Angelo Aquaro, la Repubblica 14/6/2012, 14 giugno 2012
IL VIAGGIO
al centro della Terra comincia alle porte di una miniera di Bingham Canyon, Utah, lo stato dei mormoni che da 40 milioni di anni riposa su un tesoro e che soltanto adesso - tra le proteste degli ecologisti e il timore dei sindacati - la compagnia mineraria più grande del mondo ha deciso di aggredire del tutto.
È UN’IMPRESA da 165 milioni di dollari, un costosissimo viaggio nel nero dipinto di nero delle profondità del pianeta, una discesa infinita con un traguardo ancora più ricco e ambizioso: un giacimento di rame da cinque miliardi di dollari.
Il grande esperimento lanciato da Rio Tinto, il colosso anglo- australiano dei metalli, è solo il più imponente della nuova corsa all’oro di tutti i colori: che poi è rame, carbone, acciaio, potassio. Il mondo ha fame di minerali: sempre troppo pochi e sempre più necessari per lo sviluppo industriale, energetico, economico. E l’industria risponde andando a cercare questi tesori sempre più in profondità. La miniera di Bingham Canyon, quella da dove è uscito il rame per coniare le monete di bronzo delle prossime Olimpiadi di Londra, è già la miniera più profonda del mondo. E tra le più ricche. Oltre 19 milioni di tonnellate di rame sono state già estratte. Malgrado l’antica profezia dei mormoni, la religione di quel Mitt Romney che vuole cacciare dalla Casa Bianca Barack Obama,
che qui si stanziarono alla metà di due secoli fa e subito allontanarono ogni tentazione di scavi: nel timore che avrebbero richiamato altri indesiderati coloni.
Il problema è che anche la più grande miniera del mondo è destinata a esaurirsi. I depositi facili da trovare, quelli cioè vicini alla superficie «sono già stati quasi tutti individuati», dice al
Wall Street JournalRichard
Hillis, l’amministratore delegato di un consorzio australiano che si prefigge così di guardare più a fondo, come suggerisce già il nome: Deep Exploration Technologies Center Research.
Proprio gli australiani sono insieme ai canadesi i più attivi in questo tipo di esplorazioni. I rispettivi governi hanno già stanziato fior di quattrini per finanziare centri di ricerca che sappiano individuare nuove tecniche per spingersi sempre più giù. Tant’è che tra i funzionari dei due paesi circola già una battuta: ci ritroveremo al centro della Terra. Sempre che — cubo dopo cubo — la Terra non venga trasformata prima in un poco simpatico groviera.
Le miniere tradizionali non sono più profonde di poche centinaia di metri. Ma la profondità della Terra varia dai 10 ai 70 chilometri: e allora hai
voglia a scavare. A Bingham Canyon sognano di cominciare a quota 1200: una miniera profonda più di un chilometro. Costruendo complicatissimi tunnel. Sviluppando necessariamente tecnologie robotiche: se no chi ci arriva laggiù? Quanto
basta a lanciare l’allarme degli ambientalisti. «Gli scavi in profondità rischiano di intercettare le acque nel sottosuolo e quindi di aumentare le possibilità di inquinamento dell’acqua » spiega a
Repubblica
Bonnie Gestring, un’attivsta di
Earthworks. «L’acqua si contamina per l’esposizione ai metalli o ai solfuri nella roccia, formando una fonte di inquinamento che se non viene catturata e trattata rischia di contaminare le riserve potabili». Il solito allarmismo? I tecnici di Rio Tinto giurano di essere capaci di controllare e pulire i detriti. «Ma i primi detriti della miniera di Bingham Canyon hanno già incominciato a inquinare le acque sotterranee» rincara Gestring: «Raggiungendo le riserve acquifere di migliaia di residenti locali».
La profezia dei mormoni si sta avverando? I sacerdoti dell’industria naturalmente giurano che alternativa non c’è. La scarsità dei minerali impone scelte radicali. C’è chi sta pensando di andarne a caccia nell’alto dei cieli. Cioè sugli asteroidi: come il regista James Cameron che si è imbarcato in un progetto da fantascienza con gli esperti (e i milioni) di Google. Oppure bisognerà rassegnarsi ad andare sempre più giù. Viaggio al centro della Terra: ma neppure Jules Verne avrebbe mai sognato di doversi aggrappare a un filo di rame.