più amata dalle parti dei Cinque stelle (non è casuale che Pizzarotti abbia annunciato su YouTube i suoi assessori), vengono disseminati nel palazzo comunale: alle testate locali è concessa una sedia nell’aula consiliare, quelle nazionali finiscono in una saletta al pianterreno. Il pubblico è folto e caloroso. Fin troppo: al terzo applauso, il presidente del consiglio comunale avverte che non siamo allo stadio.
A Pizzarotti hanno preparato un bel discorso, ma lui va a braccio. E se la cava pure. Tiene gli occhi puntati sulle minoranze e fa leva sui buoni sentimenti: «Insieme risolleveremo Parma. Spero in uno spirito costruttivo. Ascolterò tutti». Cita il piccolo mondo di Guareschi, «dove si azzuffavano, ma il bene comune prevaleva». Ma poi deve rintuzzare il primo affondo dell’opposizione. Che prima gli rimprovera di aver scelto il presidente del consiglio e il suo vice in accordo con il Pd e senza informare gli altri gruppi (e Pizzarotti incassa: «Un passo falso, siamo qui per imparare»). E poi, sempre l’opposizione, accusa il candidato scelto «di essere uno stipendiato della politica, in quanto consulente di M5s in Regione». Grana subito disinnescata dall’interessato, il grillino Marco Vagnozzi: «Il mio contratto scade il 30 giugno. Tranquilli: sarò garante di tutti».
L’aria è questa. Altro che Peppone e don Camillo. E da oggi, le rogne vere. Pizzarotti si dice pronto: «Fermeremo l’inceneritore, si troverà una soluzione con Iren. Il maxi debito? Condiziona il nostro programma, dovremo essere molto creativi...».
Francesco Alberti