Vittorio Malagutti, il Fatto Quotidiano 13/6/2012, 13 giugno 2012
LA COMMEDIA DEL SALVATAGGIO LIGRESTI. ORA È TUTTI CONTRO TUTTI
Milano
La telenovela finanziaria del salvataggio Ligresti ci ha regalato ieri un’altra sorpresa. A trenta secondi dalla fine, stretta nella morsa delle banche creditrici, la famiglia del patron Salvatore e dei tre figli Giulia, Jonella e Paolo, ha trovato il modo di prendere ancora tempo. Con una mossa del tutto inattesa, i soci della holding Premafin, cioè i Ligresti, hanno infatti deliberato di dare mandato al consiglio di amministrazione perchè valuti operazioni alternative all’unica fin qui presa in considerazione. E cioè le nozze con Unipol attraverso una fusione a quattro tra la compagnia delle Coop, la stessa Premafin e le due controllate sull’orlo del crac, Fonsai e Milano assicurazioni. Questa è per l’appunto la soluzione proposta (anzi imposta) ai Ligresti dalle banche, con in testa Mediobanca e Unicredit.
UNA SOLUZIONE che ha il pregio non trascurabile dal punto di vista degli istituti di salvaguardare i loro crediti. Diverso il discorso per i piccoli azionisti, soprattutto quelli di Fonsai, che invece pagherebbero buona parte dei costi del salvataggio senza altri vantaggi se non quello di sperare che in un indefinito futuro il gruppo riprenda a fare profitti.
Al momento l’unica opzione alternativa al piano Mediobanca è quella proposta dalla Sator del banchiere Matteo Arpe insieme alla finanziaria Palladio guidata da Roberto Meneguzzo, ma non è chiaro se e come i Ligresti siano davvero intenzionati a cambiare cavallo . Con un macigno di oltre due miliardi di debiti che minaccia di travolgerli, i margini di manovra della famiglia sono ormai molto limitati.
Le astuzie legali del patron Salvatore, 80 anni compiuti da poco, e dei tre figli, rischiano di andare a sbattere contro il muro eretto dai banchieri che dopo averli generosamente foraggiati per anni adesso sono costretti ad abbandonarli al loro destino.
A fischiare la fine della partita, o quantomeno a imprimere una forte accelerazione agli eventi potrebbe essere la magistratura, come spesso è accaduto negli ultimi anni in vicende analoghe. Proprio oggi è in calendario l’udienza sulla richiesta di fallimento presentata dalla Procura di Milano per due holding di famiglia dei Ligresti, Imco e Sinergia. Entrambe hanno concluso nel recente passato operazioni in conflitto d’interessi con Fon-sai su cui sta indagando il pm milanese Luigi Orsi. Inoltre, il 20 per cento del capitale di Premafin, intestato a fiduciarie e trust off shore è stato messo sotto sequestro perchè sarebbe servito a schermare la reale proprietà delle azioni, che farebbero capo ai Ligresti. Anche qui le indagini avviate nei mesi scorsi sono in pieno svolgimento.
Le incognite sulla strada del salvataggio quindi non mancano davvero, ma ieri ha tenuto banco l’assemblea dei soci di Premafin. Un appuntamento molto atteso perché i Ligresti erano di fatto chiamati a varare un aumento di capitale che li avrebbe messi definitivamente fuori gioco. E, in effetti, dopo tre ore di dibattito in un’atmosfera surreale, sospesa a metà tra farsa e tragedia, l’assemblea ha dato via libera all’aumento di capitale da 400 milioni di euro che nella complicata trama del salvataggio messo a punto da Mediobanca dovrebbe essere sottoscritto per intero da Unipol. Il voto è arrivato dopo che i tre fratelli, proprietari ciascuno di una quota del 10 per cento della holding, hanno messo in scena quello che a molti osservatori è sembrato un gioco delle parti. Giulia Ligresti, arrivata in ritardo all’assemblea, presiedeva con qualche difficoltà la riunione. Mentre Jonella e Paolo gestivano il via vai di avvocati. A un certo punto è addirittura venuto a mancare il quorum per procedere alla votazione, mentre alcuni avvocati facevano la spola tra la sala assembleare e una stanzetta esterna da dove il patron Salvatore seguiva i lavori.
Particolare importante: la delibera dell’aumento era la condizione inderogabile perché le banche, guidate da Unicredit, non facessero valere i loro pegni sui titoli Premafin provocando quindi il fallimento della holding.
I LIGRESTI hanno quindi soddisfatto le richieste delle banche, ma allo stesso tempo hanno cercato di svincolarsi dal piano che loro stessi avevano sottoscritto a gennaio con Unipol. Anche qui la famiglia ha fatto ricorso a una scappatoia legale. “Unipol ha violato due delle clausole dell’accordo”, sostengono i legali della famiglia. E quindi i Ligresti non si sentono più vincolato a quell’intesa. Di che si tratta? Semplice La compagnia delle Coop ha annunciato che, come richiesto dalla Consob, non è più intenzionata a concedere ai Ligresti una manleva legale e il diritto di recesso sulla loro quota in Premafin. Niente salvacondotto giudiziario, quindi. E neppure la manciata di milioni garantiti dal recesso previsto per legge in caso di fusione. Davvero troppo per i Ligresti, che ora cercano di salvare il salvabile e si avviano a una più che probabile battaglia legale con Unipol. Nei prossimi giorni si capirà se la famiglia ha qualche possibilità di cavarsela un’altra volta.