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 2012  giugno 12 Martedì calendario

IL PROF STUFO DEI SUOI MINISTRI IN TRE RISCHIANO IL POSTO


C’è, nella lettera inviata ieri dal premier Mario Monti a Repubblica, un passaggio dal suono vagamente sinistro. Arriva verso la fine, quando il premier replica all’invito di Eugenio Scalfari a licenziare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi Vincenzo Fortunato ed il ragioniere generale del Tesoro Mario Canzo in quanto rei di eccessiva contiguità al centrodestra. Premessa la difesa (d’ufficio?) dei tre accusati, Monti aggiunge una postilla: «Naturalmente», scrive il premier, «nel caso riscontrassi in loro, così come in ogni altro collaboratore, un solo caso di mancata correttezza o lealtà non esiterei a privarmi della loro collaborazione». Tradotto: al primo sgarro, arrivederci e grazie. Della terna indicata da Scalfari, il nome cui il preavviso di sfratto di Monti sembra essere maggiormente indirizzato è quello di Catricalà. I rapporti tra i due, che dei migliori non sono mai stati, hanno subito un netto peggioramento un paio di settimane or sono. Galeotta fu una bozza di riforma del Csm portata avanti dal sottosegretario senza coinvolgere opportunamente nel progetto il resto del governo. Il mondo della giustizia minacciò le barricate e successe un finimondo, tanto che il premier si vide costretto a sconfessare, tramite una nota ufficiale di rara irritualità diramata di domenica pomeriggio, l’intera operazione. La bozza Catricalà fu bollata dal premier, mai come nell’occasione avaro di eufemismi, come «inopportuna e impercorribile ». Da allora, il clima tra Monti e Catricalà (che, è bene ricordarlo, a rigor di organico sta all’attuale premier come Gianni Letta stava a Silvio Berlusconi), non ha dato segnali di miglioramento. Il problema è che all’interno dell’esecutivo i fronti aperti iniziano a diventare molteplici. Le difficoltà incontrate sul cammino del decreto sviluppo, ad esempio, stanno scavando il solco tra il ministro titolare della materia, Corrado Passera, ed il Tesoro (dove già la coabitazione tra il ministro in carica Monti ed il suo vice Vittorio Grilli non è delle più agevoli). Non a caso, ieri Passera ha incassato dal neopresidente Giorgio Squinzi un assist che pare andare al di là del semplice attestato di stima: «Passera», ha detto il numero uno di viale dell’Astronomia, «è molto attento, disponibile ad ascoltare, molto propositivo ma fino adesso non mi sembra stia avendo un grande supporto dal governo e dal suo stesso ministero». Parole che, alle orecchie di quanti sospettano il ministro dello Sviluppo economico di stare gettando le fondamenta di un impegno in politica anche dopo il 2013, suoneranno come un endorsement in piena regola. L’ultima figuraccia sul numero dei lavoratori esodati (poco meno di quattrocentomila a fronte dei sessantancinquemila stimati dal governo), complica infine la posizione del ministro del Welfare Elsa Fornero. Alcune performance della quale - specie in ambito comunicativo e mediatico - avevano già suscitato la perplessità del premier in passato. Senza contare il fronte apertosi tra la professoressa piemontese e il solito Grilli, cui nel consiglio dei ministri di giovedì scorso la titolare del Welfare aveva imputato ritardi nel reperimento delle risorse per coprire gli interventi proprio sugli esodati. Una frattura che, visti gli ultimi sviluppi, rischia di allargarsi parecchio. M. G.