Luigi Grassia, Tuttoscienze-La Stampa 13/6/2012, 13 giugno 2012
Jumbo e laser antimissile Inizia l’era di Star Trek Fin da bambini la fantascienza ci ha abituato all’idea che l’arma del futuro sarebbe stata a raggi laser, e in effetti (pian piano) gli eserciti e le aeronautiche militari si stanno adeguando alle nostre legittime aspettative
Jumbo e laser antimissile Inizia l’era di Star Trek Fin da bambini la fantascienza ci ha abituato all’idea che l’arma del futuro sarebbe stata a raggi laser, e in effetti (pian piano) gli eserciti e le aeronautiche militari si stanno adeguando alle nostre legittime aspettative. Per i combattimenti a terra è già funzionante un fucile americano denominato «Phasr». Il nome è una sigla, «Personnel halting and stimulation response», ma in realtà lo scopo di questa contorsione lessicale è inseguire l’assonanza con il «Phaser» di Star Trek, un’arma che nel telefilm colpiva e stordiva senza uccidere. Il Phasr del 2012 provoca una cecità temporanea e questo è un problema, perché l’Onu ha vietato le armi che accecano. Adesso gli americani vorrebbero far passare la nozione che la cecità temporanea è più umanitaria dell’ammazzamento definitivo. Può sembrare strano, ma con le armi laser nel 2012 siamo più avanti a livello di astronavi che di combattimento individuale. Nei cieli americani vola un Boeing 747 che potrebbe candidarsi (appunto) a nave spaziale, visto che è modificato con un grande bulbo anteriore e dotato di apparecchiature nella fusoliera che gli permettono di abbattere i missili a colpi di laser. L’ha già fatto, è sperimentato. Il sistema d’arma Yal-1A è avvantaggiato sul fucile laser, perché se qualcuno acceca o distrugge un missile l’Onu non si lamenta. Però usare un laser a distanza, nel raggio di 300 km che pare sia la portata dello Yal-1A (il dato preciso è segreto), è più complicato che sparare a distanza ravvicinata con un’arma individuale. Il laser, in fondo, non è altro che un raggio di luce e della luce ha le vulnerabilità. Se punto un fucile Phasr su un bersaglio a breve distanza, posso ragionevolmente supporre che l’aria che attraversa il raggio di energia sia più o meno omogenea, ma su distanze di centinaia di km quel raggio incontrerà strati diversi e sarà soggetto a distorsioni. Perciò il jumbo che porta in cielo lo Yal-1A deve essere dotato di computer così potenti da valutare e compensare la differenza di pressione atmosferica lungo tutto il tragitto del raggio laser. Il laser fa parte di una famiglia di armi definite «a energia diretta»: non colpiscono il bersaglio con la mediazione della forza di un proiettile, ma lo investono direttamente con un fascio di energia portata a distanza da onde elettromagnetiche. Di solito queste armi hanno una potenza regolabile, perciò possono concentrare la massima intensità per fondere la superficie esterna di un missile e farne esplodere le cariche, oppure possono essere usate a bassa potenza per mettere fuori uso solo in modo parziale un veicolo e così inabilitarlo senza ucciderne gli occupanti (in questo caso si parla di «soft kill»). Fra le armi a energia diretta che però non sono a raggi laser figurano le «bombe E», che mettono K.O. i sistemi elettronici e digitali del nemico non con un’esplosione, ma attraverso un potente impulso elettromagnetico; così si possono fare dei danni enormi senza spostamento d’aria e senza far volare neanche una scheggia. Le armi a energia diretta cambieranno la guerra? E quando? Andrea Nativi, direttore della Rivista italiana difesa (Rid), dice che «sono già una realtà e che saranno dispiegate a partire dal 2020 e man mano affiancheranno o sostituiranno quelle convenzionali. I bombardamenti aerei verranno fatti con armi laser, e così i duelli aerei fra caccia. Nel combattimento a terra si diffonderanno i fucili a microonde che scottano la pelle e altre armi non letali». Poi in Star Trek a volte fanno anche a cazzotti.