Luigi Offeddu, Corriere della Sera 10/06/2012, 10 giugno 2012
EMAIL, CONTATTI E VISITE SEGRETE. LA LUNGA PARTITA SUL DEBITO —
EMAIL, CONTATTI E VISITE SEGRETE. LA LUNGA PARTITA SUL DEBITO — Il ministro dell’Economia spagnolo Luis de Guindos, lo stesso che ieri ha spiegato da Madrid gli esiti dell’Eurogruppo, era l’altro giorno a Bruxelles, con un manipolo dei suoi tecnici. Giustificazione del viaggio: una riunione del Partito popolare europeo. Visita durata poche ore, e alquanto discreta: perché in realtà doveva coronare un negoziato altrettanto discreto, e complesso, in corso con la Commissione europea, quello per il salvataggio delle banche spagnole evitando che il loro fallimento facesse esplodere il debito nazionale. Nelle stesse ore, il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn annunciava che grazie alle sue «incisive» riforme finanziarie, la Spagna non era in pericolo imminente e poteva curare le proprie «vulnerabilità residue». Ma la sua era solo prudenza diplomatica, e ben altro si diceva nelle stanze dei negoziatori. Nella stessa riunione del Ppe, si era parlato quasi soltanto di quello: ed era stata anche pronosticata la cifra degli aiuti, 80-100 miliardi, che ora è stata decisa. In fondo, almeno ufficiosamente, lo si sapeva da un bel po’: era infatti da settimane, se non da mesi, che il dossier «Spagna» stava sulle scrivanie dei leader europei; più ancora, se possibile, del «dossier Grecia».
Si è trattato attraverso tutti i canali: email, videoconferenze, telefoni, visite dirette. «Sherpa», analisti, dirigenti delle banche spagnole avrebbero fatto di frequente la spola con Bruxelles. Comunicando poi con Berlino, Parigi, Roma, così come con la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale, per verificare ogni singola ipotesi di compromesso: perché la scommessa multipla era garantire il salvataggio senza chiamarlo salvataggio e senza stringere le tenaglie su Madrid; e tenerne fuori il Fmi; e non allarmare oltre modo Angela Merkel; e non regalare illusioni pericolose ad altri Paesi in difficoltà. Tutti compromessi da raggiungere prima delle elezioni greche fissate al 17 giugno. Ciò che Berlino lasciava sdegnosamente trapelare — «questi spagnoli sono troppo orgogliosi per chiedere aiuto» — era in realtà una difficoltà minore, di fronte alla montagna delle difficoltà tecniche e politiche. Ci sono stati perfino alcuni giuristi che, a margine dei colloqui, hanno avuto l’incarico di rileggere e studiare a fondo i trattati europei per vedere se fosse necessaria una loro modifica (che peraltro avrebbe richiesto anni di lavoro, e poi affondato tutta l’operazione).
Ognuno ha fatto le sue mosse, Madrid ha chiesto cinquanta per avere trenta (ma alla fine, avrà cento), mentre Bruxelles ha cercato soprattutto di allontanare il tuffo nell’instabilità generale, nell’incertezza che spaventa. A un certo punto, perfino questioni «locali» come la successione del governatore della Banca nazionale spagnola, Miguel Ángel Fernández Órdoñez, hanno avuto il loro peso. Le strade percorse dai colloqui, almeno all’inizio, erano sostanzialmente tre: tentare di coinvolgere la Bei, la Banca europea degli investimenti, per aggirare i «posti di blocco» che la Germania poneva sulla strada dell’accesso al Fondo salva Stati europeo; puntare su accordi fra governi per assicurare fondi diretti a tutte le banche dell’eurozona, non solo a quelle spagnole (ma così si sarebbero «sfidate» le competenze e le norme dell’Europa); infine, e più semplicemente, negoziare una sorta di mini «fiscal-compact», un patto di bilancio alleggerito per Madrid. Quest’ultima pare essersi rivelata la strada più agibile: alla fine, Madrid sembra accettare la ristrutturazione delle banche, come l’impegno a nuove riforme strutturali e per il risanamento dei bilanci. E Berlino si volta da un’altra parte.
Diranno i prossimi giorni se il tentativo sia veramente riuscito. Può forse dirsi riuscito, se lo scopo principale era — per dirla in soldoni — salvare la faccia alla Spagna: che può oggi negare un intervento di pronto soccorso e sfuggire ai diktat tedeschi sull’austerità. Ma se invece il tentativo era quello di trovare la soluzione definitiva alle ansie dell’eurozona, oltre che di Madrid, la risposta diviene molto più incerta, nebulosa come gli orizzonti di questa Europa.
Luigi Offeddu