Notizie tratte da: Antonio Pascale # Pane e Pace # Chiarelettere 2012 # pp. 106, 7,50 euro., 13 giugno 2012
Notizie tratte da: Antonio Pascale, Pane e Pace, Chiarelettere 2012, pp. 106, 7,50 euro.Un contadino inglese del Cinquecento e uno del Novecento ottenevano con il proprio lavoro la stessa quantità di prodotto
Notizie tratte da: Antonio Pascale, Pane e Pace, Chiarelettere 2012, pp. 106, 7,50 euro.
Un contadino inglese del Cinquecento e uno del Novecento ottenevano con il proprio lavoro la stessa quantità di prodotto.
Un cacciatore raccoglitore di diecimila anni fa ricava cinquecento chili di raccolto per un ettaro di terra coltivato a farro. Dopo ottomila anni, in età romana, lo stesso contadino arriva a produrre una tonnellata di frumento per ettaro. Alla caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.) la quantità di frumento rimane invariata. Arrivati al Rinascimento la resa del frumento rimane la stessa. Così durante l’Illuminismo e nell’Ottocento. La produzione di cereali comincia a crescere solo nella seconda metà del Novecento.
Un contadino inglese del 1790 spendeva così il proprio reddito:
• 75 per cento per il cibo
• 10 per cento per vestiario e biancheria
• 6 per cento per l’alloggio
• 5 per cento per riscaldarsi
• 4 per cento per l’igiene
«Per un milione di anni siamo stati cacciatori-raccoglitori. Solo diecimila anni fa abbiamo cambiato status. Il fatto è che i cacciatori-raccoglitori non se la passavano male: i resti fossili evidenziano uomini alti e forti. Mangiavano molte specie, 180 e più, tra flora e fauna, pochi acciacchi, niente scoliosi, carie, osteoporosi. La nascita dell’agricoltura cambia tutto: i resti fossili portano la testimonianza del trapasso. La dieta si restringe, dalle 180 specie si passa a 4 cereali, la statura diminuisce, si diventa stanziali, inizia la società predatoria, arrivano le malattie, carie, scoliosi e via con il resto della litania».
Le grandi innovazioni tecnologiche in agricoltura del Novecento: la selezione dei semi più produttivi, l’importazione di specie sconosciute dal Nuovo Mondo, l’invenzione di aratri con lama di metallo più efficiente, la rotazione triennale delle coltivazioni ecc.
Le principali scoperte che hanno portato alla Rivoluzione verde: 1737, John Harrison inventa l’orologio marino per misurare la longitudine; 1764, James Newcomen inventa Spinning Jenny, la ruota per filare la lana che impiega più fusi contemporaneamente; 1776, Watt inventa la macchina a vapore multiuso; 1779, James Crompton inventa Spinning mule, sistema per meccanizzare la tessitura ecc.
Il fosforo e il potassio rendono la pianta più robusta, l’azoto la fa crescere. A partire dai primi decenni del Novecento questi tre elementi cominciano a essere disponibili in forma sintetica e in buona quantità. Prima di allora si usava il letame.
Gli agrofarmaci, nome tecnico per i pesticidi. In realtà si tratta di una cattiva traduzione dall’inglese. Il termine Pest indica l’insetto o il patogeno responsabile dell’attacco o dell’infezione. In italiano peste è tutt’altro.
Negli anni Quaranta arrivano i primi pesticidi.
Le mondine, che compaiono nelle campagne padane tra Vercelli, Novara e Pavia dalla seconda metà dell’Ottocento. Servono per estirpare le male erbe nelle risaie. La risaia era divisa in «piane» delimitate da argini e colme d’acqua. Una squadra di lavoro era composta da otto o dieci mondine. Alcune strappavano le erbacce e le passavano di mano in mano alle altre, che le depositavano in corrispondenza dei solchi colatoi.
Mentre mondavano il riso le mondine cantavano: «Sciur padrun da le bele brache bianche / fora le palanche fora le palanche…». «Se otto ore / vi sembran poche / provare voi a lavorar / e proverete la differenza / tra lavorar e comandar». «Sebben che siamo donne / paura non abbiamo / per amore dei nostri figli / noi in lega ci mettiamo». «Se non ci conoscete guardateci negli occhi / Noi siamo da Rovigo ne piase i giovanotti / Dai dai dai sempre avanti indietro mai».
Attualmente un terzo della produzione alimentare cinese proviene da varietà ottenute con il miglioramento genetico di quelle amerinde.
Il progenitore del mais, il teosinte, è una pianta selvatica che cresce nella Sierra Madre messicana e ha una pannocchia grande quanto una moneta da un euro.
Un recente esperimento realizzato da Steven Tanksley della Cornell University ha dimostrato che tutti i tipi di pomodori del mondo derivano in realtà da poche piante coltivate nelle Ande.
I pomodori sono raccolti quando sono ancora acerbi per poi essere trasportati sui banchi di vendita. Durante il trasporto la maturazione è riattivata con l’etilene, un ormone. Il problema è che nelle celle frigorifere non tutte le fasi di maturazione si completano, perciò capita che i frutti restino rossi fuori e acerbi dentro.
In Italia il responsabile del miglioramento genetico del grano è stato l’agronomo Nazareno Strampelli, che ha operato durante il fascismo. Ricorse all’ibridazione incrociando varie tipologie di spighe. Nel 1914 creò la Carlotta Strampelli (dal nome della moglie), resistente alla ruggine, al freddo e all’eccessiva fragilità. Poi la incrociò con una varietà giapponese, l’Akagomughi, e ottenne l’Ardito. Ebbe un grande successo: maturava 15-20 giorni prima delle altre piante, resisteva al freddo e alla ruggine ed era molto produttiva. Grazie all’Ardito il regime fascista portò avanti la battaglia del grano: dai 44 milioni di quintali prodotti del 1922 si passò agli 80 milioni di quintali del 1933, senza quasi ampliare la superficie coltivata.
«Dove cresceva una spiga di grano ne fece crescere due» (scritta fuori dalla casa di Nazareno Strampelli, a Crispiero, Macerata).
L’agronomo statunitense Norman Borlaug, che nel 1970 vinse il premio Nobel per la Pace con la seguente motivazione: «A colui che più di ogni altra persona del nostro tempo ha aiutato a dare il pane a un mondo affamato. Noi abbiamo fatto questa scelta nella speranza che provvedendo al pane si darà pace a questo mondo». Negli anni Sessanta, tramite ibridazioni genetiche, Borlaug realizzò qualità di frumento e di riso molto produttive e molto resistenti, che aiutarono a combattere la fame prima in America Latina, poi in India.
Dagli anni Settanta agli anni Novanta, grazie ai miglioramenti genetici del grano, la resa delle coltivazioni è passata da quattro a sette tonnellate per ettaro.
Problemi causati dalla Rivoluzione verde degli anni Sessanta: i diserbanti di prima generazione hanno inquinato le falde acquifere, gli agrofarmaci distribuiti con mano pesante hanno creato squilibri nella microfauna, la monocultura spinta ha avvantaggiato le colture più produttive limitando la biodiversità, l’intenso uso dell’acqua ha prosciugato bacini millenari. Così i chimici hanno iniziato a produrre nuove molecole a bassa tossicità che non lasciano residui.
«Ogni cosa è veleno, non esiste cosa che non sia. Solo la dose fa sì che una sostanza non divenga veleno» (Paracelso, alchimista del Cinquecento).
Paracelso, che curava i poveri gratis e ai ricchi imponeva parcelle salatissime.
Tutti gli agrofarmaci, o pesticidi, sono testati attraverso studi tossicologici. Questi test, che costano svariati milioni di euro, ci informano sulla correlazione tra dose e risposta, ovvero ci segnalano qual è la quantità che l’organismo è in grado di sopportare.
Gennariello, il saggio su Napoli che Pier Paolo Pasolini pubblicò a puntate sul Mondo a partire dal 6 marzo 1975. Iniziava così: «Benché sia ormai un po’ di tempo che non vengo a Napoli, i napoletani per me rappresentano una categoria di persone che mi sono, appunto, in concreto, e per di più ideologicamente, simpatiche. Essi infatti non sono cambiati. Sono rimasti gli stessi napoletani di tutta la storia. E questo, per me, è molto importante, anche se so che posso esser sospettato per questo delle cose più terribili. Ma che vuoi farci, preferisco la povertà dei napoletani al benessere della Repubblica italiana, preferisco l’ignoranza dei napoletani alle scuole della Repubblica italiana, preferisco le scenette, sia pure un po’ naturalistiche, cui si può assistere nei bassi napoletani, alle scenette della televisione della Repubblica italiana. […] Considero anche l’imbroglio uno scambio di sapere. Un giorno mi sono accorto che un napoletano durante un’effusione di affetto mi stava sfilando il portafoglio, gliel’ho fatto notare e il nostro affetto è cresciuto».
Nelle serre gli insetti dannosi vengono controllati da insetti predatori, oppure si impiegano trappole chimiche (ferormoni) che attirano gli insetti, o si monitorano i predatori e si interviene chimicamente se si supera una certa soglia di danno.
L’Italia è il leader mondiale nella coltivazione in serra. In Emilia Romagna il 70% dei prodotti ortofrutticoli è ottenuto tramite lotta biologica integrata.
Dalla metà degli anni Ottanta i genetisti di seconda generazione hanno puntato al ritorno alla coltivazione biologica, intervenendo però sul dna.
Il grano ha 150.000 geni, sei volte più dell’uomo.
L’uomo condivide con lo scimpanzé il 98 per cento dei geni, con il topo il 90, con la gallina l’89,2, con il banano il 50, con un archeobatterio il 19,8.
Negli organismi geneticamente modificati (ogm) la quantità di geni spostati è piccola, uno o due, mentre con il classico incrocio si arrivano a spostare centinaia di migliaia di geni che potenzialmente possono cambiare di posizione.
«Se immaginiamo di colorare i singoli geni, una pianta ottenuta tramite incrocio apparirebbe come una guazzabuglio di colori. Se invece prendiamo un ogm (o Dna ricombinate) la pianta appare come un quadro omogeneo. C’è solo una striscia di colore diverso, quella relativa al singolo gene inserito».
Mario Capanna che durante una puntata di Unomattina ha sostenuto di aver visto la fragola-pesce (ogm mai esistito). O Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che ha scritto sull’Espresso che le piante mal sopportano le modifiche genetiche (affermazione antidarwiniana e antiscientifica).
In tutti i campi di coltivazione biologica viene spruzzato il Bacillus Thuringiensis, una batterio che produce una tossina mortale per molti insetti e innocua per l’uomo. In altre parole, tutti i prodotti biologici sono trattati con un insetticida. «Questo vuol dire che quando mangiate un prodotto biologico ingerite anche le tossine o, a volte, le colonie di batteri che producono quella tossina. Piccolo problema: bisogna comunque entrare nei campi con le macchine e spargere il batterio (o le tossine). In genere l’insetticida è distribuito in formazione aerosol o granulare. Ciò vuol dire prendere il trattore, entrare nel campo, passare tra i filari, consumare gasolio, compattare il terreno… Allora si è pensato, e siamo alla metà degli anni Ottanta, se prendiamo solo quel gene del Bacillus che produce la tossina e lo inseriamo in una pianta? Così la pianta stessa produce la tossina e solo quegli insetti che predano la pianta muoiono. E poi si hanno meno spese: non devi comprare l’insetticida né prendere il trattore, consumare il gasolio ecc».
Il mercato delle piante ogm è monopolizzato dalla Monsanto, l’unica che può comprare i brevetti costosissimi delle università e pagare 50 milioni di dollari per i controlli a cui sono sottoposte tutte le piante geneticamente modificate.
«Sono un ispettore agrario, lavoro al ministero delle Politiche agricole e forestali da ventidue anni e da ventidue anni giro per le campagne del nostro bellissimo e desolato paese per stimare i danni prodotti dalle calamità naturali. Ebbene, mi è capitato più volte di vedere contadini biologici che usavano agrofarmaci consentiti dal disciplinare del biologico che in realtà non sono per niente sicuri. È il caso del rame, che qualche agronomo mistico in vena olistica definisce “energia vitale”, ma in realtà è un metallo pesante che in dosi elevate può danneggiare la microfauna presente nel terreno».
Oggi il 20 percento dei prodotti resta sul campo perché attaccato dagli insetti.
Le specie vegetali geneticamente modificate al momento: mais, soia, colza e papaya.
I Paesi che hanno il maggior numero di campi coltivati a ogm: Stati Uniti, Brasile, Canada e Argentina.
L’attivista indiana Vandana Shiva, che ha diffuso la credenza che solo i semi ogm sono sterili e costringono così gli agricoltori a ricomprarli a ogni semina dalle multinazionali. Cita sempre il caso dei semi Terminator. In realtà tutti i contadini di tutto il mondo ormai ricomprano sempre i semi da aziende sementiere, a volte sono obbligati a farlo dalla legge, perché il seme certificato è sano, produttivo ed esente da virus mentre i semi riseminati rischiano di avere una progenie disomogenea. Nessuno conserva più il seme per riseminarlo l’anno dopo.
Nel 1861, quando i contadini riseminavano, la resa del mais era di circa otto quintali per ettaro. Nel 1961, quando si cominciò ad acquistare il seme dalle aziende sementiere, la produzione passò a 25 quintali per ettaro. Oggi si è arrivati a 100 quintali.
«Centocinquant’anni dalla prima edizione dell’Origine della specie di Darwin e siamo ancora al sapere nostalgico. Gli italiani sono creazionisti, le cose passate rassicurano, ciò che è nuovo inquieta».