Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 14 Giovedì calendario

QUELL’ORDINE DAL LEADER IN CARCERE “BASTA CON LA RIVOLUZIONE A PAROLE È IL MOMENTO DI FARE PUM PUM PUM”


ROMA— In principio furono solo le parole. Fiumi di «inutili parole per idioti». Poi, inesorabilmente, arrivò il tempo della parola alle armi. «Pum. Pum. Pum». E la storia della Federazione Anarchica Informale diventò un’altra cosa. Un affare di sangue. Accadde una sera di autunno del 2011. Il 30 novembre. Un mercoledì. Alle 18 e 42, Gabriel Pombo Da Silva, anarchico spagnolo di Vigo, un “prigioniero rivoluzionario” di 45 anni, raggiunge il parlatorio del penitenziario tedesco di Aachen, dove sta scontando quel che resta di una condanna a 13 anni per sequestro di persona e tentato omicidio. Ha diritto alla sua telefonata settimanale e compone il numero di un compagno italiano, Stefano Gabriele Fosco, un cinquantenne di origini abruzzesi, nato in Argentina, a Mar del Plata, ma da tempo con i piedi e la testa a Pisa, dove è un riconosciuto leader dell’anarco- insurrezionalismo toscano. È accaduto qualcosa di «grave». È accaduto che con una “
Lettera alla galassia anarchica”
pubblicata in Rete, il dibattito interno che da due lustri divide l’area anarco-insurrezionalista sul “Che fare”, sia arrivato al punto di non ritorno. Pombo
Da Silva, Fosco, “i compagni greci e messicani” che spingono per un salto definitivo nello spontaneismo armato della Fai vengono umiliati da quella “lettera aperta”. «Cosa vi porta a credere - si legge - che la difficile questione delle prospettive possa essere risolta mettendo una rivendicazione su internet o inviandola ai media?». È necessaria una risposta. E per questo Pombo telefona.
Fosco: «Anche in Messico risponderanno alla “Galassia”. E la cosa si inviò anche ai greci, perché anche loro rispondano. Mi sembra abbastanza grave quello che hanno fatto, no? Io mi sono preso il testo (della lettera ndr.) e vado a disarticolarlo. In modo che si sentano degli idioti».
Pombo: «Loro non alzeranno la testa nella vita. Credimi, sono invidiosi.
Non dobbiamo perdere tempo con questi coglioni. Quello che dobbiamo fare è allontanarci. Gli diamo una risposta. Pum. Pum. Pum. Capisci? E continuiamo con le
nostre cose».
DA BALENO AD ADINOLFI
Le «nostre cose», il «Pum. Pum. Pum.», come documentano le 228 pagine dell’ordinanza del gip di Perugia Lidia Brutti e un’indagine del Ros dei carabinieri cominciata con un’intuizione della sua sezione anticrimine nel 2008 (l’indagine “Crocevia”), sono «i pacchetti» che imbrattano di sangue il nostro ultimo Natale. La “busta” per Joseph Ackerman, ad della “Deutsche Bank” (7 dicembre 2011), il plico che mutila Marco Cuccagna, direttore generale di Equitalia (9 dicembre), la “lettera di fuoco” per l’ambasciatore
greco a Parigi. Una campagna che segue di due anni il natale 2009, quello di “
Eat the rich”,
mangiate i ricchi (bombe alla Bocconi e al Cie di Gradisca di Isonzo). Poi, è storia di quest’anno. Arriverà Genova, con Adinolfi e Finmeccanica. Un capitolo della storia che questa ordinanza non affronta, né evoca. Ma che di questa storia è il logico corollario e per il quale, evidentemente, bisognerà solo attendere il tempo necessario. Perché della stessa «famiglia» stiamo parlando.
Nata nel lontano ’98, il 2 aprile, sulle colline del Canavese, a Brosso di Piemonte, nel giorno dei funerali di “Baleno”, l’anarchico Edo Massari, “caduto” in quello che
fu l’incipit della lotta alla Tav.
MIRARE ALLA TESTA
Scrive il gip che la nuova Federazione Anarchica Informale che divorzia dal ‘900 e dai suoi fardelli (è del 2003, il documento inviato a “Repubblica” “
Chi siamo lettera aperta al movimento anarchico ed antiautoritario”)
«si pone come ramificazione diffusa e orizzontale, attraverso gruppi e singoli, costituita sul “mutuo appoggio” e la “solidarietà rivoluzionaria”, con rapporti stabili nel tempo, aperti a nuovi gruppi che possono aderirvi (in questo senso, si tratta di “rapporti fluidi”) e si forma dall’unione dei
gruppi “Fai Solidarietà Internazionale”, “Fai Cooperativa artigiana fuoco e affini (occasionalmente spettacolare)”, “Fai Brigata 20 luglio”, “Fai Cellule contro il Capitale, il Carcere, i suoi carcerieri e le sue celle”». Soprattutto, la nuova Fai (documento “
Non siamo pochi”)
rompe «con il vecchio anarchismo ammorbato dal burocratismo assembleare e dall’ossessione della lotta nel sociale, trasformata in istupidimento nella lotta parziale». Ai greci, Fosco e i suoi compagni invidiano «la determinazione dell’azione diretta». «Hanno sparato. È stato bello», commentano al telefono. Perché hanno un modo di «vivere la guerra» che «non è come la briscola e il tresette del bar». Non è «mettersi la felpina nera, il cappuccetto e dire quanto siamo fighi». In “
Culmine”
e “
Parole Armate”,
i blog in cui armeggiano, vecchi arnesi come Pombo Da Silva e Marco Camenish sono la bussola che dalle galere indica nuovi orizzonti di lotta, ma è significativo che affaccino totem quali l’americano Theodore John Kaczynski, “Unabomber”, l’uomo
che «odia il progresso». Che insegna «che è meglio ammazzare i professori universitari che i proprietari delle fabbriche». Che «è meglio colpire la testa», perché «per crearne una nuova ci vogliono trent’anni».
PERSONE EFFICACI
Va da sé che per il «salto», «non c’è più bisogno di parole». E nel maggio dello scorso anno, a Perugia, in un appartamento pieno di “cimici”, Alessandro Settepani lo grida alla ragazza che lo ascolta: «Quando lo cogliamo questo cazzo di attimo di merda? È adesso la prospettiva rivoluzionaria! È subito! Ora io esco di casa e di obiettivi ne ho quanti me ne pare! Me ne sbatto il culo di chi non se la sente. Quelle sono persone innocue! Innocue al Sistema! E a me non me ne frega un cazzo. Io voglio persone efficaci! Efficaci (“e batte le mani”, annota chi ascolta)... Efficaci non a lungo termine. Nell’immediato». La domanda, ora, è quante ne hanno trovate.