GUIDO RUOTOLO, La Stampa 14/6/2012, 14 giugno 2012
Ribelli di provincia pronti ad armare la sete di rivoluzione - Quel simbolo, quel marchio le cinque frecce e l’acronimo Fai/Fri - racconta l’evoluzione del terrorismo anarchico nell’ultimo anno
Ribelli di provincia pronti ad armare la sete di rivoluzione - Quel simbolo, quel marchio le cinque frecce e l’acronimo Fai/Fri - racconta l’evoluzione del terrorismo anarchico nell’ultimo anno. Da quando cioè è iniziato il rilancio ideologico e programmatico della Fai, la Federazione anarchica informale nata nel dicembre del 2003 con l’offensiva dei pacchi bomba - «operazione Santa Claus» - contro le istituzioni europee. Quel simbolo inaugura l’offensiva dei pacchi bomba contro Equitalia, la Deutsche Bank di Francoforte e l’ambasciata greca di Parigi (dicembre 2011). E, soprattutto, l’agguato genovese all’amministratore delegato di Ansaldo-Nucleare, l’ingegnere Roberto Adinolfi. Scrive il gip che quell’agguato è chiaramente «riconducibile» a quest’area eversiva Fai/Fri (gli arresti e gli indagati di ieri). Quel marchio è la pistola fumante che incastra Stefano Gabriele Fosco alla Federazione anarchica informale (Fai). È lui, infatti, che l’ha disegnato un mese prima che compaia ufficialmente, diventandone il padre, come dimostrano le intercettazioni ambientali e telematiche dove lo stesso Fosco se ne assume, appunto, la paternità. «Questa è una prova... - dice nel novembre del 2011 Fosco alla sua compagna Elisa - è una bozza.. un saggio..». E ancora: «Fri è Rivoluzionario internazionale, sì?» Elisa: «Fronte rivoluzionario internazionale». Scrive il gip: «La progressiva evoluzione verso una dimensione internazionale della Fai consacrata dall’affiancamento a tale sigla di quella del “Fronte rivoluzionario internazionale” (Fri), ha segnato una crescente tendenza al rafforzamento organizzativo mediante soggetti di primario spessore nel panorama internazionale: Gabriel Pombo da Silva e Marco Camenish». Dunque, per la pm perugina Manuela Comodi e per il Ros dei carabinieri, senza ombra di dubbio Stefano Gabriele Fosco e la sua compagna Elisa Di Bernardo sono i personaggi chiave di questa inchiesta. E cioè i protagonisti principali della Fai/Fri che a un certo punto sceglie di imbracciare le armi, di sparare contemplando anche la possibilità di uccidere. Ma insieme a loro, figure carismatiche detenute nelle carceri tedesche, Pombo, e svizzere, Camenish. Secondo il gip, «propulsori sul piano ideativo e programmatico della vita dell’associazione eversiva» Pisa, Perugia, Genova, Terni, Orvieto, Firenze. Si nasconde una certa provincia, dietro le vite «normali» dei terroristi anarchici. Stefano Gabriele Fosco, mezzo secolo alle spalle, argentino di nascita, è residente a Pisa. In una lettera di risposta a Fosco, l’allora detenuto Sergio Maria Stefani gli scrive: «Il tuo tentativo di coinvolgermi/ci in questa lotta è aria fresca che entra attraverso le sbarre e mi porta il profumo della prima neve, di benzina e di rivolta». Prosa immaginifica e scoppiettante, non c’è dubbio. Ma a modo suo il detenuto Stefani riconosce il ruolo carismatico e organizzativo di Fosco. È lui del resto che dall’esterno promuove, fa veicolare lo sciopero della fame in carcere, attraverso il sito web di riferimento, «Culmine». È sempre lui che ha rapporti strettissimi con la Cospirazione di cellule di fuoco greche (e da loro ottiene la «licenza» di poterne sfruttare il logo). L’inchiesta del Ros dei carabinieri nasce all’indomani del tentato attentato alle Ferrovie Sulla tratta Orte-Ancona, nel marzo del 2008. Due gli arrestati, Alessandro Settepani e Sergio Maria Stefani. I due passano la loro detenzione nel carcere di Alessandria dove la loro corrispondenza viene sequestrata. Insieme a Pombo e Camenish danno vita a quello sciopero della fame rilanciato sul web da Fosco, che parte giusto in contemporanea con l’offensiva «Eat The Rich», che nel dicembre del 2009 colpisce con un pacco esplosivo il Cie di Gradisca d’Isonzo, Gorizia, e con un ordigno esplosivo l’università Bocconi di Milano. Una volta fuori dal carcere, nell’agosto del 2010, Settepani e Stefani entrano in contatto con Stefano Gabriele Fosco e danno vita anche ad attentati minori. Che questa neutralizzata dalla Procura di Perugia possa essere l’area di riferimento del nucleo Olga che ha colpito a Genova ferendo l’ingegner Adinolfi, lo si capisce anche dalle conversazioni tra i diversi indagati. Nel documento di rivendicazione di Genova si fa riferimento alla campagna contro Finmeccanica. Il 24 maggio del 2011 Giulia Marziale parla con Alessandro Settepani: «Il primo giugno scendono a Giulianova, Alba Adriatica, un paio di persone di Rovereto a presentare l’opuscolo su Finmeccanica. Un ex tabacchificio se l’è ricomprato Finmeccanica con altre grosse aziende insieme all’università per farci un centro di sperimentazione, in collaborazione con l’università delle scienze cognitive, per le armi... una porcheria gigantesca». Gli opuscoli? Giulia risponde: «Li ho riscesi da Torino».