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 2012  giugno 09 Sabato calendario

UN AMERICANO AL VERTICE DELLO IOR COME PRELUDIO A UN PONTEFICE USA



È da quando monsignor Paul Casimir Marcinkus, prelato dello Istituto per le Opere di Religione (Ior) che grazie a correntisti di peso ha contribuito a fare grande il pontificato di Giovanni Paolo II (molto della vittoria di Wojtyla sul comunismo lo si deve ai fondi che Marcinkus traghettava da Roma verso la Polonia di Solidarnosc) che gli americani provano a contare ancora dentro la banca vaticana.
E ora che Ettore Gotti Tedeschi è stato sfiduciato, si dice siano pronti a tornare in sella puntando a portare il Cavaliere di Colombo Carl Anderson al vertice dell’istituto bancario.
Negli anni di Angelo Caloia presidente, gli americani hanno atteso pazienti, sicuri che, col nuovo pontificato, i giochi sarebbero cambiati. Benedetto XVI, però, ha preferito ascoltare i suggerimenti del suo fidato segretario di stato, il cardinale Tarcisio Bertone, e portare alla guida dello Ior il banchiere vicino all’Opus Dei, Gotti Tedeschi. Carl Anderson, membro del board dello Ior, ha atteso paziente e quando anche Bertone ha ritenuto che il tempo di Gotti Tedeschi dovesse finire, ha rinsaldato i rapporti con Bertone assicurandogli obbedienza e firmando di suo pungo la sfiducia allo stesso Gotti Tedeschi.
Anderson gode dell’appoggio dell’episcopato americano che guidato dall’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, è la vera speranza della Chiesa che verrà. Negli Stati Uniti, infatti, grazie alla spinta dei cattolici ispanici (un numero sempre più crescente e di peso) il cattolicesimo non arranca come invece avviene in Europa. Dolan e tanti giovani vescovi come lui, sanno parlare ai giovani, rinverdire le fila dei fedeli, proponendosi di fatto, anche in Vaticano, come la vera alternativa all’apatia e asfissia del cattolicesimo europeo.
Anderson traghetta ogni anno ingenti somme di offerte direttamente al Papa, offerte di fedeli che intendono sostenere Benedetto XVI nelle sue fatiche quotidiane e per le sue missioni nel mondo. Si dice i Cavalieri di Colombo contino oggi 1,8 milioni di aderenti in tutto nel mondo. Nati negli Stati Uniti negli anni Venti, fondarono centri ricreativi (come i nostri oratori) che spinsero Papa Benedetto XV a chiedere loro di trasferirsi anche a Roma. Da Benedetto XV a Benedetto XVI la fedeltà dei cavalieri al Pontefice è rimasta immutata, tanto che nel corso del pontificato wojtyliano è culminata con il finanziamento poderoso messo in campo per la ristrutturazione della facciata della basilica vaticana di San Pietro: «Erano 350 anni che nessuno la ristrutturarava», scrivono nel loro sito web, dove ricordano anche che la stessa facciata ha «una superficie tre volte più grande di un campo di football».
Oggi il loro supporto continua. I monsignori americani presenti in curia romana sponsorizzano a dovere la loro azione nei piani alti del Palazzo apostolico tanto che, dopo Paul Casimir Marcinkus, un nuovo americano potrebbe salire alla presidenza dello Ior, preludio, chissà, all’avvento di un Papa statunitense.