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 2012  giugno 08 Venerdì calendario

SPOLETO, DICIASSETTENNE CHIEDE DI ABORTIRE IL GIUDICE LA BLOCCA E SI RIVOLGE ALL’ALTA CORTE



ROMA— Ha deciso di interrompere la gravidanza perché a 17 anni e non se la sentiva di crescere un figlio. E non voleva che i suoi sapessero che era incinta. Si è così rivolta al consultorio della Asl e poi al giudice tutelare, che le ha negato l’aborto. Il magistrato
ha bloccato la sua richiesta perché ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della 194 alla luce di una recente sentenza della Corte di giustizia europea. La Corte Costituzionale il 20 giugno discuterà nel merito. Ma arrivano le prime reazioni. Parla di un ricorso «sconcertante » la costituzionalista milanese
Marilisa D’Amico, di una “forzatura giuridica” Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni.
La diciassettenne si è presentata con il suo fidanzato, anche lui minorenne, al consultorio di Spoleto a fine 2011. Ha manifestato, come è dice la relazione della Asl, «con determinazione»
la decisione di sottoporsi all’interruzione di gravidanza. «Non si ritiene in grado di crescere un figlio ». Allo stesso tempo non voleva parlare con i genitori per non farli soffrire. Così, come prevede la 194, è stato interpellato il giudice tutelare del Tribunale. Il magistrato ha chiamato in causa la Corte Costituzionale. I servizi sociali
hanno allora prospettato alla giovane l’unica alternativa: parlare con i genitori. «Hanno compreso la scelta della figlia», spiegano dalla Asl. La ragazza ha così abortito.
Il giudice di Spoleto ha citato nella sua ordinanza una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione
europea del 18 ottobre
2011 che si era espressa sul tema della brevettabilità delle sperimentazioni sulle staminali embrionali. L’embrione è definito così: «Qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, oppure non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partogenesi, sia stato indotto a dividersi e svilupparsi». Secondo il giudice di Spoleto la decisione «sgombra il campo da qualsivoglia possibilità di interpretazione alternativa eventualmente finalizzata all’affermazione dell’esistenza di un embrione umano soltanto a partire da una determinata epoca successiva a quella della fecondazione». La sentenza secondo quel magistrato metterebbe in discussione la legge 194. La D’Amico attacca l’ordinanza perché «si riferisce all’utilizzazione dell’embrione a fini di ricerca scientifica». E la stessa Suprema corte ha sancito che «non esiste equivalenza tra chi è già persona, la donna che vuole abortire, e chi deve ancora diventarlo, ovvero il concepito. Inoltre la 194 è stata definita dalla stessa Corte costituzionale legge a contenuto costituzionalmente vincolato».