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 2012  giugno 12 Martedì calendario

COCA-COLA «SGASA» IL GOVERNO


ROMA - I numeri sono significativi: 3,2 miliardi di euro di valore aggiunto immesso nell’economia italiana, equivalenti allo 0,21% del Pil; 45.300 posti di lavoro diretti e indiretti, lo 0,18% dell’intera forza lavoro nazionale; 1,2 miliardi di euro versati allo Stato sotto forma di tasse (lo 0,37% del totale delle entrate fiscali in Italia). Ecco quanto vale la presenza di Coca-Cola in Italia. Già, presenza. Perché, contrariamente a quanto è portata a credere la maggior parte dei consumatori, la celebre bevanda con le bollicine non è esclusivamente un affare “made in Usa” (ad Atlanta, per la precisione). IL PRECEDENTE FRANCESE Sul territorio italiano, infatti, Coca- Cola opera dal 1927 e oggi sono sette gli impianti di imbottigliamento sparsi lungo la Penisola. Nessuna importazione, dunque, ma un assetto organizzativo che prevede tre società presenti sul territorio (Coca-Cola Italia; Coca-Cola Hbc Italia e Sibeg) che fanno di Coca-Cola la settima azienda del settore food & beverage italiano. Una realtà, tuttavia, che nonostante le rassicurazioni di Salvatore Gabola, direttore generale degli affari pubblici per l’Europa di The Coca Cola company («non intendiamo assolutamente lasciare questo Paese»), potrebbe essere messa a rischio dalla politica fiscale del governo Monti. Il campanello d’allarme è suonato quando Renato Balduzzi, ministro della Salute, alla fine di maggio ha lanciato la proposta di introdurre una tassa di tre centesimi su ogni bottiglia di bibita gassata e zuccherata da 33 cl. Intervento che porterebbe nelle casse dello Stato 250 milioni di euro l’anno. «L’impatto di un’eventuale accisa sulle bevande dovrebbe essere valutato con attenzione», premette Gabola. Il manager ricorda cosa è accaduto in Francia, dove è stata adottata una misura simile, lo scorso anno: «C’è stata una riduzione del 3% del consumo di bevande non alcoliche». Le motivazioni erano le stesse alla base della sortita di Balduzzi: porre l’attenzione sull’eccessivo consumo di bibite troppo gassate e zuccherate. «Una scusa», attacca Gabola, visto che nel caso di Coca-Cola «l’impatto sulla salute è uguale a zero». Fatto sta che l’azienda, che ieri ha presentato il primo rapporto sul proprio impatto socio- economico in Italia, lancia l’avvertimento: «Mettere sul tavolo un’imposta su un solo tipo di prodotto è un approccio incomprensibile, ingiustificabile e discriminatorio». LO SCENARIO DELL’ADDIO Lo studio realizzato per Coca-Cola Italia da Ethan B. Kapstein ipotizza cosa accadrebbe se, a fronte di un’eccessiva tassazione, l’azienda decidesse di sostituire la produzione domestica con i prodotti importati, lasciando alla rete locale esclusivamente la distribuzione. «L’economia italiana andrebbe incontro a una perdita di 221 milioni di euro di valore aggiunto e di quasi 3.500 posti di lavoro».