Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 11 Lunedì calendario

Gramsci Sant’Antonio? No, diavolo picconatore - Suvvia, finitela con questa fic­tion su Gramsci

Gramsci Sant’Antonio? No, diavolo picconatore - Suvvia, finitela con questa fic­tion su Gramsci. Sta nascendo un Gramsci surreale, inverosi­mile e innocente da una serie di libri apologetici, fiumi di articoli, ora perfino i fumetti su di lui bambino ( Ni­nomichiamo , di Luca Palesu, Feltrinel­li), predicozzi gramsciani in tv (l’ulti­mo di Ettore Scola), annunci di gramscismo in America e in Orien­te. È tornato il mito di Gramsci sta­volta in versione disabile di genio, bambino prodigio, santo liberale, ne­mico della dittatura. Vogliamo ricordare che Gramsci op­poneva alla dittatura­e alla violenza fa­scista non la libertà e la legalità ma la dit­tatura di Lenin e la violenza «progressi­ve », ritenendo che il male non fosse la dittatura o la violenza ma il suo essere re­azionaria? Vogliamo dire che Gramsci restò sempre leninista e teorizzò in car­cere un totalitarismo ben più radicale di chi lo aveva messo in carcere? Voglia­mo dire che mentre a Carl Schmitt nella Germania liberata veniva vietato di ac­cedere alla biblioteca e di scrivere, a Gramsci in carcere il regime fascista consentì di ricevere libri e riviste e di scri­vere i Quaderni ? E vogliamo dire che il teorico del nazionalpopolare massacrò nei suoi scritti la tradizione nazionale e popolare italiana e la nostra letteratu­ra, esaltando al suo confronto quella rus­sa, giudicando la cultura del passato con le categorie ideologiche del suo pre­sen­te e auspicando una pedagogia intol­lerante? Da anni Gramsci è venerato co­me il fautore del primato della cultura, il maestro ideale per i nostri docenti,l’ela­boratore appassionato di una cultura nazionale e popolare. Dimentichiamo, invece,che Sant’Antonio Gramsci, come lo definì sul Giornale Rosario Romeo, demolì la tradizione nazio­nale, religiosa e civile, letteraria e culturale, sulla base del suo cano­ne ideologico. Nell’80 uscì sul tema un documentato libro di Gigliola Asaro Mazzola, Gramsci fuori dal mito , edito da Armando. Gramsci liquidò Dante come un rea­zionario, «un vinto dalla guerra delle classi che sogna l’abolizione di questa guerra sotto il segno di un potere arbitra­le... egli vuol superare il presente ma con gli occhi rivolti al passato». Dante è letto con amore dai «professori rimmin­chioniti che si fanno delle religioni di un qualche poeta e scrittore» (già, Dante era solo «un qualche poeta e scritto­re »...).Sbrigò Petrarca come«un intellet­tuale della reazione antiborghese» e il suo Canzoniere «una manifestazione di cultura elitaria, cortigiana, insincera... un fenomeno puramente cartaceo».An­zi per Gramsci l’umanesimo «fu un fatto reazionario della cultura». Considerò Foscolo come autore retorico, «esaltato­re delle glorie letterarie e artistiche del passato», e inchiodò Leopardi al «calli­grafismo » e crudelmente aggiunse «na­scono già vecchi di 80 anni, senza fre­schezza e spontaneità di sentimento», malati di «torbido romanticismo» e di una visione «passatista e reazionaria». A Manzoni Gramsci rimprovera di pren­dere in giro e canzonare i popolani, men­tre hanno una vita interiore solo i signo­ri: «Il popolo nel Manzoni nella sua tota­lità è bassamente animalesco». Mentre Tolstoj è per Gramsci evangelicamente vicino al popolo, il cristianesimo di Man­zoni «ondeggia tra un aristocraticismo giansenistico e un paternalismo popola­resco gesuitico». Ma la mattanza continua. Mazzini è animato da «un mito puramente verba­le e cartaceo, retorico, fondato sul passa­to », Carducci è salvato solo per il suo In­no a Satana , a Pascoli rimprovera anco­ra la retorica e «la bruttezza di molti com­ponimenti », «la falsa ingenuità che di­venta vera puerilità ».D’Annunzio«è sta­to l’ultimo accesso di malattia del popo­lo italiano». Verga e il verismo sono stroncati perché si limitano «a descrive­re la “bestialità” della così detta natura umana (un Verismo in senso gretto)» e nonoffrono «apprezzabilirappresenta­zioni del lavoro umano e della fatica». È strage poi nel Novecento: Soffici scrive opere«intimamente ripugnanti»;Unga­retti è «un buffoncello di mediocre intel­ligenza »; Montale - e così Comisso ­«esercita la professione di sacrestano let­terario e nulla più »; Papini è un «boxeur di professione della parola qualsiasi» e «un grande fabbricatore di luoghi comu­ni rovesciati»; Prezzolini si adatta in un comodo cinismo per «la propria inettitu­dine organica»; i letterati vociani tradi­scono «tendenze carnevalesche e pa­gliaccesche »; Malaparte denota «uno sfrenato arrivismo, una smisurata vani­tà e uno snobismo camaleontesco». Se questa è la cultura, non resta che rifugiarsi nella barbarie... Il pedagogo Gramsci scrive in una lettera del ’29:«l’uomoèunaforma­zione storica ottenuta con la coercizione», al­lineandosi alle tesi del sovietico Makarenko e respingendo le teo­rie di Gentile. Gramsci disprezza i docenti, oggi in buona parte di for­mazione gramsciana: «noiosissima caterva di saputelli», «i professori ca­nagliuzze, insaccatori di leg­giadra pula e di perle, venditori di cianfrusaglie».Il Gramsci maturo auspica la cancellazione del latino e del greco per «la loro inessenzialità co­me contenuto esclusivo e privilegiato » e auspica che la scuola sia organizzata co­me una fabbrica, esattamente come nel­l’Urss di Stalin tentava di fare il ministro della pubblica istruzione Lunaciarskij. Lombardo Radice notava: «Gramsci si poneva - come Stalin e non contro Sta­lin!- sul terreno del marxi­smo creatore (È stato proprio Stalin a dire: “esiste un marxismo dogmatico e un marxi­smocreatore: iomipon­go sul terreno di que­st’ultimo”) ». Indefini­tiva cosa resta da fare, si chiedeva Gramsci, e si rispondeva così: «Nient’altro che di­struggere la presen­te forma di civiltà: distruggere gerar­chie spirituali, pregiudizi, ido­li, tradizioni irri­gidite ». «Non aver paura dei mostri», «non spaventarsi della distruzione».Sa­rebbe contento oggi Gramsci di vedere la scuola semidistrutta e i mostri danza­re sulle rovine della cultura? Intendia­moci: c’è poi l’altro Gramsci,acuto e ap­passionato, eroe della cultura e martire delle sue idee, che merita ogni rispetto. Ma non va trascurato il Gramsci distrut­tore e intollerante, e la sua nefasta in­fluenza. Gramsci va letto e riconosciuto per quel che fu, un grande ideologo; non fatene un gesù bambino. Quanto alla dit­tatura, Gramsci patì la padella ma sogna­va d’imporre la brace.