Ettore Livini, Affari & Finanza, La Repubblica, 11/6/2012, 11 giugno 2012
LONDRA, BUSINESS A CINQUE CERCHI LA SCOMMESSA DELLE OLIMPIADI VALE 12 MILIARDI E UN PUNTO DI PIL
La prima medaglia d’oro delle Olimpiadi di Londra è già stata assegnata. Vale 12 miliardi di euro e l’ha vinta (specialità balzo del Pil) il paese organizzatore, la Gran Bretagna. Carta canta: l’Europa è in crisi. Tutto il vecchio continente, con l’eccezione della Germania, arranca in piena recessione cercando - senza trovarle - misure in grado di stimolare la crescita. L’Inghilterra, beata lei, ha fatto da sé. E a far correre la sue economia, anche se non proprio alla velocità di Usain Bolt, ci penseranno i trentesimi giochi dell’era moderna che tra una schiacciata del Dream team di Lebron James, una smorzata di Roger Federer e una bracciata di Federica Pellegrini regaleranno al paese un bonus secco di quasi un punto di prodotto interno lordo (stime Bank of England) grazie a un giro d’affari da 10 miliardi di sterline (12 miliardi di euro, appunto). Più, ciliegina sulla torta, 22mila posti di lavoro, temporanei in buona parte, ma benedetti in questi chiari di luna. I fondi pubblici La Olimpiadi Spa, in effetti, è una macchina che funziona a pieno regime da sette anni. Quando nel 2005 Londra ha conquistato il diritto ad ospitare i giochi, il governo ha disegnato un business plan finanziario pubblico-privato molto chiaro. Primo punto, rivelatosi con il senno di poi fondamentale, la sobrietà. Nessun gigantismo come a Pechino (dove per l’edizione 2008 sono stati spesi 35 miliardi di euro) e l’obbligo di costruire opere in grado di regalarsi una seconda vita una volta spenta la fiamma del braciere olimpico. Londra 2012 è costata così “solo” (si fa per dire) 11,3 miliardi di sterline, 14 miliardi di euro. Lo stato ci ha messo 9,3 miliardi per la costruzione degli impianti, del villaggio e la gestione della logistica attorno all’avvenimento - il preventivo iniziale era a dir la verità di 2,37 miliardi - mentre altri 2 miliardi sono stati gettati sul tavolo dal London Organizing Committee (Loc), società privata finanziata dalla vendita dei biglietti, dagli accordi di partnership strategica e dal merchandising. Tanti soldi finiti per lo più nelle casse delle grandi e piccole aziende inglesi che negli ultimi quattro anni, malgrado il gelo sul mercato delle costruzioni continentale, ha salvato i propri conti grazie ai grandi impianti di Londra 2012. «Tutti quattrini spesi nel modo giusto - come assicura Paul Deighton, amministratore delegato del Loc - visto che il 75% dei fondi stanziati sono finiti in infrastrutture che continueranno ad avere un utilizzo anche dopo la chiusura dei giochi». Secondo l’Uk trade investment l’eredità olimpica è una dote di un miliardo di sterline in più l’anno per il pil inglese. E in molti - visti i chiari di luna sui mercati finanziari - festeggiano oggi la scelta di aver varato una manifestazione low profile. Le entrate dirette L’importante è partecipare e non vincere, diceva De Coubertain. Sarà. A Londra 2012 però, causa crisi economica, la parola d’ordine è un’altra: oltre a partecipare, è importante non perdere. L’obiettivo non è impossibile: in un mondo dove anche lo sport è diventato un business (e che business) la sua massima espressione, le Olimpiadi, sono in effetti - se trattate nel modo giusto - una discreta macchina da soldi. La principale fonte d’entrate sono i diritti televisivi. Jacques Rogge, presidente del Comitato Olimpico Internazionale, ha calcolato in 3,5 miliardi i ricavi garantiti nell’arco di quattro anni dalla vendita dell’evento a network ed editori. E il 15% di questa cifra - un altro segno dei tempi - sarebbe generato questa volta dai new media come Internet e le apparecchiature mobili. Un piccolo tesoretto è stato raccolto anche dalle sponsorizzazioni. Nelle casse del Loc sono entrate a questa voce 700 milioni di sterline con i grandi brand internazionali (da Coca Cola a Mc Donalds, da General Electric alla Visa) che hanno versato circa 100 milioni di dollari a testa per avere il diritto di utilizzare nelle loro promozioni i cinque cerchi. Poco più di 700 milioni di sterline sono stati invece garantiti dalla vendita dei sette milioni di biglietti per assistere alle competizioni. I tagliandi, collocati in buona parte via internet, sono andati a ruba, consentendo al Loc di spuntare prezzi interessanti e superiori alle previsioni con un incasso finale maggiore di 200 milioni della cifra iscritta a bilancio preventivo. Buone notizie sul fronte del conto economico sono arrivate pure dal fronte del merchandising: alla divisione royalties del Loc sono stati già catalogati 10mila oggetti griffati London 2012 e il giro d’affari previsto grazie alla loro vendita è stato stimato in circa un miliardo di sterline. Chi ci guadagna La prima certezza è che l’organizzazione delle Olimpiadi ha fatto guadagnare la Gran Bretagna. Che grazie al polmone dei lavori per la manifestazione ha assorbito meglio del resto d’Europa la tempesta finanziaria degli ultimi anni. Un accurato studio della Visa (altro sponsor olimpico) calcola in 5,1 miliardi lo “stimolo” dei giochi all’economia reale anglosassone. Oxford economics garantisce che gli impiegati nelle infrastrutture legate all’evento sono stati oltre 20mila mentre il rilancio dell’area di East London (quella del villaggio Olimpico) ha portato nuova linfa all’asfittico mercato immobiliare inglese. I giochi in sé, invece, dovrebbero generare 750 milioni di sterline di fatturato aggiuntivo per l’Inghilterra Inc. nelle sole tre settimane della manifestazione per maggiori consumi grazie all’arrivo, oltre agli atleti e alle delegazioni, di un milione di turisti in più, il doppio di un’estate tradizionale. Secondo i calcoli della Visa, i grandi brand di High Street incasseranno 184 milioni in più, gli hotel 122. Oltre 80 milioni andranno a ristoranti e bar, 79 ai supermercati mentre 39 saranno spartiti tra compagnie aeree e autonoleggi. Tra le grandi aziende hanno già preannunciato un balzo dei profitti Eurotunnel, il gestore della galleria sotto la Manica, la Adidas («Londra ci regalerà il nostro record di profitti», ha garantito l’ad Herbert Hainer), Gs4, impegnata nella security dell’evento. Un boom è previsto anche per le società che si occupano di tlc e banda larga. Asset richiestissimo (e costoso per la carenza d’offerta) nei giorni delle manifestazioni. Samsung, altro sponsor ufficiale dei giochi, è convinta che la sua scelta olimpica possa dare un contributo all’inseguimento della leadership Apple sui telefonini e i tablet. Kingfisher è convinta che il boom di vendite di birra nelle tre settimane di competizione basterà ed avanzerà per tappare le difficoltà dei primi mesi del 2012. Ognuno, insomma, è certo che un bell’oro olimpico si può conquistare anche fuori dei campi di gara. Profitti e ricavi, tra l’altro, sono oro molto più solido di quello garantito a chi salirà sul podio del vincitore. La medaglia più pregiata, in effetti, di metallo giallo ne ha dentro ben poco, un po’ di più dell’1,4%. Il resto è argento (92%) e rame. Valore reale poco meno di mille euro. Il vero business, in questo caso, sono i premi garantiti dalle singole federazioni a chi riesce a far suonare l’inno nazionale negli stadi olimpici. L’Italia regalerà a chi sale sul gradino più alto del podio 140mila euro, 75mila per un argento e 50mila per il bronzo. Ma in altri paese, specie quelli del Golfo, la “taglia” per l’oro potrebbe valere dieci volte tanto.