il Fatto Quotidiano 10/6/2012, 10 giugno 2012
MACCHÉ CURRICULUM: BASTANO I CACCIATORI DI TESTE
La politica osservava un rituale ormai decennale per le poltrone Rai: la spartizione. Stavolta il governo di profili e di rapporti internazionali ha arruolato i cacciatori di teste. Le società che recuperano amministratori su misura. Quelli che offrono soluzioni per banche e multinazionali. Mario Monti si è rivolto agli americani di Egon Zehnder, oltre che a un paio di consulenti. Il gancio è Aurelio Regina, il fondatore italiano, imprenditore romano e vicepresidente di Confindustria. A Saxa Rubra, palazzoni e redazioni Rai, ridono di giusto: “Egon Zehnder avrà spulciato i curricula spediti al governo oppure avrà desistito perché in lingua italiana?” Palazzo Chigi precisa di aver ricevuto un servizio gratuito: “Ci hanno fornito velocemente una rosa di nomi”. Sgualcita sino a ridurla in due petali: Anna Ma-ria Tarantola, amica personale del premier e Luigi Gubitosi, che frequenta gli stessi ambienti di Regina fra Luca Cordero di Montezemolo e Giovanni Malagò. Rimossa in un pomeriggio che immaginava di estrema serenità, Lorenza Lei ha chiesto e ottenuto la solidarietà dei berlusconiani . Il segretario Angelino Alfano: “Non abbiamo nulla da eccepire, ma perché sostituire Lorenza Lei?”. L’ex ministro Paolo Romani insiste con il regolamento, e non ha torto: Monti ha indicato Gubitosi per la direzione generale, ma il compito spetta al Cda che, prima di approvare, deve consultarsi con il Tesoro. Obietta in punta di diritto anche Alessio Butti: che nota come per alzare la procura del Dg per gli appalti a 10 milioni si deve riformare la legge. Le violazioni di Monti irritano anche il Pd: un partito, un dilemma, soprattutto con la televisione pubblica. Pier Luigi Bersani ha rovinato la triade Abc: Alfano e Casini preparano l’alleanza in Vigilanza per il Cda, lui resta in isolamento volontario. Ma piano piano, senza soddisfare la voglia di potere, Bersani s’avvicina al gruppo-ne.
Nomine per il Cda Rai? Prima mordeva il sigaro soltanto a pensarci, adesso subisce il fascino tecnico: “Voteremo Tarantola, e basta”, dice il segretario. C’è la giustificazione: in Vigilanza occorre una maggioranza qualificata per eleggere il presidente di viale Mazzini. Poi la politica scatenerà l’inferno. Martedì si riunisce l’ufficio di presidenza in Vigilanza, la Commissione deve eleggere sette consiglieri, in teoria due spettano al Partito democratico. Se Bersani mantiene il giuramento, i berlusconiani e i centristi arraffano il piatto pieno: 4 consiglieri per il Pdl, 2 per il Terzo Polo, 1 per la Lega. Alfano e Casini non vogliono assolutamente l’astinenza di potere in viale Mazzini, tra l’altro sarebbe una tremenda novità per loro. Sono pronti all’abbuffata in Vigilanza, ma un’indiscrezione – ieri pomeriggio – li ha gelati. Il Partito democratico vuole le primarie per la Rai, un sondaggio pubblico per esprimere due rappresentanti in Cda: personalità lontane dal Parlamento, un argine per il ritorno berlusconiano in gran massa e un rimedio per rimuovere la figuraccia fatta con i commissari Agcom e Privacy. Aspettando che Bersani si decida, Pdl e Udc lanciano la riffa. Maurizio Gasparri, per la quota ex An nel Pdl (minoranza da salvare), vuole imporre l’avvocato Rubens Esposito, l’ex direttore affari legali che la Corte dei Conti ha condannato per il pasticcio Alfredo Meocci, famoso per i suoi ricorsi contro Michele Santoro. Per omaggiare Gasparri, Esposito è stato visto recentemente a un convegno organizzato da Italia Protagonista, la fondazione del capogruppo al Senato. L’uscente Antonio Verro, ex deputato di Forza Italia, tratta direttamente con il Cavaliere. Casini deve sistemare il consigliere uscente Rodolfo De Laurentiis, che voleva rifugiarsi all’Autorità di controllo. I leghisti cercano l’alchimia: per non scontentare Umberto Bossi, e non esagerare con i lombardi dopo aver piazzato la varesotta Bianchi Clerici alla Privacy, Bobo Maroni punta su Gloria Tessarolo (già Cda Rai Cinema), veneta di Oderzo (Tre-viso) e vicina al governatore Luca Zaia. Car. Tec. - LA RAGNATELA DI GUBITOSI, DA INTESA ALLA ROMA DI MONTEZEMOLO - Luigi Bisignani chi? Il giorno dopo la sua nomina a direttore generale della Rai, il manager di lungo corso Luigi Gubitosi ci tiene a far sapere che è tutto un equivoco. Che lui Bisignani proprio non l’ha mai conosciuto. Nemmeno una telefonata con il lobbista piduista, da poco condannato a 20 mesi di carcere (patteggiati). Insomma, niente di niente. E allora il misterioso personaggio che cinque anni fa raccontò il contrario alla trasmissione televisiva Report si dev’essere sbagliato. Questa la versione di Gubitosi, che, comprensibilmente, proprio non ci sta a essere dipinto come un amico di Bisignani, il quale, peraltro, prima dell’arresto di un anno fa (e forse anche adesso) s’intratteneva amabilmente e abitualmente con alti dirigenti di grandi banche e aziende. Alla larga da mister P4, si schermisce Gubitosi con amici e portavoce. In effetti, i ritrattini standard pubblicati ieri dalla gran parte dei giornali descrivono il nuovo direttore generale della Rai come un uomo schivo, riservato, gran lavoratore, lontano da salotti e mondanità. Certo Gubitosi è persona pacata e riflessiva, ma chi lo conosce bene
non ricorda di averlo mai visto con gli abiti da frate trappista che in queste ore gli sono stati cuciti addosso. Sposato, un figlio adolescente, il manager fino a ieri a capo della filiale italiana di Bank of America-Merrill Lynch, frequenta Cortina e la Costa Azzurra, ed è socio del club Aniene, che conta tra gli iscritti molti vip o sedicenti tali di Roma. Giusto un anno fa, a fine maggio del 2011, Gubitosi festeggiò i 50 anni con un party da 300 invitati in un club di Saint Tropez.
Napoletano di nascita, famiglia dell’alta borghesia, classe 1961, il manager scelto da Ma-rio Monti per prendere il timone della Rai ha fatto una gran carriera in Fiat, a Torino, tra il 1986 e il 2005. È entrato con Romiti ed è uscito con Sergio Marchionne, vittima di una delle tante purghe decise dall’amministratore delegato col maglioncino nero. Gubitosi è cresciuto sotto l’ala di Francesco Paolo Mattioli, a lungo direttore finanziario del gruppo del Lingotto. Mattioli, un fedelissimo di Cesare Romiti, era forse il più romano (e il meno sabaudo) della prima linea dei dirigenti Fiat. E Gubitosi, a dispetto dei lunghi anni trascorsi alle dipendenze degli Agnelli, è rimasto profondamente romano per abitudini e frequentazioni. Nel 2005 è tornato a lavorare nella capitale nel gruppo telefonico Wind, prima come direttore finanziario, poi (dal 2007) con i gradi di amministratore delegato.
Casa ai Parioli, buone entrature in
Vaticano, ottimi rapporti con
Gianni Letta il romano (e romanista) Gubitosi si è legato al giro di
Giovanni Malagò, il presidente
del circolo Aniene. E Malagò vuol dire Luca Cordero di Montezemolo, da sempre suo ottimo amico. Un club di amici di cui fanno parte il presidente della Bnl Luigi Abete e Aurelio Regina, capo degli industriali del Lazio. Lo stesso ambiente a cui, negli ultimi due-tre anni si è molto avvicinato anche l’ex banchiere e attuale ministro dello Sviluppo, Corrado Passera.
Del resto, un manager che per una decina d’anni è stato ai vertici della direzione finanziaria di un gruppo delle dimensioni Fiat non ha potuto fare a meno di entrare in contatto con i più importanti banchieri italiani. Tra gli amici di Gubitosi va per esempio segnalato Gaetano Miccichè, potente direttore generale di Intesa. Non è un caso, allora, che l’anno scorso, quando anche la banca milanese presentò una lista di amministratori in vista dell’assemblea di Parmalat, anche l’allora numero uno di Wind fu inserito tra i candidati al consiglio. Non se ne fece niente. Parmalat andò ai francesi di Lactalis. Gubitosi di lì a poco arrivò al capolinea della sua esperienza al gruppo telefonico, ceduto dall’egiziano Naguib Sawiris ai russi di Vimpelcom. Anni impegnativi. C’era da governare un indebitamento monstre di oltre 8 miliardi e nel 2010 l’ultimo bilancio formato da Gubitosi si è chiuso in perdita per 250 milioni di euro. Lasciata Wind, l’ex manager telefonico ha lavorato alcuni mesi a Merrill Lynch. Una poltrona però se l’è conquistata anche nel consiglio del gruppo Maire Tecnimont, una grande azienda impiantistica guidata da Fabrizio Di Amato. Che è un grande amico di Montezemolo, di Malagò. E anche di Gubitosi. Vittorio Malagutti