Bianca Carretto, CorrierEconomia 11/06/2012, 11 giugno 2012
MOTORI. FABBRICHE FERME IL VERO RISCHIO DELL’UNIONE
La sovraccapacità industriale in Europa è il problema attuale dell’auto e non sembra destinato a risolversi a breve. Tranne per Bmw e Volkswagen, che lavorano su oltre il 90% delle linee, gli impianti sono sottoutilizzati ovunque.
In Europa ci sono 120 stabilimenti di automobili, in grado di assemblare 18 milioni di pezzi, ma si prevede che in questo 2012 il mercato non ne assorba più di 12 milioni. Le vendite sono in calo per il quinto anno consecutivo. Tengono meglio Germania e Gran Bretagna, mentre gli altri Paesi lamentano cadute a due cifre. Entro il 2015 potrebbero essere costruite, in Europa, 22 milioni di auto, con un uso degli impianti sotto l’82%: soglia sotto la quale non si generano utili.
Secondo le stime di Ubs, Renault utilizza le sue 14 fabbriche al 76%, General Motors e Psa Peugeot-Citroën al 75%. La Ford è ferma al 70% con cinque stabilimenti e pare intenda sospendere, provvisoriamente, la produzione della Fiesta a Colonia.
Fiat impiega i propri siti al 65% e due sembrano in pericolo (Pomigliano e Mirafiori), ma Sergio Marchionne ha continuato a smentire ogni chiusura. L’accordo appena firmato con Mazda per la costruzione di una spider segna l’evoluzione del rapporto tra le due case: potrebbe contemplare la fabbricazione di veicoli Mazda negli stabilimenti sia europei sia statunitensi del gruppo Fiat, per migliorare l’uso degli impianti, rendendoli competitivi e mantenendo l’occupazione.
Le spine dei francesi
L’orizzonte più tempestoso è quello dei francesi. Per Psa si profila la chiusura entro il 2014 del sito storico di Aulnay, che sembra condannato. La produzione è calata dai 419 mila pezzi del 2004 ai 136 mila del 2011 e quest’anno dovrebbe ridursi ulteriormente. In compenso è in crescita Poissy, dove vengono costruite le Citroën C3 e DS3 e la Peugeot 208: nel 2013 i turni dovrebbero passare da cinque a sei, mentre ad Aulnay si arriverà a uno solo, contro i due attuali, e i dipendenti temono che dopo le elezioni legislative arrivi il colpo di mannaia. L’alleanza con General Motors (che ha oggi il 7% di Psa) ha inoltre saldato il legame fra gli occupati dei due gruppi. Pareva, all’inizio, che le due case si fossero accordate per risolvere separatamente i propri problemi di sovrapproduzione, ma oggi dimostrano una strategia comune. Nella fabbrica di Rennes è stata congelata la prevista costruzione della nuova Citroën C5: doveva partire nel 2016, ora sembra venga affidata a Opel. Si sta controllando se tecnicamente è possibile e ci sono dieci mesi per decidere.
Di fatto, si sta studiando uno scambio con Psa, che potrebbe produrre modelli della casa americana come compensazione. Aumentano i timori anche per il sito di Sevelnord, dopo la decisione di Fiat di ritirarsi dalla cooperazione sui veicoli commerciali. Si attende, per luglio, l’annuncio di una nuova intesa con un altro partner, che potrebbe essere Toyota. Philippe Varin, amministratore delegato di Psa, dovrebbe incontrare il neopresidente della Repubblica, François Hollande, proprio per discutere il futuro degli stabilimenti.
I tagli di Opel
General Motors, che da 12 anni perde denaro nel continente (750 milioni di dollari l’anno scorso), con la controllata Opel lavora su sette fabbriche, ma copre soltanto il 6,6% del mercato. Dopo Saab e Mitsubishi che hanno cancellato alcune fabbriche, potrebbe ora essere il suo turno. Dovrà razionalizzare la struttura industriale in Germania, a Bochum dove si produce il monovolume Zafira (ora pare destinato a Psa), e ridimensionare l’altro sito di Russelsheim, dove potrebbero nascere auto francesi. E la produzione della Opel Astra non sarà più in Germania: è stata appena trasferita in Inghilterra e in Polonia.
In controtendenza ci sono Volkswagen e Bmw. Il gruppo di Wolfsburg ha nella Seat il tallone d’Achille (nel 2011 ha perso 400 milioni di euro), ma il suo marchio premium, Audi, marcia spedito, tanto che è stato deliberata la costruzione di un impianto dedicato appositamente al marchio: sarà operativo in Messico dal 2016.
Bmw ha appena inaugurato una seconda fabbrica in Cina, in Manciuria, dalla struttura flessibile, considerata il suo sito più moderno ed ecosostenibile. L’obiettivo è espandersi nel Paese asiatico per arrivare a produrre lì 400 mila vetture. Nell’impianto sono stati investiti in tre anni circa 1,5 miliardi di euro. «Abbiamo tracciato il nostro futuro — ha detto Norbert Reithofer, presidente di Bmw —. Quando compiremo 100 anni, nel 2016, vogliamo vendere due milioni di auto solo in questo Paese».
Un’altra isola felice è quella dei coreani di Hyundai-Kia che hanno avviato una fabbrica in Turchia, a Izmit per la i20 e la i10. Sfornerà 120 mila vetture all’anno nei segmenti A e B.
Bianca Carretto