GIACOMO GALEAZZI, La Stampa 13/6/2012, 13 giugno 2012
Scandali sessuali e corruzione La guerra dentro la diocesi - Trapani, diocesi di Gomorra. Violazione della clausura in un convento di suore, cinquanta immobili della Curia svenduti agli amici a un decimo del loro valore, ammanchi milionari nei bilanci, lettere di censura dei ministri vaticani dei religiosi e dei vescovi
Scandali sessuali e corruzione La guerra dentro la diocesi - Trapani, diocesi di Gomorra. Violazione della clausura in un convento di suore, cinquanta immobili della Curia svenduti agli amici a un decimo del loro valore, ammanchi milionari nei bilanci, lettere di censura dei ministri vaticani dei religiosi e dei vescovi. Le carte segrete che hanno indotto la Santa Sede a rimuovere lo scorso mese il presule trapanese Francesco Micciché aggravano il quadro già inquietante delineato dall’inchiesta della procura. Ogni documento apre squarci da far-west ecclesiastico tra procedure canoniche calpestate, abusi di potere, contabilità truccata. Per esempio, a fine novembre il cardinale Marc Ouellet, responsabile vaticano dei vescovi, chiede conto a Micciché (su segnalazione del dicastero per gli Istituti di vita consacrata) di una perquisizione al monastero benedettino dell’Angelo Custode ad Alcamo. Era accaduto, infatti, l’impensabile, in barba alla configurazione giuridica «sui iuris» del convento. Alle cinque di mattina, infatti, la guardia di finanza e il pm avevano bussato alla porta del convento, «alla presenza del vescovo che ne ha autorizzatol’accesso». Gli investigatori cercavano l’atto di cessione del complesso storico (valore due milioni di euro) all’economo diocesano don Ninni Treppiedi, sospeso dal ministero sacerdotale per le irregolarità amministrative. Le suore, però, fanno quadrato attorno al sacerdote già da tempo in lotta con il suo vescovo per la gestione finanziaria della diocesi e si barricano dentro. Per un’ora Micciché aveva cercato di mediare e, quando si presentarono i vigili del fuoco per fare irruzione in canonica, le religiose si piegarono alla perquisizione. A condizione che il vescovo si allontasse e che fosse nominato un bibliotecario come loro fiduciario. I finanzieri finalmente entrarono, ma non trovarono nel monastero i documenti (poi rintracciati nell’abitazione di un amico egiziano) con cui le suore avevano nominato amministratore ed erede universale don Treppiedi, che di Alcamo era anche l’arciprete. I guai per Micciché sono appena iniziati. Finisce sotto accusa in Vaticano per aver permesso alle forze dell’ordine quell’invasione della clausura che ha «violato l’intimità delle monache e creato disagi alle consacrate». Inclusa la «gravissima ispezione da parte delle guardie all’interno del tabernacolo». Parte l’inchiesta della Santa Sede e l’incaricato papale, ex numero tre della Cei e presidente degli affari giuridici, vescovo Domenico Mogavero, lavora ad una relazione minuziosa da consegnare personalmente a Benedetto XVI. Nel vortice di accuse di scandali sessuali, malaffare e corruzione, Mogavero, da esperto giurista, lascia da parte le voci e si basa soltanto su atti incontrovertibili. E cioè, i documenti contraffatti o mancanti di operazioni immobilari insensate, portate a termine scavalcando controlli e passaggi obbligati della procedura canonica. In sei mesi l’indagine è un faldone di prove schiaccianti contro entrambi i contendenti. Poche settimane dopo aver ricevuto la relazione di Mogavero, la Santa Sede destituisce Micciché e conferma la sospensione di Treppiedi.