Pierluigi Magnaschi, Italiaggi 12/6/2012, 12 giugno 2012
CINA, POTENTE ALL’ESTERNO MA INFRAGILITA ALL’INTERNO
La Cina, alla fine della sua straordinari galoppata lungo gli ultimi trent’anni, non è mai stata così potente rispetto al resto del mondo e mai così fragile al suo interno. La Cina è, oggi, la seconda potenza economica mondiale e, da sola, realizza una quarto della crescita mondiale. Dal 1980 ad oggi il reddito medio per cinese è passato dai 278 a 6.200 dollari l’anno. Mai in nessun altro paese al mondo si era verificata una crescita economica così rapida e per ben trent’anni. Di conseguenza, sono ben 600 milioni i cinesi che sono usciti dalla povertà e che premono sul mercato del consumo. Altrettanto conseguentemente, la Cina è diventata l’interlocutore indispensabile su tutte le grandi questioni internazionali sulle quali, spesso, esercita il suo diritto di veto, sia sul piano diplomatico (Iran e Siria) sia su quello economico (riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio). Nello stesso tempo, la situazione interna non è mai stata così tesa dalla repressione della «primavera di Pechino» nel 1989. Le autorità di Pechino sono entrate in allarme dopo le rivolte dei giovani dei paesi musulmani nordafricani. Si è temuto che potessero innescare analoghe rivolte anche in Cina. Gli incidenti accumulati sono tanti. Essi vanno dal successo della rivolta popolare di Wukan, al licenziamento brutale di Bo Xilan, boss politico assoluto della megalopoli di Chongqing e nuovo aedo del maoismo, al rosario di suicidi che si ripetono in Tibet e che, grazie al web, vengono fatti conoscere in Cina e nel resto del mondo, alla diminuzione della crescita del pil dal 12% annuo al 7,3% attuale con la tendenza all’ulteriore riduzione. Rispetto alla crescita zero dell’Area Ue, è una crescita ancora straordinaria. Ma la Cina aveva bisogno di proseguire al ritmo del precedente trentennio perché gli 800 milioni di cinesi che sono rimasti sotto la soglia della povertà potrebbero alimentare una protesta incontenibile dato che hanno visto 600 milioni di loro concittadini arricchirsi a vista d’occhio e, quando credevano arrivasse il loro turno, si sono visti scartare. Riprendere a crescere alle percentuali di un tempo però non è più possibile. Primo, perché la recessione mondiale ha ridotto le possibilità di esportazione. Secondo: perché la politica del figlio unico (che ha reso possibile lo sviluppo cinese) adesso sta esercitando il suo contraccolpo dato che la Cina è diventata un paese di vecchi. Inoltre non può più far conto sui bassi salari di un tempo, visto che essi sono aumentati del 20% all’anno dal 2008, per cui oggi il 20% delle imprese occidentali insediate in Cina pensa di delocalizzare in paesi più convenienti.