Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 12/06/2012, 12 giugno 2012
L’INCREDIBILE VICENDA DEI FINTI TAGLI SICILIANI
Puzza di marcio, la decisione della giunta siciliana di andare, tra gli evviva della destra, alle elezioni anticipate.
Il guadagno di pochi mesi sulla scadenza naturale, infatti, farebbe saltare l’unica vera riforma della legislatura: il taglio, sbandierato come una svolta epocale, dei parlamentari
all’Ars. A rileggere oggi i commenti del 7 dicembre 2011, quando l’Assemblea regionale approvò la riduzione da 90 a 70 seggi, c’è da ridere.
Erano i giorni del Grande Trauma, in cui Monti spiegava agli italiani che eravamo nei guai fino al collo. «La Sicilia anticipa i tempi della politica nazionale», tuonarono i comunicati ufficiali. Il governo dei tecnici voleva svolte radicali? «Noi siamo già passati ai fatti».
E via con gli auto-elogi sul fatto che il taglio era stato votato «con 59 voti a favore, uno contrario e un astenuto». «Il quadro economico è drammatico e la politica siciliana oggi ha fatto la propria parte con un segnale preciso», disse il capogruppo mpa, Francesco Musotto. «Oggi l’Ars ha dato vita a un’importante autoriforma: ora il parlamento regionale ha la credibilità e il prestigio per poter affrontare altre riforme», discettò quello del Pd Antonello Cracolici. «Abbiamo votato sì perché siamo convinti che sia più che opportuno dare un segnale all’esterno», concordò quella dell’Udc Giulia Adamo.
E avanti così: «Un atto di grande responsabilità della classe politica regionale in un momento grave per l’economia» (Nino Bosco, Pdl). «La Sicilia si pone all’avanguardia rispetto a tutto il resto dell’Italia» (Livio Marrocco, capogruppo di Fli). «Una bella giornata perché la politica ha dimostrato buonsenso e soprattutto sintonia con il popolo siciliano» (Davide Faraone, Pd).
Oddio, scendendo a 70 seggi, sarebbero comunque rimasti un parlamentare ogni 72.136 abitanti, cioè molti di più che in Lombardia (uno ogni 118.440) e in tante altre Regioni ordinarie e il triplo rispetto a un’altra a statuto speciale quale il Friuli Venezia Giulia che parallelamente decideva di ridurre la propria assemblea a un consigliere ogni 25.000 residenti. Ma il presidente dell’assemblea regionale isolana Francesco Cascio spargeva d’intorno incenso profumato: «Non si è mai visto in Europa un Parlamento che vota la riduzione dei deputati. Questa manovra contribuirà al risparmio di 35 milioni di euro».
Raffaele Lombardo, il presidente della giunta, sorrise soddisfatto. Anche se gli restava l’amarezza di non essere riuscito a ridurre del 50% come aveva proposto (proporre non costa nulla) l’indennità dei parlamentari regionali: «Cosa cambia se si guadagnano 15 mila o 8 mila euro? Bisogna rendersi conto di cosa significa vivere in mezzo a una crisi come quella di oggi, con migliaia di persone senza lavoro e in cassa integrazione».
Lui stesso, per dare un esempio, aveva annunciato che il suo stipendio sarebbe passato dall’ 1 settembre 2011 da 18.500 a 16.650 euro netti. Sottolineiamo: netti. Solo 5.399 più dell’indennità lorda (lorda!) di Andrew Cuomo, il più pagato (New York) dei governatori americani. Solo 2.827 più di quella lorda (lorda!) del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
Incassato il figurone dell’annuncio, i parlamentari siciliani avevano comunque una speranzella. Trattandosi di una riforma di valore costituzionale grazie al fatto che l’autonomia dell’isola è incisa sulla Carta, l’articolo 138 prevede che debba essere approvata da ciascuna delle due Camere con due successive deliberazioni a un intervallo non minore di tre mesi. Insomma, metti caso che Monti andasse a impantanarsi nelle guerricciole parlamentari...
Ma ecco che il 18 aprile 2012 il Senato dà il primo dei quattro ok parlamentari alla legge sul taglio ai consigli delle tre Regioni speciali Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia e smista subito la palla alla Camera. Terrore: vuoi vedere che forse, stavolta, il taglio passerà sul serio?
Lo stesso giorno (lo stesso giorno!), quattro ore dopo le notizie di agenzia sul voto del Senato (quattro ore dopo!) esce un’Ansa: secondo Raffaele Lombardo se si votasse insieme in Italia e nell’isola nella primavera 2013, come previsto, «le alleanze nazionali annichilirebbero ogni possibilità di scelta o d’intesa da costruire in Sicilia». Aveva già fatto capire qualcosa, ma adesso lo dice testuale: «Il voto nella nostra Regione va anticipato». Conseguenza automatica: la Trinacria tornerebbe alle urne «prima» della riduzione dei parlamentari. Con il risultato che la prossima legislatura vedrebbe ancora sui banchi dell’Ars i soliti 90 «onorevoli».
Da allora ad oggi sono stati in diversi a manifestare perplessità e indignazione davanti all’ipotesi. Dall’avvocato Antonio Catalioto che combatte da anni una battaglia generosa, lunga e (finora) perdente per fare rispettare la legge che imporrebbe al sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca di scegliere fra la carica di primo cittadino e quella di membro dell’Ars fino al deputato democratico Giovanni Barbagallo: «Anticipare di qualche mese le elezioni regionali per conservare 20 deputati in più è assolutamente sbagliato. Aumenterebbe il discredito nei confronti di una classe dirigente che non ha la capacità di governare la Sicilia ma usa tutti i mezzi per salvaguardare la propria poltrona. Se i consiglieri regionali fossero ridotti soltanto nelle altre Regioni si dimostrerebbe che la Sicilia è una zona franca nella quale la classe dirigente non è in grado di fare sacrifici». Il sindaco di Ragusa Nello Dipasquale è ancora più duro: «Sarebbe un atto di pirateria contro il popolo siciliano». Le elezioni anticipate, caso mai, «si dovevano chiedere quando è stata ribaltata la maggioranza decisa dai siciliani».
Macché, sabato mattina ecco un’altra notizia Ansa: «Il Pd sfiducia Lombardo e apre all’Udc». Vi si legge che il Partito democratico, che aveva consentito al governatore il ribaltone (con cui era stato estromesso dalla maggioranza il Pdl) e che via via si era sganciato (le ultime dimissioni ieri, dell’assessore Mario Centorrino), ha votato un documento impegnando «il proprio gruppo parlamentare a predisporre la mozione contro il governatore». Mozione già presentata due mesi fa dal Pdl. È l’apertura ufficiale della crisi e l’annuncio, con grande sollievo della destra che prende due piccioni con una fava e qualche mal di pancia di alcuni democratici come Barbagallo, del voto a ottobre.
E il taglio dei parlamentari? Ciao...
Gian Antonio Stella