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 2012  giugno 12 Martedì calendario

Bocciare i bimbi di 6 anni? Orrore - All’Istituto «Giulio Tifoni» di Pontremoli, in provincia di Mas­sa, sono stati bocciati cinque alunni in prima elementare, nel­la stessa classe

Bocciare i bimbi di 6 anni? Orrore - All’Istituto «Giulio Tifoni» di Pontremoli, in provincia di Mas­sa, sono stati bocciati cinque alunni in prima elementare, nel­la stessa classe. Uno di loro è di­sabile. I genitori, una volta visti i tabelloni degli scrutini, hanno deciso di fare ricorso per chiede­re­l’annullamento dei provvedi­menti. Le famiglie stanno pen­sando a una class action per chie­dere i danni al ministero del­l’Istruzione e ai dirigenti scola­stici. Tre dei respinti sono stra­nieri. *** «Cos’hai Nicola, dimmi cosa ti succede…» Ho faticato parecchio a ot­tenere una risposta, qualche gior­no fa, dal maggiore dei miei figli, cinque anni e mezzo di età. Ero an­dato a prenderlo a scuola, ultimo anno delle materne, e l’avevo tro­vato severamente incupito, ai limi­ti del pianto. E poi, a casa, svoglia­to, chiuso in sé, con l’espressione tragicissima che può avere un bambino che non vede un futuro davanti a sé. Finalmente, poiché sa che alla mamma e al babbo si può dire tutto, è arrivato lo sfogo/ confessione. Nella partitella di cal­cio pome­ridiana i compagni l’ave­vano lasciato in panchina, accam­pando suoi presunti limiti tecnici. Non occorre essere un pedago­gista per capire che il suo dramma - dramma vero - non veniva dalla privazione del gioco, ma dall’esse­re giudicato inferiore agli altri. In­feriore: una tragedia nella mente di un bambino ancora incerto sul­le proprie capacità, sul proprio va­lore nel mondo, e - purtroppo- bi­sognoso di sentirsi uguale anche in quella modesta attività che è il calcio. Una piccola tragedia, però, rimediabile con un po’ di com­prensione e di capacità genitoria­le, in grado di spiegargli che ben al­tr­i sono i suoi meriti e le sue meravi­glie. Ma come si potrà confortare un bambino bocciato in prima ele­mentare? Bocciato in prima ele­mentare significa che il piccolo fa il suo ingresso nel mondo degli adulti (questo è la scuola) riceven­do un ceffone; gli viene detto- non dai compagni, ma dai Grandi- che non è abbastanza bravo in quella cosa che gli hanno spiegato essere la più importante; significa che ri­marrà in quella scuola, ma con i bambini più piccoli, mentre i suoi compagni abituali, ormai una clas­se avanti, lo prenderanno in giro «per sempre»; che neppure i suoi genitori sono in grado di proteg­gerlo da una decisione tanto grave degli insegnanti, e che quindi i ge­nitori sono deboli e impotenti, mentre gli insegnanti che non lo stimano sono forti e hanno ragio­ne. Significa, per lui, che la sua vita è segnata: a sei anni. Basterebbero queste semplicis­sime, ma concrete, considerazioni per dimostrare che non si può e non si deve bocciare un bambino nelle elementari. O meglio, lo si può fare in casi eccezionalissimi: quando si consideri che il danno portato allo stesso alunno sarebbe maggiore facendolo progredire al­la classe superiore; o quando il dan­no che subirebbe l’intera classe, rallentata nell’apprendimento a causa di uno solo, sia tanto grave da valere il sacrificio di uno. Anche in quei casi eccezionali, però, all’origine della bocciatura ci sarebbe prima di tutto il sistema scolastico. Il quale non avrebbe sa­puto valutare in partenza difficol­tà tanto gravi da essere facilmente riconoscibili, come per esempio una totale incapacità a parlare l’italiano da parte di un bimbo stra­niero. Oppure un sistema scolasti­co che ha buttato incoscientemen­te, senza garantirgli un supporto speciale, uno scricciolo indifeso ­e con qualche deficit - in mezzo a una classe di coetanei spietati co­me sono quasi tutti i bambini. È evidente che, in quella scuola di Pontremoli, c’è stato un errore degli adulti responsabili. Perché non è statisticamente possibile che il caso eccezionalissimo si ri­peta per ben cinque bambini in due classi, ovvero per un piccolo ogni dieci. Quei bambini o non do­vevano venire accettati alle ele­mentari, facendo ripetere loro un anno di gioco alla materna, o dove­vano venire assistiti in modo spe­ciale per tutto l’anno. O dovevano venire promossi. E dire che nel sito della scuola Giulio Tifoni, quella in questione, si legge in bella evidenza questa di­chiarazione programmatica: «La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi per il successo scolastico di tutti gli studenti, con particolare attenzio­ne al sostegno delle varie forme di diversità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone: innanzi tut­to nella classe, dove le diverse si­tuazioni individuali vanno ricono­sciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disu­guaglianza; inoltre nel Paese, affin­ché le penalizzazioni sociali, eco­nomiche, culturali non impedisca­no il raggiungimento degli essen­ziali obiettivi di qualità che è dove­roso garantire». Alla faccia dei no­bili intenti. Che questo triste episodio av­venga proprio a Pontremoli, poi, assume un significato sinistro. L’amabile cittadina, infatti, non a caso sede del Premio Bancarella, è la patria di quegli eroici librai am­bulanti che in tempi antichi e an­che più recenti portavano i libri- la cultura - a dorso di mulo per deci­ne e centinaia di chilometri. Scris­se Oriana Fallaci, alla nascita del Premio Bancarella, nel 1952: «Non avevano confidenza con l’al­fabeto, ma “sentivano“ quali libri era il caso di comprare e quali no: in virtù di un sesto senso che, dico­no, è stato loro donato dal demo­nio in un’ora di benevolenza». Chi, oggi, ha bocciato quei bambi­ni ricorda piuttosto l’origine del nome della città: «Pons tre­mulus », ponte tremolante: co­m’era un ponticello sul torrente Magra e come è la loro guida verso la vita. E allora ho una proposta. Che i li­brai, organizzatori anche que­st’anno del Bancarella, onorino il loro premio e i loro predecessori fornendo a quei cinque bambini un aiuto didattico in più per recu­perare l’offesa subita. E, se non chiedo troppo, regalino agli inse­gnanti di quella scuola qualche bel volume di psicologia dell’età evolutiva. O anche soltanto sul buonsenso.