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 2012  giugno 14 Giovedì calendario

Che quello degli esodati fosse un pasticcio lo si era capito subito. E del resto i sindacati sono sei mesi almeno che lo sostengono e pressano il governo

Che quello degli esodati fosse un pasticcio lo si era capito subito. E del resto i sindacati sono sei mesi almeno che lo sostengono e pressano il governo. Dalla prima stima, 50 mila persone interessate dalla «tagliola», si è infatti passati a 130mila, poi 350 mila e l’altro giorno a 390.220. Con una avvertenza segnalata da più parti: non si parla di numeri, ma di famiglie in difficoltà, di persone che hanno fatto un accordo per lasciare il lavoro ed ora rischiano di restare senza occupazione e senza pensione a causa dell’età pensionabile dell’ultima riforma Fornero. I sindacati hanno sempre parlato di 300 mila e più. Il decreto del governo ne garantisce però solo 65 mila. Colpa del ministro che sottovaluta il problema? No. Perché l’esecutivo lo stesso giorno in cui ha presentato il suo decreto, il 5 giugno, ha detto a chiare lettere di essere «consapevole che il provvedimento» sui lavoratori salvaguardati «non esaurisce la platea di persone interessate alla salvaguardia come, in particolare, i lavoratori per i quali sono stati conclusi accordi collettivi di uscita dal mondo del lavoro e che avrebbero avuto accesso al pensionamento in base ai previgenti requisiti - non prima del 2014 - a seguito di periodi di fruizione di ammortizzatori sociali». Semmai una colpa va individuata, la prima di una lunga catena di errori, è quella della Ragioneria dello Stato e del Tesoro, che hanno imposto un limite alla spesa di 5 miliardi. Che tradotto non significa però negare il problema, ma affrontarne solamente un primo pezzo. Il discrimine è quello del 2014: fino a quella data tutti gli esodati sono tutelati. Dal 2014 sino al 2017 ci sono altre 300 mila posizioni da analizzare. Come nasce il problema Tutto inizia lo scorso autunno con la decisione di innalzare a 62 anni l’età minima per andare in pensione. Peccato che in parallelo, mentre al ministero del Lavoro si fissavano questi nuovi paletti, in un altro palazzo del governo, lo Sviluppo economico, continuavano ad essere firmati accordi di ristrutturazione che contemplavano scivoli, ammortizzatori e piani imperniati sulle vecchie regole. Cosa fa sballare i conti? Il «famigerato» documento dell’Inps che fissa quota 390 mila individua due platee precise che fanno lievitare il numero degli esodati: quella di chi prosegue volontariamente (133.000 persone autorizzate ai versamenti volontari nati dopo il 1946 e con un ultimo versamento contributivo antecedente il 6 dicembre 2011) e i cosiddetti «cessati», ovvero quelli che sono usciti dal lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause tra il 2009 e il 2011 che hanno più di 53 anni e che non si sono rioccupati (180.000 secondo l’Inps). Per queste due categorie, infatti, il decreto del governo prevedeva rispettivamente 10.250 e 6.890 salvaguardati. La scelta del governo. Il primo passo deciso dall’esecutivo fissa un paletto al 6 dicembre 2011, data di entrata in vigore del decreto Salva-Italia. È «salvo» chi matura la decorrenza della pensione entro 24 mesi dall’entrata in vigore da questa data e che di fatto, considerate le finestre mobili, matura i requisiti entro maggio 2012 se autonomi e entro novembre 2012 se dipendenti. Per tutti gli altri si deve provvedere con un successivo intervento. La forbice protetti/non protetti non riguarda solo cessati e prosecutori volontari ma anche altre categorie: 45.000 persone tra . mobilità ordinaria e quella lunga a fronte dei 29.050 salvaguardati dal decreto, 26.200 che beneficiano di fondi di solidarietà a fronte di 17.710, 3300 beneficiari del congedo straordinario per l’assistenza ai figli gravemente disabili anziché 150. Il nodo dei costi Se il primo intervento sui 65 mila costa 5 miliardi, salvaguardare la pensione degli altri 300-325 mila può costare, a seconda delle stime 10-12 miliardi, qualcuno dice anche 25. Un cifra certa non c’è. Anche in questo caso, in attesa della nuova «velina» dell’Inps, sembra ripetersi la lotteria dei numeri. «In 10 anni sulla previdenza abbiamo risparmiato 140 miliardi: i soldi vanno presi da lì» dice Raffaele Bonanni (Cisl). Fornero sapeva? Il documento dei 390 mila risulta uscito dall’Inps il 22 maggio ma sul tavolo del ministro del Lavoro, sostengono al ministero, non è mai arrivato. Non si esclude un problema «di funzionamento» degli uffici competenti, ma anche l’Inps ci ha messo del suo a fare confusione: richiesto ufficialmente in Parlamento di fornire delle stime il presidente Antonio Mastrapasqua ha detto di non avere numeri a disposizione. Il direttore generale Mauro Nori, in un’altra occasione, ha parlato di 135 mila. Salvo poi in privato confidare a qualche deputato che a suo giudizio gli esodati erano 350 mila. Insomma un po’ l’ente ha retto il gioco dell’esecutivo, che oltre ai 5 miliardi di spesa faceva fatica ad andare, ed un po’ ha giocato a fare da guastatore. Di qui lo sfogo dell’altro ieri del ministro Fornero che ha parlato di «documento parziale e non spiegato», «irresponsabile», «fatto per danneggiare il governo». Il ruolo dell’Inps In questa partita anche le vicende interne all’Inps hanno un loro peso: lo scontro tra Mastrapasqua e Nori (i due sembra che fino a ieri non si parlassero nemmeno più), e la posizione del presidente, che è sì blindato dal Salva Italia (che lo nomina commissario per la fusione tra Inps, Inpdap ed Enpals sino a tutto il 2014) ma che vede ormai agli sgoccioli la sua carriera di superpresidente. In parlamento una mozione bipartisan ha chiesto al governo di rivedere la governance dell’ente e la stessa Fornero ha insediato una commissione di esperti per studiare la questione. Per lui il conto alla rovescia insomma è già iniziato.