MASSIMILIANO PANARARI, La Stampa 13/6/2012, 13 giugno 2012
Cinque Stelle Ve li do io i maître-à-penser - Ma i trionfatori delle ultime elezioni amministrative quale cultura politica hanno? I grillini, o meglio gli esponenti del Movimento 5 Stelle (come Massimo Gramellini ha invitato giustamente a chiamarli) rappresentano una novità per molti versi radicale nel nostro panorama politico, e una delle manifestazioni più evidenti di quel processo che gli studiosi chiamano postpolitica
Cinque Stelle Ve li do io i maître-à-penser - Ma i trionfatori delle ultime elezioni amministrative quale cultura politica hanno? I grillini, o meglio gli esponenti del Movimento 5 Stelle (come Massimo Gramellini ha invitato giustamente a chiamarli) rappresentano una novità per molti versi radicale nel nostro panorama politico, e una delle manifestazioni più evidenti di quel processo che gli studiosi chiamano postpolitica. Ovvero, una trasformazione della politica, tipicamente postmoderna, che vuole andare oltre la liberaldemocrazia di tipo rappresentativo. E, infatti, questo movimento non è, in senso stretto, né di destra né di sinistra, e costituisce un arcipelago complesso, in cui compaiono tendenze e sensibilità diversissime, cementate dal rifiuto della classe politica esistente. Che raggiunge, a volte, asprezze polemiche irriguardose nei confronti delle istituzioni (come nel caso, inaccettabile, degli attacchi al Presidente della Repubblica), ma che dovrebbe indurci a rivedere l’etichetta di antipolitica, per sostituirla con quella, più appropriata, di antipartitismo. Insomma, un gran calderone che macina e centrifuga elementi differenti, dando origine a una cultura politica inedita per la Seconda Repubblica. Nel delineare la fenomenologia del grillismo ci aiutano alcuni libri usciti in queste settimane - tra i quali La filosofia di Beppe Grillo di Edoardo Greblo (Mimesis), Contro l’Italia degli zombie di Jacopo Iacoboni (Aliberti), Avanti popoli! di Alessandro Lanni (Marsilio), oltre che, naturalmente, la «bibbia» del movimento, Siamo in guerra (Chiarelettere), scritta dallo stesso Grillo insieme con il suo spin doctor Gianroberto Casaleggio - e, in particolare, l’osservazione di quanto centrale si sia rivelato il web nella diffusione di una modalità inedita (e vincente) di fare politica. Un fenomeno continentale che ha fatto volare il consenso dei Pirati dalla Svezia alla Germania, e di cui proprio il Movimento 5 Stelle, come ha notato lo scienziato della politica Leonardo Morlino (professore alla Luiss School of Government), ha proposto in Italia alcuni dei temi più appetibili. Dal punto di vista organizzativo, difatti, la forma-partito, il modello otto-novecentesco per antonomasia, viene qui rimpiazzata da un «partito in franchising» e reticolare. Non un partito liquido, espressione circolante negli Anni Novanta del secolo scorso per indicare la rivoluzione (o, secondo alcuni, l’involuzione) organizzativa che dismetteva apparati e funzionari per introdurre una struttura più snella e leggera, ma qualcosa che va ancora oltre. I meetup degli Amici di Beppe Grillo, da cui tutto ha preso avvio, si sono via via convertiti, in occasione delle Amministrative, in efficienti comitati elettorali che ricordano da vicino i nodi di una rete; anzi, di un rizoma, rimandando a una sorta di versione realizzata in politica dell’idea di sapere teorizzata da Gilles Deleuze e Félix Guattari nel loro libro del 1980 Mille piani . Reticolare come Internet, giustappunto, su cui gli attivisti fanno affidamento - all’insegna di tratti quasi messianici e salvifici, come negli scritti di Casaleggio - per rifondare la società, fare circolare conoscenze e consentire la praticabilità (più o meno virtuale) della nozione di democrazia diretta. A garantire visibilità alle campagne e a fare da collante tra i gruppi locali, c’è la figura carismatica di Grillo, in grado di «bucare il video» o, meglio (avendo subito per anni l’ostracismo del piccolo schermo), capace di attirare l’attenzione con meccanismi tipici della società dello spettacolo che dalla tv prescindono. A tal punto da poter considerare il Movimento 5 Stelle alla stregua del nuovo paradigma di politics nel momento in cui pare essersi effettivamente esaurita la spinta propulsiva di quel fare politica attraverso la televisione che aveva trovato nel berlusconismo la sua massima manifestazione. L’insofferenza verso la malapolitica dell’opinione pubblica che ha votato per i grillini (e contro i partiti) sembra, infatti, mescolare le denunce contro la casta di Stella e Rizzo e l’indignazione à la Hessel con decenni di «giustizialismo catodico» portato avanti da Striscia la notizia eLe iene . D’altronde, la forza dei 5 Stelle risiede proprio nell’abilità di fare convivere istanze diversissime, che vanno dall’ambientalismo al tecnoentusiasmo (come quello del sociologo Manuel Castells del debutto) al neoluddismo, che un tempo aveva per bersagli privilegiati i personal computer distrutti dallo stesso Grillo alla fine dei suoi show, mentre, più recentemente, si indirizza contro i termovalorizzatori e la Tav (o si traduce in certe dichiarazioni sulla prossima fine del capitalismo). Certo è che, negli anni a venire, con la volontà di disintermediazione (e di superamento del tradizionale rapporto tra rappresentati e rappresentanti) di tanta parte dell’elettorato e con la visione di un partito-rete postideologico, la politica italiana dovrà, molto seriamente, fare i conti.