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 2012  giugno 08 Venerdì calendario

ANCHE LA FED STRIGLIA L’EUROZONA “LA CRISI UE UN RISCHIO PER GLI USA”


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK
— Dopo il pressing di Obama sugli europei, a prestargli man forte scende in campo il banchiere centrale degli Stati Uniti. Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, lancia una raffica di critiche ai governi dell’eurozona: non hanno fatto abbastanza per impedire una crisi bancaria. Attacca anche le politiche di austerity. Promette che la Fed scenderà in campo con nuovi interventi, qualora la crescita americana non sia sufficiente a ridurre
la disoccupazione. Ma non è ancora giunta l’ora X: il banchiere centrale Usa non si sbilancia sul quando e come la Fed potrebbe rimettere in azione la sua “artiglieria pesante”. Il responso è rinviato al prossimo meeting dell’autorità monetaria, il 19 e 20 giugno, subito dopo quel vertice G20 di Los Cabos (Messico) dove Obama attende gesti concreti da parte di Merkel in favore della crescita. Ma è chiara nelle parole di Bernanke la differenza “istituzionale” tra la Fed e la Bce: per la banca centrale americana la priorità in questo momento è ridurre la disoccupazione.
Bernanke non ci fa sconti, sulle colpe dell’eurozona che oggi vengono scaricate anche sull’America.
“La crisi in Europa – dice il presidente della Fed in un’audizione al Congresso – ha colpito l’economia degli Stati Uniti frenando le nostre esportazioni, deprimendo la fiducia delle imprese e dei consumatori, mettendo sotto tensione i nostri mercati finanziari e le banche”. Con una critica indiretta alla fragilità degli istituti di credito europei, Bernanke ha proseguito: “Le nostre banche sono molto più solide di qualche anno fa. Tuttavia la situazione in Europa crea dei rischi significativi anche
per il nostro sistema finanziario, oltre che per l’economia reale. Pertanto la dobbiamo sorvegliare da vicino”. E’ la spiegazione dell’attivismo di Obama che negli ultimi giorni è intervenuto con una frequenza senza precedenti sui leader europei. Bernanke precisa che la frenata dell’economia cinese è assai meno grave, anzi potrebbe perfino rivelarsi benefica per gli Stati Uniti, a differenza delle minacce che vengono dall’eurozona.
A quei governi del Vecchio continente,
Bernanke conferma a sua volta le critiche americane: li invita a «stabilizzare il sistema bancario, placare le paure degli investitori, costruire un quadro fiscale efficiente per l’intera Eurozona». E’ significativa la risposta che Bernanke dà al deputato Maurice Hinchey il quale lo interroga sull’austerity applicata dai governi europei. Bernanke gli risponde indirettamente, parlando degli Stati Uniti per i quali indica la ricetta giusta: «Nel breve, le politiche di bilancio devono sostenere
la crescita; nel lungo termine bisogna perseguire politiche sostenibili”. E’ una terapia identica alla dottrina Obama: il rigore e il risanamento dei conti andrà applicato quando sarà tornata la crescita (e con essa aumenteranno le entrate fiscali), mentre nell’immediato l’austerity è distruttiva spingendo verso la recessione.
Quando gli viene chiesto se la Fed stia preparando nuovi interventi per rilanciare la crescita in America, Bernanke risponde che lui e i suoi colleghi «ci stanno ancora
lavorando» in vista del meeting del 19 e 20 giugno. Il criterio che li guiderà è il seguente: valutare se l’economia Usa nei prossimi mesi sarà in grado di crescere a un ritmo abbastanza robusto da ridurre la disoccupazione. Questa risposta è in linea con il mandato istituzionale della Fed, che non deve badare solo a tenere sotto controllo l’inflazione ma è tenuta anche a perseguire il pieno impiego. Di qui la politica del “tasso zero” che Bernanke conferma almeno fino alla fine del 2014. Anche sul costo del denaro la Fed ha una strategia pro-crescita più marcata rispetto alla Bce. Ma l’attesa dei mercati riguarda
qualcos’altro: la possibilità che la Fed riprenda a usare per la terza volta dal 2008 il “quantitative easing”, i massicci interventi di acquisto di titoli pubblici che equivalgono a pompare liquidità nell’economia. Su questo punto alcuni collaboratori di Bernanke negli ultimi giorni sono stati più espliciti, indicando che la creazione di occupazione negli ultimi mesi è asfittica (solo 69.000 posti aggiuntivi nel mese di maggio), tanto che il tasso di disoccupazione ha ripreso a salire, dall’8,1% all’8,2%. Bernanke conferma solo che «tutte le opzioni sono sul tavolo, siamo pronti ad agire».